Salani Editore, 2010
493 pagine
16,80 Euro
ISBN 9788862560153
In un’Italia lontanissima, che sfuma nel mito e nella leggenda, il Ducato di Acquaviva è scosso da una terribile minaccia: un’orrenda, inafferrabile creatura, che può cambiare forma a piacimento, terrorizza i cittadini rubando i loro nomi e privandoli di ogni personalità. Chi ha la sfortuna di incontrare questa bestia, chiamata il Mangianomi, viene così trasformato in un guscio vuoto, uno zombie senza volontà. Solo un uomo sembra in grado di affrontarlo, un cacciatore impavido, che vive nei boschi: Magubalik.
Progetto insolito, questo interessante lavoro di Giovanni De Feo, che pubblica per la casa editrice più indicata per un certo fantasy particolare e lontano dai soliti canoni, la Salani. Suddiviso in due parti corpose, come due romanzi che fossero l’uno il seguito dell’altro (la prima parte infatti venne publicata alcuni anni orsono da Edizioni E/O), Il Mangianomi è una lunga, coinvolgente odissea che mescola fantasy e horror e ambienta il tutto in un contesto fascinoso e realistico, come quello dei lontani reami del sud Italia.
Siamo quindi dalle parti di un Riccardo Coltri, che sfrutta ambientazioni realmente esistite per contaminarle di magia, incantesimi, mostruose credenze popolari e strane bestie deformi. De Feo insiste molto, molto meno su una certa componente horror, cruda e sanguinaria, forse la più realistica in un simile, oscuro contesto fantastico, come fa invece Coltri sia in Zeferina che ne La corsa selvatica, ma si concentra invece su un aspetto quasi favolistico e più avventuroso.
Questo non significa una sorta di leggerezza narrativa, né una resa più semplicistica, le basi de Il Mangianomi sono invero piuttosto solide e seriose, per non parlare di un’accentuata complessità generale, ma i contorni di fiaba vengono raggiunti per una certa epica circolarità, per l’importanza degli animali pensanti alla pari di uomini e donne, per desideri che vengono esauditi, per un timbro veloce e piacevole nel tratteggiare eroi, antagonisti e comprimari.
Rapido è infatti lo stile di De Feo, un vario, effervescente frullato di parole che costruisce frasi spesso molto lunghe ma che sembrano danzare sulla carta, per certe concessioni poetiche, per certe abilità descrittive, per certi toni da leggenda che arricchiscono un quadro narrativo mediamente più che buono.
Si individuano, qua e là, oltre a una manciata di perdonabili refusi, saltuari momenti di minor spontaneità espositiva, dove le frasi si fanno un po’ troppo secche e striminzite, meno attente, ma sono parentesi facilmente sorvolabili di fronte a un mosaico complessivo di buon valore.
È più che altro il continuo, forse esagerato alternarsi di punti di vista che talvolta potrebbe confondere il lettore, perché De Feo salta da un personaggio all’altro con una disinvoltura che non sempre scorre fluida e liscia.
Si tratta in ogni caso di uno stile a tratti perfetto per narrare una storia come questa, una storia costruita su un numero consistente di personaggi e avvenimenti che si rincorrono e si ripercuotono, una storia ben strutturata in molteplici punti di visti e in una non linearità che, tra flashback e digressioni temporali, semina elementi per poi raccoglierli intelligentemente in quasi 500 pagine che, bisogna dirlo, non stancano mai.
Spiccano così le sequenze del lungo inseguimento al Mangianomi, gradevolmente visionario da un punto di vista magico, tanto quanto l’affascinante incontro con la stria; la discesa nel mondo dei morti, arricchita da una gustosa originalità nel dipingere la vita, sia spirituale che fisica, dopo il decesso; e infine l’assedio al Ducato, con fantasiosi momenti di battaglia.
Uniche lungaggini accorciabili in queste 500 pagine, a parere di chi scrive, sicuramente poco affine a simili scelte narrative, sono i capitoli dedicati ai lupi di Magubalik, lupi che pensano e agiscono come esseri umani e che, nonostante siano parte integrante della trama, forse incrinano una certa sospensione all’incredulità.
In conclusione, romanzo indubbiamente piacevole, fulmineo e curioso, che affronta il fantasy con un occhio diverso dai consueti standard e si tinge di un benvoluto horror in più di un’occasione. Da questo indirizzo si possono scaricare le prime 170 pagine, vale a dire l’intero libro primo, a suo modo un romanzo breve e completo: dateci un’occhiata, se vi piace, vi piaceranno anche le altre 300 cartelle.
