150 pagine, 14 $ (e-book 10,34 $)
L’horror di Jack Ketchum non è mai appartenuto ai classici stilemi soprannaturali dell’inquietudine, la sua è sempre stata una visione attaccata alla realtà, perché è proprio della realtà, per quanto possa essere banale dirlo, che estrapola l’orrore più puro e malvagio, un orrore spesso doloroso e insostenibile, come molti hanno potuto sperimentare con La ragazza della porta accanto. The Woman è il terzo capitolo di una trilogia ventennale, iniziata nell’81 con Off Season, proseguita molti anni dopo con Offspring e che incontra adesso, spogliandosi di certi tipici contesti che caratterizzavano i primi due, forse la sua parte più brutale e intollerabile. Se Off Season (che ho letto e gustato con piacere) e Offspring (che ho ma che non ho ancora letto), pur nella loro ferocia nichilista e nella progressione drammaticamente splatter, possono comunque essere etichettati come consuete cannibal story (certo, per quanto “consueta” possa essere una storia di Jack Ketchum), con reietti deformi tanto affamati e vittime inconsapevoli tanto sfortunate, The Woman cambia registro, e sembra proprio avvicinarsi a quella ragazza della porta accanto per trucido impianto narrativo e spietata meccanica degli avvenimenti.
Una donna senza nome appartenente alla tribù cannibale, ferita e in fuga senza meta alla fine del capitolo precedente, viene catturata da un buon padre di famiglia che, per spogliarla dei suoi comportamenti animaleschi, cerca di svezzarla istruendola a modo suo. Se avete una minima idea dei crudeli universi di Ketchum, potete già immaginare la sequenza di perversità messe a punto dal protagonista, che spiccano non tanto per chissà quale tortura diabolica, ma per la spietata, cruda e durissima telecronaca con cui Ketchum, coadiuvato dall’ottimo regista Lucky McKee, entra nella psiche malata dell’uomo: ogni violenza, ogni disumanità, ogni esagerazione sanguinaria viene resa credibile da uno stile essenziale, con stralunate punte ipnotiche dettate da improvvise frasi chilometriche, che rendono perfettamente (fin troppo) le turbe moralcattoliche (ma non estremiste e/o ossessive e quindi “facilmente” giustificabili) del padre/padrone. Si soffre sin dalle prime pagine per quanto deve sopportare la donna simbolicamente senza nome e per la dignità con cui resiste a un orrore che progressivamente si dilata, contagiando disgustosamente tutti i membri di una famiglia apparentemente impossibile eppure resa assai realistica: facile quindi perdersi, disorientarsi per i numerosi calci allo stomaco, travolti dalla brutalità, fisica e soprattutto non, di questa serie di personaggi ripugnanti, forti fino alla nausea e assai schifosamente deboli allo stesso tempo, colmi di ombre, segreti nascosti dietro facciate perbeniste piene di crepe oppure dietro false idee e falsi miti incredibilmente fragili, utili solo a mascherare tremende, spesso infami realtà.
Prima della straniante e inaspettata parte conclusiva, che aggiunge disturbanti elementi carnali al già ben marcio piatto portante, l’escalation di violenze, data anche la brevità del romanzo (appena 150 pagine), non conosce pause, e anzi, progredisce esponenzialmente con rapidità disumana pur senza raggiungere mai particolari vette sanguinarie o verbalmente insostenibili. E per quanto si possano leggere rapidamente, come se si volesse correre pur di arrivare alla fine il prima possibile, è impossibile uscirne indenni: manca sicuramente l’accanimento, quell’incessante umiliazione, quel farti sentire uno schifo, soprattutto maschilmente parlando, che ha reso La ragazza della porta accanto forse il suo miglior romanzo, ma The Woman è l’ennesima dimostrazione di come si possa riuscire a scioccare un lettore senza ricorrere a strategie soprannaturali, e come si possano metabolizzare le diseguaglianze sociali (in questo caso la svalutazione della figura femminile, da sempre tema portante della narrativa di Ketchum) per offrire verità sicuramente esagerate e a loro modo simboliche, ma estremamente dure e realistiche.
Non so se il progetto The Woman sia nato già in partenza con il duplice intento di essere romanzo (come già detto scritto a quattro mani da Ketchum e McKee) e film (sceneggiato sempre dai due e diretto dal sempre migliore McKee) allo stesso tempo, ma a tratti sembra che il libro paghi dazio a questa probabile scelta, in quanto sono abbastanza sicuro, non avendo ancora visto la pellicola, che certi impatti siano stati preparati con lo scopo di risultare molto più scioccanti se visti, invece che letti. Lo recupererò presto, leggere il romanzo prima era per me fondamentale per poter tastare l’orrore, assimilarlo e cercare di comprenderlo prima di vederlo.
