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Recensione: La Meute

By Simone Corà | sabato 3 settembre 2011 | 08:00

2010, Francia/Belgio, colore, 86 minuti
Regia: Frank Richard
Sceneggiatura: Frank Richard

La recente ondata di buone pellicole francesi di genere ha ingrossato certe fondamenta del cinema horror fatte di famiglie cannibali, pazzi sguaiati ed eroine di ferro, innaffiando il tutto con tonnellate di sangue, viscere e fluidi corporei. Non ne abbiamo visti poi così tanti, ma la mancanza di trame adeguate alla furibonda messinscena, tutte mediamente uguali e comunque poco interessate anche a minime variazioni, ispirava il rischio di rendere tali pellicole tutte uguali. Per fortuna, se già Martyrs partiva da questi presupposti per deragliare felicemente in territori mai esplorati prima con un’intelligenza e una profondità devastante raramente vista nei film di genere, anche La Meute prende spunto, nella banale ma estremamente efficace parte iniziale, dalle strade sanguinarie tracciate dai vari Haute Tension e Frontièr(s), con una ragazza in solitaria estraneazione dal mondo, un autostoppista tenebroso e conseguente arrivo nella locanda/slaughterhouse dove si svolgerà la vicenda, per poi, invece di concedersi a prevedibili, facili torture e massacri infarciti di frattaglie, addentrarsi in territori squisitamente horror che fanno il verso a concetti come l’assedio romeriano e a certi immaginari orrorifici di tempi ormai perduti.

La Meute si mostra quindi come un film piuttosto insolito e imprevedibile, che cerca, più di una vera e propria originalità alla base del soggetto, un’originale sequenza di avvenimenti – il che non è poco, per gli standard odierni del film del terrore medio. Meriterei una fucilazione seduta stante se rivelassi qualcosa per un’analisi più dettagliata delle idee scaturite dalla mente di Frank Richard, qui al suo esordio, vi basti sapere che La Meute garantisce un’inaspettata crescita e un continuo trasformismo, dietro i quali si nota la voglia di incuriosire, di affascinare lo spettatore, più che vomitargli addosso chilometri di intestini o incutergli timore, aspetti nei quali il film fallirebbe abbastanza miseramente. La bizzarria della pellicola è quindi il suo maggior punto di forza, e il gioco tra rape & revenge, horror e grottesco funziona insolitamente bene a patto di osservare il tutto più per le sue buone trovate che per la vera e propria messinscena complessiva.

Se nella prima metà il lavoro di Frank Richard mantiene una costante buona fattura non tanto nel taglio dei personaggi, abbastanza scontati per quanto funzionali alla trama, bensì nell’efficace dialogo contenuto ma essenziale e in una regia ispirata, fatta di inquadrature sbilenche, notevoli incastri temporali, interessanti campi medi e brevi piano sequenza, che donano alla pellicola un tono lugubre e dalla marcia lenta, marziale, minacciosa, sporca, con l’idea che qualcosa di più oscuro e opprimente sia sempre in agguato, pronto a manifestarsi, l’inaspettata bontà della struttura è però destinata a crollare piuttosto rapidamente nella parte conclusiva, nonostante un uso parecchio disturbante della fotografia, tetra e cupa seppur illuminata dal sole pomeridiano: i dialoghi si fanno più blandi e legati a certe facili esclamazioni tipiche del genere, le azioni dei protagonisti subiscono un’impennata improvvisa e non sempre paiono giustificate, e in generale si avverte un brutto e brusco aumento di velocità, come se il budget fosse ormai al limite e si dovesse a tutti i costi arrivare in fondo anche sacrificando le ottime atmosfere plumbee e marce. Restano alcuni tocchi di gran livello (il colpo di pistola ravvicinato su tutti, sequenza davvero magnifica e strategicamente perfetta), ma una certa fretta danneggia il buon lavoro precedentemente svolto, e l’inverosimile epilogo chiude malamente un film che tuttavia malgiudicato non può essere.

Per chi ha sempre trovato tristemente eccessiva la visione splatter francese dei vari A l’intérieur e -2, per chi cerca qualcosa di stravagante e curioso, per quanto imperfetto e sbilanciato La Meute ha buone chance di piacere a chi, nell’horror, premia prima di tutto le idee e un certo coraggio. Sarà per questo che l'esordio di Frank Richard, all’estero, è stato mediamente stroncato ovunque.

10 commenti:

  1. Non hqai detto la cosa più importante: che il film meriterebbe di essere visto solo per la presenza di Emilie Dequenne. Ahi ahi, Corà mi cadi sui fondamentali. ;-)

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  2. Ben detto, Nick!

    In La Meute c'è una tale varietà di situazioni che di sicuro non ci si annoia. Non credo proprio verrà ricordato per i dialoghi, essenziali come Nick, che contano appena 300 battute

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  3. Anzi no, la barzelletta si ricorda. Miao!

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  4. Non so perché blogspot me l'ha pubblicato oggi quando l'avevo programmato per lunedì, comunque okay :P

    @ Nick: be', no, dai, i mostrazzi meritano di più.

    @ Case: vero, dialoghi praticamente assenti, ma va bene così, gioca molta su atmosfere e situazioni e stupori, i dialoghi in fondo servivano giusto per confezionare il prodotto. Però la barzelletta merita, ahahah!

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  5. @ Case.
    Mi ricordi CZ. O sbaglio? ;)
    Un saluto.

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  6. ahah ti piace il nuovo tormentone?

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  7. Anch'io l'avevo riconosciuto, blogspot non mente mai ;)

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  8. Io non ho ancora capito se mi piace o lo detesto.Ci sono tanti di quegli svarioni nella seconda parte...
    P.S.Pero i talpoidi sono fatti bene,questo è vero.

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  9. Capisco quello che intendi, di colpo parte per la tangente e nella seconda parte molte belle impressioni della prima un po' svaniscono, però ci sono molti, molti spunti vincenti, tra cui proprio i talpoidi che adesso voglio il loro poster. :)

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