2007, Australia, colore, 86 minuti
Regia: Andrew Traucki e David Nerlich
Sceneggiatura: Andrew Traucki e David Nerlich
Ho un nuovo nemico, si chiama Andrew Traucki e presto capirete perché.
Coincidenza vuole che Black Water uscisse lo stesso anno di Rogue, ma per quanto australiani e per quanto parlino entrambi di coccodrilloni cattivi, ci troviamo agli antipodi per impostazioni e meccanismi, dato che, rispetto al discreto lavoro action-adrenalinico di Greg McLean, il film dell’accoppiata Traycki/Nerlich, assai più modesto nel budget e nelle conoscenze della macchina da presa, oltre a raccontare di un coccodrillo che scruta le vittime nell’ombra, rimanda a quel sottogenere survival in cui possiamo trovare Open Water, Frozen e compagnia angosciante, filone nel quale Traucki tornerà qualche anno dopo per l’ancora peggio The Reef, di cui parlerò fra qualche giorno.
Poca dimestichezza con i mezzi e budget relativo non significa per forza scarsa qualità, per quanto i primi minuti di Black Water si carichino presto di pregiudizi e sguardi perplessi. Personaggi monodimensionali, motivazioni non riscontrate, bizzarra gestione dei tempi e soprattutto queste due cose:
- incredibile attacco del coccodrillo: i protagonisti si calano in acqua con la loro barchetta e pochi istanti dopo, nonostante una guida esperta che li porta in giro per i fiumi, il bestione fa la sua carismatica comparsa ribaltando l’imbarcazione e pappandosi la guida;
- ridicola raffigurazione del rettilone: ehi, in realtà è un serial killer che scruta le vittime nell’ombra, non è un animale disturbato nel suo habitat naturale, scherziamo!
È vero, c’è poco, pochissimo mestiere nel dare il via a un tipo di pellicola che non ha bisogno di trame articolate per funzionare, ma fortuna vuole che il film ingrani di minuto in minuto mentre la trappola cinematografica inizia a fare il suo lavoro. Ansia, respiro corto e nervi a fior di pelle sono discretamente inscenati dai tre protagonisti asserragliati su un albero: gridano, litigano, ideano piani dall’impossibile realizzazione, fanno cazzate, si feriscono. Insomma, il gioco funziona, e neanche tanto male, e il calar della notte, con il suo buio totale, aggiunge una tacca nella scala dell’agitazione.
Peccato che duri dieci minuti.
Se fosse proseguito su questi binari fino al più scontato dei finali, come accadeva meravigliosamente in Open Water, anche per il film di Traucki/Nerlich poteva esserci una minuscola nicchia nella vasta filmografia dedicata ai coccodrilloni affamati. Peccato che invece si scelga per noia e sbadigli e cose di combattimenti jedi con duelli di sguardi tra le ragazze e il bestione, come se si potesse avere anche solo il tempo per sfidare un mostrazzo lungo un chilometro e che scruta le vittime nell’ombra.
Vale quindi la pena salvare dieci minuti di film se il resto è così ehm? No.
Vale quindi la pena guardarlo? No.
Vale quindi la pena scrivere una recensione così lunga per parlare di un coccodrillo che scruta le vittime nell’ombra? No, dài.
Andrew Traucki, I hate you.
Regia: Andrew Traucki e David Nerlich
Sceneggiatura: Andrew Traucki e David Nerlich
Ho un nuovo nemico, si chiama Andrew Traucki e presto capirete perché.
Coincidenza vuole che Black Water uscisse lo stesso anno di Rogue, ma per quanto australiani e per quanto parlino entrambi di coccodrilloni cattivi, ci troviamo agli antipodi per impostazioni e meccanismi, dato che, rispetto al discreto lavoro action-adrenalinico di Greg McLean, il film dell’accoppiata Traycki/Nerlich, assai più modesto nel budget e nelle conoscenze della macchina da presa, oltre a raccontare di un coccodrillo che scruta le vittime nell’ombra, rimanda a quel sottogenere survival in cui possiamo trovare Open Water, Frozen e compagnia angosciante, filone nel quale Traucki tornerà qualche anno dopo per l’ancora peggio The Reef, di cui parlerò fra qualche giorno.