Una donna senza nome appartenente alla tribù cannibale, ferita e in fuga senza meta alla fine del capitolo precedente, viene catturata da un buon padre di famiglia che, per spogliarla dei suoi comportamenti animaleschi, cerca di svezzarla istruendola a modo suo. Se avete una minima idea dei crudeli universi di Ketchum, potete già immaginare la sequenza di perversità messe a punto dal protagonista, che spiccano non tanto per chissà quale tortura diabolica, ma per la spietata, cruda e durissima telecronaca con cui Ketchum, coadiuvato dall’ottimo regista Lucky McKee, entra nella psiche malata dell’uomo: ogni violenza, ogni disumanità, ogni esagerazione sanguinaria viene resa credibile da uno stile essenziale, con stralunate punte ipnotiche dettate da improvvise frasi chilometriche, che rendono perfettamente (fin troppo) le turbe moralcattoliche (ma non estremiste e/o ossessive e quindi “facilmente” giustificabili) del padre/padrone. Si soffre sin dalle prime pagine per quanto deve sopportare la donna simbolicamente senza nome e per la dignità con cui resiste a un orrore che progressivamente si dilata, contagiando disgustosamente tutti i membri di una famiglia apparentemente impossibile eppure resa assai realistica: facile quindi perdersi, disorientarsi per i numerosi calci allo stomaco, travolti dalla brutalità, fisica e soprattutto non, di questa serie di personaggi ripugnanti, forti fino alla nausea e assai schifosamente deboli allo stesso tempo, colmi di ombre, segreti nascosti dietro facciate perbeniste piene di crepe oppure dietro false idee e falsi miti incredibilmente fragili, utili solo a mascherare tremende, spesso infami realtà.
Prima della straniante e inaspettata parte conclusiva, che aggiunge disturbanti elementi carnali al già ben marcio piatto portante, l’escalation di violenze, data anche la brevità del romanzo (appena 150 pagine), non conosce pause, e anzi, progredisce esponenzialmente con rapidità disumana pur senza raggiungere mai particolari vette sanguinarie o verbalmente insostenibili. E per quanto si possano leggere rapidamente, come se si volesse correre pur di arrivare alla fine il prima possibile, è impossibile uscirne indenni: manca sicuramente l’accanimento, quell’incessante umiliazione, quel farti sentire uno schifo, soprattutto maschilmente parlando, che ha reso La ragazza della porta accanto forse il suo miglior romanzo, ma The Woman è l’ennesima dimostrazione di come si possa riuscire a scioccare un lettore senza ricorrere a strategie soprannaturali, e come si possano metabolizzare le diseguaglianze sociali (in questo caso la svalutazione della figura femminile, da sempre tema portante della narrativa di Ketchum) per offrire verità sicuramente esagerate e a loro modo simboliche, ma estremamente dure e realistiche.
Non so se il progetto The Woman sia nato già in partenza con il duplice intento di essere romanzo (come già detto scritto a quattro mani da Ketchum e McKee) e film (sceneggiato sempre dai due e diretto dal sempre migliore McKee) allo stesso tempo, ma a tratti sembra che il libro paghi dazio a questa probabile scelta, in quanto sono abbastanza sicuro, non avendo ancora visto la pellicola, che certi impatti siano stati preparati con lo scopo di risultare molto più scioccanti se visti, invece che letti. Lo recupererò presto, leggere il romanzo prima era per me fondamentale per poter tastare l’orrore, assimilarlo e cercare di comprenderlo prima di vederlo.
Ketchum è la prova che l' Horror è vivo e che Twilight non ha ancora vinto del tutto.
RispondiEliminaBe', dài, non è l'unico per fortuna. :)
RispondiEliminaIo invece ho visto prima film e ancora sono traumatizzata.
RispondiEliminaKetchum ha una capacità di raccontare i personaggi (e le cose atroci che fanno e subiscono) unica. McKee ha una capacità unica di filmare queste atrocità.
Insieme la miscela è esplosiva.
MI pare, ma non vorrei sbagliare, che la sceneggiatura sia stata scritta prima del romanzo.
Il film spero di vederlo a breve, McKee è sempre più bravo e sono curioso di capire come possa aver
RispondiEliminafilmato certe atmosfere così crude.
Tra l'altro non ho ancora visto/letto Red, e devo rimediare al più presto!