493 pagine
16,80 Euro
ISBN 9788862560153
In un’Italia lontanissima, che sfuma nel mito e nella leggenda, il Ducato di Acquaviva è scosso da una terribile minaccia: un’orrenda, inafferrabile creatura, che può cambiare forma a piacimento, terrorizza i cittadini rubando i loro nomi e privandoli di ogni personalità. Chi ha la sfortuna di incontrare questa bestia, chiamata il Mangianomi, viene così trasformato in un guscio vuoto, uno zombie senza volontà. Solo un uomo sembra in grado di affrontarlo, un cacciatore impavido, che vive nei boschi: Magubalik.
Progetto insolito, questo interessante lavoro di Giovanni De Feo, che pubblica per la casa editrice più indicata per un certo fantasy particolare e lontano dai soliti canoni, la Salani. Suddiviso in due parti corpose, come due romanzi che fossero l’uno il seguito dell’altro (la prima parte infatti venne publicata alcuni anni orsono da Edizioni E/O), Il Mangianomi è una lunga, coinvolgente odissea che mescola fantasy e horror e ambienta il tutto in un contesto fascinoso e realistico, come quello dei lontani reami del sud Italia.
Siamo quindi dalle parti di un Riccardo Coltri, che sfrutta ambientazioni realmente esistite per contaminarle di magia, incantesimi, mostruose credenze popolari e strane bestie deformi. De Feo insiste molto, molto meno su una certa componente horror, cruda e sanguinaria, forse la più realistica in un simile, oscuro contesto fantastico, come fa invece Coltri sia in Zeferina che ne La corsa selvatica, ma si concentra invece su un aspetto quasi favolistico e più avventuroso.
Questo non significa una sorta di leggerezza narrativa, né una resa più semplicistica, le basi de Il Mangianomi sono invero piuttosto solide e seriose, per non parlare di un’accentuata complessità generale, ma i contorni di fiaba vengono raggiunti per una certa epica circolarità, per l’importanza degli animali pensanti alla pari di uomini e donne, per desideri che vengono esauditi, per un timbro veloce e piacevole nel tratteggiare eroi, antagonisti e comprimari.
Rapido è infatti lo stile di De Feo, un vario, effervescente frullato di parole che costruisce frasi spesso molto lunghe ma che sembrano danzare sulla carta, per certe concessioni poetiche, per certe abilità descrittive, per certi toni da leggenda che arricchiscono un quadro narrativo mediamente più che buono.
Si individuano, qua e là, oltre a una manciata di perdonabili refusi, saltuari momenti di minor spontaneità espositiva, dove le frasi si fanno un po’ troppo secche e striminzite, meno attente, ma sono parentesi facilmente sorvolabili di fronte a un mosaico complessivo di buon valore.
È più che altro il continuo, forse esagerato alternarsi di punti di vista che talvolta potrebbe confondere il lettore, perché De Feo salta da un personaggio all’altro con una disinvoltura che non sempre scorre fluida e liscia.
Si tratta in ogni caso di uno stile a tratti perfetto per narrare una storia come questa, una storia costruita su un numero consistente di personaggi e avvenimenti che si rincorrono e si ripercuotono, una storia ben strutturata in molteplici punti di visti e in una non linearità che, tra flashback e digressioni temporali, semina elementi per poi raccoglierli intelligentemente in quasi 500 pagine che, bisogna dirlo, non stancano mai.
Spiccano così le sequenze del lungo inseguimento al Mangianomi, gradevolmente visionario da un punto di vista magico, tanto quanto l’affascinante incontro con la stria; la discesa nel mondo dei morti, arricchita da una gustosa originalità nel dipingere la vita, sia spirituale che fisica, dopo il decesso; e infine l’assedio al Ducato, con fantasiosi momenti di battaglia.
Uniche lungaggini accorciabili in queste 500 pagine, a parere di chi scrive, sicuramente poco affine a simili scelte narrative, sono i capitoli dedicati ai lupi di Magubalik, lupi che pensano e agiscono come esseri umani e che, nonostante siano parte integrante della trama, forse incrinano una certa sospensione all’incredulità.
In conclusione, romanzo indubbiamente piacevole, fulmineo e curioso, che affronta il fantasy con un occhio diverso dai consueti standard e si tinge di un benvoluto horror in più di un’occasione. Da questo indirizzo si possono scaricare le prime 170 pagine, vale a dire l’intero libro primo, a suo modo un romanzo breve e completo: dateci un’occhiata, se vi piace, vi piaceranno anche le altre 300 cartelle.
Zefirina?
RispondiEliminahm... mettici la e va, che l'è meglio
(okay, lo confesso, ho fatto questo commento solo per fissare il tuo errore perché sono bastardo :P)
comunque mi stai dicendo che questo libro è fatto apposta per me, praticamente?
maccazzo
500 pagine...
non posso
ci ho già ben due tomi da ferie e quindi per il 2010 non se ne parla
però per il 2011 me lo immmmpresti eh. :)
Dai dai, 500 pagine puoi farcela, tanto è scritto bene e veloce, leggi in poco tempo. :)
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