Poca dimestichezza con i mezzi e budget relativo non significa per forza scarsa qualità, per quanto i primi minuti di Black Water si carichino presto di pregiudizi e sguardi perplessi. Personaggi monodimensionali, motivazioni non riscontrate, bizzarra gestione dei tempi e soprattutto queste due cose:
- incredibile attacco del coccodrillo: i protagonisti si calano in acqua con la loro barchetta e pochi istanti dopo, nonostante una guida esperta che li porta in giro per i fiumi, il bestione fa la sua carismatica comparsa ribaltando l’imbarcazione e pappandosi la guida;
- ridicola raffigurazione del rettilone: ehi, in realtà è un serial killer che scruta le vittime nell’ombra, non è un animale disturbato nel suo habitat naturale, scherziamo!
È vero, c’è poco, pochissimo mestiere nel dare il via a un tipo di pellicola che non ha bisogno di trame articolate per funzionare, ma fortuna vuole che il film ingrani di minuto in minuto mentre la trappola cinematografica inizia a fare il suo lavoro. Ansia, respiro corto e nervi a fior di pelle sono discretamente inscenati dai tre protagonisti asserragliati su un albero: gridano, litigano, ideano piani dall’impossibile realizzazione, fanno cazzate, si feriscono. Insomma, il gioco funziona, e neanche tanto male, e il calar della notte, con il suo buio totale, aggiunge una tacca nella scala dell’agitazione.
Peccato che duri dieci minuti.
Se fosse proseguito su questi binari fino al più scontato dei finali, come accadeva meravigliosamente in Open Water, anche per il film di Traucki/Nerlich poteva esserci una minuscola nicchia nella vasta filmografia dedicata ai coccodrilloni affamati. Peccato che invece si scelga per noia e sbadigli e cose di combattimenti jedi con duelli di sguardi tra le ragazze e il bestione, come se si potesse avere anche solo il tempo per sfidare un mostrazzo lungo un chilometro e che scruta le vittime nell’ombra.
Vale quindi la pena salvare dieci minuti di film se il resto è così ehm? No.
Vale quindi la pena guardarlo? No.
Vale quindi la pena scrivere una recensione così lunga per parlare di un coccodrillo che scruta le vittime nell’ombra? No, dài.
Andrew Traucki, I hate you.
un coccodrillo che miagola nel buio forse sarebbe stato meglio,avremmo avuto una commedia guzzantiana stile fascisti su marte
RispondiEliminaE non sarebbe stata una cattiva idea!
EliminaA me è piaciuto parecchio. Come già dissi, non è che amo gli zoo-thriller-horror. Ma i cocco mi ispirano.
RispondiEliminaBoh, io salvo solo quei 10-15 minuti iniziali quando gli sfigonzi si ritrovano sull'albero e fanno cose tipo gridare e tirarsi i capelli e mandarsi in malora. Poi basta, ché quel coccone che li guardava minaccioso mi faceva troppo ridere. ;)
EliminaSono dovuta arrivare alla fine della recensione per accorgermi che si chiama TrAucki e non TArucki.
RispondiEliminaOcchiali!!!
EliminaRogue era carino, ma questo non l'ho visto. Mi fido della tua recensione e lo evito.
RispondiEliminaE fai bene. :)
RispondiEliminaQuesto regista è proprio odiato eh! Ho letto pessime recensioni sia su questo che su The Reef... ma inspiegabilmente io li ho adorati entrambi! Una nota di favore per The reef perchè adoro gli squali e tutti i film che di essi parlano =P
RispondiEliminaInsomma, piuttosto che animaloni fatti molto male al computer che non fanno altro che pappare e sviscerare e saltare fuori dall'acqua o addiritttura ruggire (eh si, in un film gli squali ruggivano O.o), trovo questi film basati sull'ansia e l'attesa veramente straordinari e credibili soprattutto!
Mi discosto dall'opinione...beh, di chiunque credo! xD
Ma anch'io apprezzo questo tipo di film, riescono a creare un'ansia e una tensione davvero notevoli. Ma se Black Water qualche buon momento ce l'aveva, The Reef madò è proprio terribile, uguale a mille altre cose e finto dall'inizio alla fine...
EliminaPerò se a te è piaciuto, buon per te, grazie per essere passato di qui! :)
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