179 pagine, 14 Euro
ISBN 9788882372262
Il sesso visto sotto un aspetto culinario non è di certo una novità, ma ci sono sempre modi, strategie, inventive per poter rinfrescare argomenti già letti, visti e divorati altrove, e Christine Leunens riesce nel proprio intento pestando senza pietà il piede sul lato più morboso possibile. La visione gastronomica che ci offre la givane protagonista Kate dell’apparato riproduttivo maschile e in generale dei misteri del sesso è spesso rivoltante e disgustosa, in special modo se si pensa agli utilizzi cannibalici che la ragazzina serba per i suoi amanti. Leunens possiede un’agilità narrativa sorprendente, e il suo stile, ferocemente femminile, stordisce con coloriti accostamenti antropofagi descritti minuziosamente e soprattutto ironicamente, lasciando spesso con lo stomaco rivoltato da un grottesco sorriso sulle labbra.
Suddiviso grossomodo in due parti, Uomini da mangiare affronta dapprima la strana, difficile infanzia di Kate, di origini lituane, soggiogata da una madre dai modi alquanti bislacchi: avara all’impossibile, genuinamente razzista, supponentemente sospettosa, la donna impedisce una placida crescita della piccola, riassunta in un centinaio di pagine vivaci e spassose grazie al punto di vista di Kate stessa, innocente e purissimo nella sua totale estraneità a un mondo normale. Nella seconda parte, invece, l’adolescente Kate si scontra con i primi pruriti sessuali, deviati però dall’intervento materno che, durante l’infanzia, l’ha diabolicamente piegata, e quindi via all’anima più horror, se vogliamo, del romanzo, resa magistralmente e con un tatto che i libri di genere spesso non riescono neanche a sfiorare.
Se nella parte iniziale Uomini da mangiare funziona agevolmente per mezzo della spinta ironica della Leunens, dotata di uno humor molto elegante che affiora costantemente dai pensieri di Kate, è forse nella seconda metà, che giunge troppo inaspettata e repentina, che il romanzo, per quanto la Leunens lo trascini in avanti con una superba colata di efferatezze stilistiche, subisce qualche frenata. Il problema risiede più che altro in una singolare scelta strutturale, con la quale la Leunens si prefigge di non spiegare mai alcun aspetto: personaggi, eventi e situazioni vengono infatti di volta in volta introdotti bruscamente, quasi schiaffati sulla pagina, senza che al lettore sia mai concessa anche solo una parola di approfondimento. Non conosciamo gli amici della mamma di Kate, non conosciamo i professori di Kate, non conosciamo gli amanti di Kate: essi, semplicemente, esistono nella realtà romanzata, e tanto dobbiamo accettare.
Ma se nella prima metà tale aspetto viene assorbito dalle stravaganti circostanze di cui è vittima Kate, che trasformano i capitoli in precisi momenti della sua infanzia, nella restante metà i salti temporali e gli innesti di comprimari appaiono troppo aspri e violenti, impedendo una completa e naturale fruizione del romanzo. Il solo balzo che cancella dieci anni di vita di Kate, trasformandola da adorabile bambina a infida e religiosissima arpia, non ha vere e proprie motivazioni, e si sente così, qua e là, la mancanza di mordente utile a cesellare e curare questi lati bene o male assenti, che portano a una conclusione vagamente irrisolta e non troppo soddisfacente.
Il piacere sanguinario di questa parte ribolle però di una tale genuinità che forse si può riuscire a soprassedere anche su carenze quasi imperdonabili come personaggi che spuntano all’improvviso e rimangono addirittura senza nome: la rabbia primitiva di Kate, la distorsione visiva con cui ci mostra le bizzarrie culinarie del corpo umano, la disturbante precisione nel progettare ricette e poi colpire, affettare e divorare, percependo il pulsare del suo cuore, l’acquolina che le riempie la bocca, il desiderio che quasi la strozza, è qualità indiscussa del romanzo, che si mostra molto più nauseante e indigesto dei vari torture, rape & revenge e splatter movie che imbrattano i cinema.
Difetti a parte, a loro modo comunque capaci di donare ulteriore carattere al già fortissimo stile della Leunens, Uomini da mangiare, fresco di ristampa, è una lettura per lunga parte affascinante e travolgente, e un personaggio fragoroso e irresistibile come la madre di Kate e la sua aura di buffa malvagità che si estende sul vicinato valgono da soli l’acquisto del romanzo.
