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Recensione: Black City – C’era una volta la fine del mondo, di Victor Gischler

By Simone Corà | lunedì 4 aprile 2011 | 09:30

Newton Compton, 2011
320 pagine, 6,90 Euro
ISBN 9788854124363

Mortimer Tate, agente assicurativo fresco di divorzio, si ritira in solitudine su una montagna del Tennesse. Quando, dopo nove anni di eremitaggio, decide finalmente di scendere, scopre che il mondo così come lo conosceva non esiste più. Una guerra nucleare ha devastato ogni luogo, gli Stati Uniti sono in mano ai briganti e ai predoni che formano le famigerate Strisce Rosse, e il caos più completo, o quasi, regna sovrano. Il briciolo di umanità rimasta si raccoglie attorno ai club di strip-tease di Joey Armageddon, ed è lì che si dirige Mortimer…

Victor Gischler è un clone più o meno ufficiale di Joe Lansdale, e tutto del suo stile richiama la colorita volgarità e la rozza vivacità dello scrittore texano nei suoi momenti più sporcaccioni e divertenti. Non c’è infatti personaggio, evento o colpo di scena, in Black City, che non porti alla mente l’inimitabile, scioltissima tecnica del papà di Hap e Leonard, ciò che manca però è la stessa energia, è quell’ironia zozza e straight-to-face che Gischler insegue continuamente senza padroneggiare alla perfezione. La sensazione è quindi quella di un romanzo splendidamente scurrile, caciarone, volgare e ignorante, ma che non riesce mai a essere così genuinamente efficace come il miglior Lansdale sa o ha quantomeno saputo fare. In una pioggia di elaborate metafore, personaggi che vomitano, cagano, fanno a botte e dicono un sacco di parolacce, figliole da paura che sculettano in ogni pagina, sparatorie e inseguimenti zeppi di teste spappolate e dinamici ammazzamenti, il divertimento più stradaiolo e analfabeta non viene mai meno, eppure la trama, in queste atmosfere e in questi contesti così poco suoi, non è spumeggiante come dovrebbe essere e i personaggi non sembrano sempre esageratamente veri nel vomitare, cagare, fare a botte e dire parolacce.

Colpa anche di un traduzione grossolana e poco fluida, Gischler rimbalza tra sequenze di grande ispirazione (il divertentissimo treno muscolare, l’eccezionale battaglia conclusiva) ad altre narrate con stanchezza e superficiale comodità, dove i twist appaiono forzati nel loro richiamare personaggi ed eventi senza curarsi di verosimiglianza e di un minimo di credibilità. L’odissea di Mortimer è quindi un continuo, grossomodo simpatico spostarsi da un branco di deficienti a un altro, ma la carenza di carisma nella costruzione del personaggio e del party di cui è leader, o il lessico limitato, a volte come ingabbiato, pongono un freno anche ai momenti migliori (il già citato, lunghissimo scontro finale, una battaglia motorizzata di rombante atmosfera sanguinolenta). Qua e là si ride, capita di spalancare gli occhi per certe, assurde invenzioni ben riuscite (le punizioni a suon di pedalate in bicicletta), ogni tanto si sbuffa annoiati, e in generale Black City scorre rapidamente per poi, a lettura conclusa, essere dimenticato con altrettanta velocità.

Vergognosa e insopportabile l’edizione della Newton Compton, che non solo traduce il simpatico titolo originale Go-go Girls of the Apocalypse con un altro titolo inglese (anche se di black city mica se ne vedono, nel romanzo, né è data importanza a una città in particolare dei tanti luoghi visitati), ma ci ficca addirittura una cazzo di vampira in copertina, con tanto di rivolo di sangue che scende sul mento, che naturalmente non c’entra niente con la storia raccontata. Non ci sono già abbastanza vampiri gay in libreria? Bisogna davvero infilarli dappertutto, con l’unico scopo di ingannare, ingannare, ingannare? È proprio questo che richiede il gregge italiano?

2 commenti:

  1. Ricordo che c'è stato un momento in cui la Newton, sotto la cura di Gianni Pilo, riusciva a sfornare libri interessanti. Certo, non capolavori ma testi comunque decenti.
    Certo rischio di essere il solito nostalgico ma quanto rimpiango quei tempi( pochi anni fa, a voler ben vedere) in cui in libreria non la facevano da padrone i libri per bimbeminkia.

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  2. Non posso che darti ragione, basterebbe anche vedere in che collana è stato infilato questo Black City, una serie di uscite in cui i protagonisti sono ovviamente vampiri e licantropi gay. :-|

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