Orbit, 2012
336 pagine, 7,99 $
Quando si parla di horror e ironia io mi sciolgo, non so, c’è qualcosa in questo meccanismo che mi fa impazzire, tipo un interruttore che scatta automaticamente e mi fa ridere da solo come un ebete. A. Lee Martinez non solo scrive horror con tonnellate di comicità, ma racconta anche di mostri, e a questo tizio io gli voglio già bene, ancora prima di provare a leggerlo. Conosciuto grazie al signor Giobblin del Minuetto Express, punto direttamente al suo ultimo lavoro pubblicato, questo Chasing the Moon, che narra di dimensioni occultate all’occhio umano dove vivono centinaia di razze di creature diverse, il cui leader pare essere destinato a distruggere il mondo anche se non ne ha molta voglia.
Il romanzo è sostanzialmente una lunga e soddisfacente descrizione di questi mondi paralleli, nei quali incappa per sbaglio la protagonista Diana: caratteristiche, leggi e regole umanamente assurde diventano pertanto quotidianità per la povera ragazza, dapprima spaesata dal potere di cui dispone (creare letteralmente le cose), ma man mano sempre più rapita dalle stranezze dei suoi vicini di casa e del padrone del condominio dove si ritrova a vivere.
È infatti la serie di bizzarrie ad appassionare e divertire, perché c’è un bel mix di inventiva e ironia, senza che mai quest’ultima prevalga sulla prima rendendo le dimensioni occulte soltanto materia demenziale. Nella necessità di Vom di continuare a cibarsi, nell’incessante moltiplicazione dell’altro inquilino e nei lavoretti idraulici che il padrone del condominio svolge giornalmente per salvare intere galassie dall'apocalisse (!) si nota come Martinez abbia messo in piedi architetture dettagliate e possibili di situazioni lontanissime da qualsiasi concetto umano.
La sua comicità non è quindi fattore portante del romanzo, bensì è una caratteristica che ammorbidisce e rende simpatico un contesto di per sé estremamente serioso, crudele e violento (basti pensare al viaggetto che Diana si fa con il padrone in un buio sotterraneo lovecraftiano), nonostante sia proprio lo humor il modo in cui si manifestano i tanti mostri che incontra la protagonista. La trama è infatti meno prevedibile di quanto si possa pensare nei primi capitoli, anzi, si assiste a uno sviluppo piuttosto articolato e complesso che conduce a una parte finale stranissima e parecchio distante da una faciloneria ironica.
L’inglese di Martinez non è particolarmente ostico, anche se qua e là certi passaggi non appaiono così immediati: tutto sommato presenta uno stile scorrevole e accattivante, e penso che anche in Italia potrebbe agguantarsi i suoi ammiratori, perché nel giusto equilibrio pop tra i generi. Chissà se qualcuno ne acquisterà mai i diritti.
Hah, per una volta sono io che ti faccio comprare qualcosa! :D
RispondiEliminaNon parto a parlare di Martinez sennò mi sbrodolo tutto, comunque leggiti anche "The automatic detective", "Monster" e "Divine misfortune", meritano. Io mi butto sull'ultimo che ha pubblicato, nel frattempo! :D
Lo farò!
RispondiEliminaMa è già uscito quello nuovo? Allora mi dovrò buttare su quello... :)