ISBN 9788882372262
Il sesso visto sotto un aspetto culinario non è di certo una novità, ma ci sono sempre modi, strategie, inventive per poter rinfrescare argomenti già letti, visti e divorati altrove, e Christine Leunens riesce nel proprio intento pestando senza pietà il piede sul lato più morboso possibile. La visione gastronomica che ci offre la givane protagonista Kate dell’apparato riproduttivo maschile e in generale dei misteri del sesso è spesso rivoltante e disgustosa, in special modo se si pensa agli utilizzi cannibalici che la ragazzina serba per i suoi amanti. Leunens possiede un’agilità narrativa sorprendente, e il suo stile, ferocemente femminile, stordisce con coloriti accostamenti antropofagi descritti minuziosamente e soprattutto ironicamente, lasciando spesso con lo stomaco rivoltato da un grottesco sorriso sulle labbra.
Suddiviso grossomodo in due parti, Uomini da mangiare affronta dapprima la strana, difficile infanzia di Kate, di origini lituane, soggiogata da una madre dai modi alquanti bislacchi: avara all’impossibile, genuinamente razzista, supponentemente sospettosa, la donna impedisce una placida crescita della piccola, riassunta in un centinaio di pagine vivaci e spassose grazie al punto di vista di Kate stessa, innocente e purissimo nella sua totale estraneità a un mondo normale. Nella seconda parte, invece, l’adolescente Kate si scontra con i primi pruriti sessuali, deviati però dall’intervento materno che, durante l’infanzia, l’ha diabolicamente piegata, e quindi via all’anima più horror, se vogliamo, del romanzo, resa magistralmente e con un tatto che i libri di genere spesso non riescono neanche a sfiorare.
Se nella parte iniziale Uomini da mangiare funziona agevolmente per mezzo della spinta ironica della Leunens, dotata di uno humor molto elegante che affiora costantemente dai pensieri di Kate, è forse nella seconda metà, che giunge troppo inaspettata e repentina, che il romanzo, per quanto la Leunens lo trascini in avanti con una superba colata di efferatezze stilistiche, subisce qualche frenata. Il problema risiede più che altro in una singolare scelta strutturale, con la quale la Leunens si prefigge di non spiegare mai alcun aspetto: personaggi, eventi e situazioni vengono infatti di volta in volta introdotti bruscamente, quasi schiaffati sulla pagina, senza che al lettore sia mai concessa anche solo una parola di approfondimento. Non conosciamo gli amici della mamma di Kate, non conosciamo i professori di Kate, non conosciamo gli amanti di Kate: essi, semplicemente, esistono nella realtà romanzata, e tanto dobbiamo accettare.
Ma se nella prima metà tale aspetto viene assorbito dalle stravaganti circostanze di cui è vittima Kate, che trasformano i capitoli in precisi momenti della sua infanzia, nella restante metà i salti temporali e gli innesti di comprimari appaiono troppo aspri e violenti, impedendo una completa e naturale fruizione del romanzo. Il solo balzo che cancella dieci anni di vita di Kate, trasformandola da adorabile bambina a infida e religiosissima arpia, non ha vere e proprie motivazioni, e si sente così, qua e là, la mancanza di mordente utile a cesellare e curare questi lati bene o male assenti, che portano a una conclusione vagamente irrisolta e non troppo soddisfacente.
Il piacere sanguinario di questa parte ribolle però di una tale genuinità che forse si può riuscire a soprassedere anche su carenze quasi imperdonabili come personaggi che spuntano all’improvviso e rimangono addirittura senza nome: la rabbia primitiva di Kate, la distorsione visiva con cui ci mostra le bizzarrie culinarie del corpo umano, la disturbante precisione nel progettare ricette e poi colpire, affettare e divorare, percependo il pulsare del suo cuore, l’acquolina che le riempie la bocca, il desiderio che quasi la strozza, è qualità indiscussa del romanzo, che si mostra molto più nauseante e indigesto dei vari torture, rape & revenge e splatter movie che imbrattano i cinema.
Difetti a parte, a loro modo comunque capaci di donare ulteriore carattere al già fortissimo stile della Leunens, Uomini da mangiare, fresco di ristampa, è una lettura per lunga parte affascinante e travolgente, e un personaggio fragoroso e irresistibile come la madre di Kate e la sua aura di buffa malvagità che si estende sul vicinato valgono da soli l’acquisto del romanzo.
Così mi fai passare la voglia di mangiare.
RispondiElimina'Sti cazzi, mi vien da dire... ;)
RispondiEliminaDopo aver visto "Denti" credo che farei fatica ad affrontare una lettura di questo tipo...
Ma c'è Sean Bean che fa qualcosa? Sennò non lo leggo proprio!
RispondiElimina@Cyb.
RispondiEliminaE' una delle prime vittime, ed indovina COSA gli viene mangiato? LOL
EvilNickus.XD XD XD
@ Silente.
Leggi libri in cui Sean Bean viene mangiato?
Non sei più mio amico. LOL :P :P :P
Ma che uomini che siete, un po' di fegato, su!
RispondiElimina@ Cyb: sì, c'è, e fa il cavaliere!