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Recensione: The Tall Man

By Simone Corà | giovedì 30 agosto 2012 | 08:00


2012, USA/Canada/Francia, colore, 106 minuti   
Regia: Pascal Laugier 
Sceneggiatura: Pascal Laugier 

Non è cosa da tutti avere il coraggio di rifiutare una grande offerta per perseguire una propria visione artistica, e bisogna stimare Pascal Laugier per aver preferito veder sfumare la probabile esplosione popolare rinunciando al remake di Hellraiser per presumibili contrasti con i produttori – chissà quali cartografie e dissezioni corporali, quali immagini e scelte visive/concettuali scioccanti aveva in mente il regista francese, che nel 2008 aveva un po’ cambiato certo modo di intendere l’horror più recente con Martyrs.

Lo ritroviamo allora con un piede oltreoceano e uno europeo, una coproduzione Canada/Francia con una Jessica Biel (ehm) a co-produrre e a guidare un cast di bravi caratteristi (Stephen McHattie) e bamboline dark che tanto piacciono agli yankee (Jodelle Ferland), per un risultato finale difficile da inquadrare soprattutto pensando al pessimo, pessimo trailer con cui viene presentato al mondo. Facile inorridirsi immaginando a uno scialbo horroraccio con figone che fanno le supereroine, e sinceramente non riuscivo a credere a qualcos’altro data la presenza della Biel (gosh), ma quanto ne esce è un prodotto strano e sbilenco che, per quanto imperfetto e per certi versi irrisolto, dimostra comunque quanto Lugier sia autore completo che ha ben pochi rivali nel modo di creare cinema.

Come accadeva in Martyrs, la caratteristica che più sorprende di The Tall Man è il continuo trasformismo, la capacità di mutare forma e genere, di ribaltare la trama e di avvicendare i protagonisti senza che si noti un eccessivo sforzo narrativo, o una ricerca del colpo di scena a tutti i costi – è proprio il naturale scorrere della storia a stupire per i suoi sbandamenti, per le sue luci che diventano ombre, per i suoi misteri che vengono svelati con ulteriori misteri. E Laugier è abilissimo tanto nella costruzione di uno script che allontana presto i timori di un eccessivo americanismo cinematografico quanto nel susseguirsi di immagini, i personaggi vengono ben delineati nelle loro oblique caratterizzazioni e la regia permette di accompagnare le vicende con scelte visive di rara eleganza (l’accenno iniziale al Tall Man, la sequenza della folla che accerchia l’auto di polizia, ma anche nei momenti più serrati, come durante il rapimento del bambino, si nota enorme abilità di macchina e ritmo), immergendo il tutto in un’atmosfera sudicia e cruda di una suburbia che ricorda, vista anche l’uscita recente, Winter’s Bone.

L’amalgama non funziona però come accadeva in Martyrs – più che altro si avverte una certa leggerezza in qualche cambio di registro che impedisce di dare forza al contenuto della pellicola, che addirittura si sbiadisce man mano che si avvicina alla pallida, pallida conclusione, di certo tutt’altro che sconvolgente come nelle probabili ipotesi iniziali. A The Tall Man manca infatti quel mordente necessario a tenere insieme le quasi due ore complessive, che partono a razzo e progressivamente perdono impatto, lucidità e tensione – l’intreccio non ha lo smalto per essere un horror, né un thriller, né un drammatico, figuriamoci mescolare ogni cosa in un ibrido che in fondo è tutto e niente. Un film di passaggio, allora, definiamolo così, nell’attesa di una nuova bomba come lo fu Martyrs quattro anni fa.

11 commenti:

  1. Ci siamo messi a discutere un pò da Psichetechne se ti va. In effetti a lui è piaciuto molto di più. A me e te ha dato un senso di "scialbezza" (si può dire?) non trascurabile.
    Io ho dato la colpa alla co-produzione, ma la tua impressione finale ha colto in pieno quello che non riuscivo ad esprimere per iscritto.

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    1. Sì, guarda, molto interessante diciamo fino alla metà, la narrazione (più che la storia in sé) è notevole ed elegantissima, poi boh, mi sembri evapori progressivamente svalutando anche quanto di buono fatto prima...

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  2. a me è piaciuto eccetto per il tentativo di spiegone finale che ho visto come un tentativo ulteriore di ribaltare tutto, un colpo di scena alla Shyamalan tanto per intenderci.Martyrs è comunque ancora inarrivabile.

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    1. E' vero, sai, il paragone con Shyamalan ci sta tutto, ma pure secondo me è molto debole, una spiegazione parecchio banalotta e priva di efficacia.

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  3. Pensa che invece a me Martyrs fece letteralmente cagare a spruzzo con quel suo finale pseudo-mistico, mentre ho trovato questo decisamente migliore.

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    1. Ahahah, sì, mi ricordo che ne avevi parlato male, mah, sei un mistero, per me film splendido e durissimo soprattutto in virtù di quel finale (altrimenti sarebbe stato il solito, per carità elegantissimo e raffinato, torture splatter francese). ;)

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  4. Sono d'accordo in parte (come forse avrai letto nella mia rece) con la tua recensione. Il punto è che non credo affatto che "The Tall Man" si possa paragonare a "Martyrs". Forse l'unico legame è il tema del dolore, la morte dei bambini, il distacco dai genitore "reali", aspetto non meno torturante di ciò che abbiamo visto in "Martyrs". Certo, là, la tortura era sulla carne viva, nostra e di Anna e Lucie. Qui è tutta psicologica. Forse per questo il film ti appare "pallido". Ma prova a pensare a una madre cui rapiscono un figlio. Oppure a una donna che vorrebbe dei figli, ma non può averne. In fondo "The Tall Man" parla di questo. In ogni caso anch'io ritengo che quest'ultimo Laugier sia freddo e poco coinvolgente, in sè. Hai letto la rece di Lenny Nero su La Tela Nera? Suggerisco :)

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    1. Ho letto tua rece e commento se riesco domani, che la discussione con Eddy è muy interessante. Io non voglio paragonare i due film, è chiaro che comunque The Tall Man venga accostato a Martyrs proprio per il fatto che quest'ultimo ha lasciato un segno incredibile nell'horror. Poi, sì, quello che dici ha enorme valore simbolico, ma a proprio la storia a essere piaciuta poco, e se è quella e essere limitata il resto perde di valore... :)

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  5. Sì, capisco, anch'io, ti confesso, mi aspettavo qualcosa di più gustoso: è inutile girarci intorno. Occorre tuttavia osservare che comunque Laugier fa parlare di sè, non poco, almeno tra noi :))

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  6. Io non sono ancora riuscito a capire se questo film mi è piaciuto o no, sicuramente sto regista ha una sua poetica e ha deciso di non tradirla, a costo di trasformare il suo soggiorno in america in un totale fallimento.

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