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The Corpse of Anna Fritz (2015)

By Simone Corà | lunedì 16 maggio 2016 | 00:01

Uomini che odiano le donne morte.                                                                      

Metti ci sia un’attrice, giovanissima e amata dal grande pubblico, che muore improvvisamente. Metti ci sia un giovanotto che lavora all’obitorio, da solo, per tutta la notte. Mettici anche due amici, quelli della gioventù più viziata e festaiola, che non possono resistere alla curiosità più becera.
Anna Fritz. Nuda. Su un letto. E ormoni che impazziscono, perversioni che esplodono come accese da un interruttore, una sfida, anche. A chi importa che la ragazza sia morta?

Certo disagio giovanile appare bello limpido nell’esordio di Hector Hernandez Vicens, appena 71 minuti eppure duri, pesanti, colmi di mortificazione: questi ragazzi che non hanno ostacoli, che non si pongono freni, privi di misure, queste persone che cercano l’eccesso solo perché è possibile, perché la realtà di tutti i giorni lo permette, perché in fondo lo si può anche giustificare con un “perché no”, questa gente esiste davvero come esistono davvero le sproporzioni di violenza che costruiscono piano piano, con una facilità sconvolgente.
Scoparsi un cadavere diventa letterale, niente più che un’occasione da non lasciarsi scappare, un’opportunità da prendere al volo, quando ricapita un’esperienza simile? Non esiste più la persona, niente più umanità/sensazioni/pensieri, forse nemmeno il corpo conserva quella femminilità della vita: c’è solo un buco di sfruttare per cinque minuti di divertimento ed eccitazione, magari con una pippata prima che scaldi per bene il sangue e lo incanali nel punto giusto.
Quindi Ivan decide che fare sesso con la povera Anna, morta da neanche mezza giornata, è cosa elettrizzante, perché aspettare? E anche Pau è della stessa opinione, d’altronde lui, che di morti ne vede tutti i giorni, ha già una certa esperienza in fatto accoppiamento post mortem e conosce qualche trucchetto utile. Solo Javi ha un po’ di sale in zucca e pare accorgersi che quello che gli amici stanno facendo non è solo una cazzata, ma qualcosa di ben più serio.
Anche perché di colpo Anna apre gli occhi.


Per fortuna Vicens sceglie di distendere in parte le atmosfere e di concentrare i momenti più tosti nei primi minuti, poi il film prende una direzione più rapida e incidentale pur non perdendo un grammo di cinismo e brutalità, si trasforma in una storia cattiva, spietata, un tutti contro tutti all’insegna del miglior gesto individuale anche a costo della vita degli altri, dove ogni cosa viene bene inquadrata da un obiettivo che non ha nulla da nascondere e non mette mai niente fuori campo.  
Si susseguono fiumi di sangue, colpi molto bassi, bugie terribili, pugni alla cieca, strategie poco intelligenti e risultati ancora peggiori, d’altronde ci sono due coglioni come protagonisti ed è difficile ipotizzare che riescano a combinare qualcosa di buono. Ma Vicens è bravo a circoscrivere i ragazzi in un contorno di stupidità comunque fluida e ben costruita, è uno strumento indispensabile per permettere lo scorrimento del film senza che entrino in moto giochi al massacro per liberarsi dei più irritanti come accade negli slasher più volgari. Qui ci sono personalità diverse, si sottolineano arroganze e insicurezze, rabbie e fragilità, caratteri veri e non pallidi esempi di muscoli, steroidi e occhiali da nerd con cui sommare superficialità che non portano da nessuna parte.  
Ma la vera protagonista è lei, e in quei suoi occhi rossi che implorano spiegazioni risiede tutta la follia del film: immobilizzata, i muscoli che non rispondono, le ossa che non esistono, eppure Anna lotta, reagisce, brilla di testa laddove i ragazzi funzionano solo genitalmente, inventa soluzioni, fugge e la fa franca in più occasioni, sbaglia e ritenta, subisce il fascino della vendetta.
La sua è una sopravvivenza che va ben oltre la mera fisicità dell’eroina tipica del genere. 

Un bel gioco nero, infame e bastardo, un groviglio di equivoci squilibrati spezzato da buoni inserti di nervi tesi. Difficile giocare con questi temi, Vicens ne è uscito a testa alta.

6 commenti:

  1. Ecco, io di questo film ho molta paura. Ce l'ho lì, pronto da un po', ma non so se ho la forza di vederlo, perché il tema mi tramortisce soltanto a pensarci, Figuriamoci a reggere 71 minuti.
    Già Deadgirl mi aveva messo a dura prova. Questo mi ammazzerà, lo so già.

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    1. Ma quello era più tosto e nero, qui siamo più in un campo legato al genere puro, con la vendetta da attuare e varie catastrofi che si susseguono per i problemi che nascono. La brutalità è per fortuna solo iniziale, è uno start, terribile e ustionante, eh, ma poi il film muta (in maniera intelligente). :)

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  2. Grande segnalazione!
    Per fortuna non ho letto tutto il tuo articolo prima di vederlo, e il colpo di scena mi ha messo ko; per il resto, molto diverso da come me l'aspettavo, giocato molto di più sull'aspetto psicologico che su quello viscerale. Un piccolo film di un regista che probabilmente diventerà grande a breve.
    Blissard

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    1. Ops!
      No, in realtà ci ho pensato un po' se scriverlo o meno, o se metterci lo spoilerone, ma io ho visto il film giù sapendo il fatto e me lo sono goduto lo stesso, e credo che a non scriverne sia impossibile vista l'importanza che poi ricopre.
      Però sì, regista che spero abbia occasione di fare altre grandi cose in futuro. :)

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  3. Ma è la trama di Deadgirl (2008) di Sarmiento! Pure li c'era un gruppo di sfasati che passavano quasi tutta la pellicola a violare un cadavere che poi non si rivelava tale! Quel film m'ha intossicato talmente era malata la premessa!

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    1. Sì, è vero, però Deadgirl aveva atmosfere molto horror e marcissime, con un fattore soprannaturale molto marcato.
      Questo invece ha forse più un impatto sociale (si può dire che è molto più credibile quello che succede in Anna Fritz che in Deadgirl). :)

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