2009, USA, colore, 79 minuti
Regia: Shane Acker
Sceneggiatura: Pamela Pettler
In un futuro non troppo lontano, l’umanità è stata sterminata da un esercito di macchine, intelligenze artificiali ribellatisi al dominio dell’uomo. 9, un piccolo pupazzo meccanico, si risveglia in una stanza a lui sconosciuta, non sa chi è e cosa deve fare. Accanto a lui, un oggetto con strani graffiti: lo porta con sé, e subito scopre che un’orribile mostruosità meccanica vuole rubarglielo. Messo in salvo dal sacrificio di 2, un pupazzo a lui identico, 9 incontra un intero gruppo di creaturine sue simili, guidate dal vecchio burbero 1. 9 vuole salvare 2, rapito dalla bestia a cui è scampato poco prima, e capire il mistero legato all’oggetto ritrovato, ma i suoi fratelli hanno paura: una spaventosa macchina da guerra è in procinto di risvegliarsi, pronta a distruggere ciò che resta del pianeta.
C’era molta, molta attesa dietro al progetto 9, lungometraggio d’animazione che, per mezzo dei nomi coinvolti (Tim Burton e Timur Bekmambetov) e della massiccia campagna pubblicitaria, un martellante tam tam che il Web aveva trasformato in grandi aspettative grafiche e innovazioni fantascientifiche, si preannunciava tassello importante dei film in CG.
La pellicola di Shane Acker si rivela però, sin da subito, un’elementare storia d’azione che punta ogni centesimo su uno strepitoso aspetto visivo, lasciando in disparte qualsiasi attenzione narrativa. Non si riscontra una trama, in 9, le poche informazioni che si intercettano tra un combattimento e l’altro rimandano a superficiali banalità sci-fi e a confuse, irrisolte intrusioni mistiche utili a inserire posticce parentesi buoniste e consolatorie tutt’altro che necessarie.
Acker rispetta i più classici cliché dell’animazione statunitense, dall’eroe timido ma coraggioso al compagno di avventure buffo e combinaguai, passando per l’odioso, vigliacco capogruppo e l’immancabile amazzone femminile che dona un tocco di romanticheria al film, ma non cerca mai di irrobustire caratterizzazioni di per sé già striminzite, limitandosi invece a far rimbalzare il gruppetto di protagonisti da una parte all’altra di un buon scenario apocalittico, guidati da scopi dubbiosi e incerti, mai sentiti o respirati appieno.
E allora godiamoci stupefacenti invenzioni visive, colossali macchinari nemici, animazioni straordinarie, combattimenti spettacolari con macchine da guerra aracnidi, semoventi, volanti e con forme canine, stupiamoci di fronte a tanta sontuosità grafica, perché da questo punto di vista 9 riassume quanto di meglio possa offrire l’animazione attuale.
Non è però un godimento che soddisfa, un godimento che sì, esalta mentre brillano gli occhi, ma che già viene dimenticato durante i titoli di coda, un godimento a cui non ci si vuole sottoporre piacevolmente per una seconda volta, sfruttando così la longevità tipica di prodotti di mero intrattenimento come 9.
A distanza di qualche giorno dalla visione, il castello di lusso grafico è già crollato, frantumato in macerie che preferisco lasciare dove sono, ormai prossime a essere spazzate via dai netturbini mentali.
Siamo quindi al cospetto di una pellicola che non offre nulla dal punto di vista narrativo (e neanche da quello sonoro, a dirla tutta, cono un freddo, incolore doppiaggio da dimenticare al più presto), che appare già stanca, fiacca, scopiazzata dopo le prime invitanti sequenze, fattori che, malgrado tanta sfarzosità visiva, fanno inevitabilmente affondare la barca.
Semplicemente inutile.
Regia: Shane Acker
Sceneggiatura: Pamela Pettler
In un futuro non troppo lontano, l’umanità è stata sterminata da un esercito di macchine, intelligenze artificiali ribellatisi al dominio dell’uomo. 9, un piccolo pupazzo meccanico, si risveglia in una stanza a lui sconosciuta, non sa chi è e cosa deve fare. Accanto a lui, un oggetto con strani graffiti: lo porta con sé, e subito scopre che un’orribile mostruosità meccanica vuole rubarglielo. Messo in salvo dal sacrificio di 2, un pupazzo a lui identico, 9 incontra un intero gruppo di creaturine sue simili, guidate dal vecchio burbero 1. 9 vuole salvare 2, rapito dalla bestia a cui è scampato poco prima, e capire il mistero legato all’oggetto ritrovato, ma i suoi fratelli hanno paura: una spaventosa macchina da guerra è in procinto di risvegliarsi, pronta a distruggere ciò che resta del pianeta.
C’era molta, molta attesa dietro al progetto 9, lungometraggio d’animazione che, per mezzo dei nomi coinvolti (Tim Burton e Timur Bekmambetov) e della massiccia campagna pubblicitaria, un martellante tam tam che il Web aveva trasformato in grandi aspettative grafiche e innovazioni fantascientifiche, si preannunciava tassello importante dei film in CG.
La pellicola di Shane Acker si rivela però, sin da subito, un’elementare storia d’azione che punta ogni centesimo su uno strepitoso aspetto visivo, lasciando in disparte qualsiasi attenzione narrativa. Non si riscontra una trama, in 9, le poche informazioni che si intercettano tra un combattimento e l’altro rimandano a superficiali banalità sci-fi e a confuse, irrisolte intrusioni mistiche utili a inserire posticce parentesi buoniste e consolatorie tutt’altro che necessarie.
Acker rispetta i più classici cliché dell’animazione statunitense, dall’eroe timido ma coraggioso al compagno di avventure buffo e combinaguai, passando per l’odioso, vigliacco capogruppo e l’immancabile amazzone femminile che dona un tocco di romanticheria al film, ma non cerca mai di irrobustire caratterizzazioni di per sé già striminzite, limitandosi invece a far rimbalzare il gruppetto di protagonisti da una parte all’altra di un buon scenario apocalittico, guidati da scopi dubbiosi e incerti, mai sentiti o respirati appieno.
E allora godiamoci stupefacenti invenzioni visive, colossali macchinari nemici, animazioni straordinarie, combattimenti spettacolari con macchine da guerra aracnidi, semoventi, volanti e con forme canine, stupiamoci di fronte a tanta sontuosità grafica, perché da questo punto di vista 9 riassume quanto di meglio possa offrire l’animazione attuale.
Non è però un godimento che soddisfa, un godimento che sì, esalta mentre brillano gli occhi, ma che già viene dimenticato durante i titoli di coda, un godimento a cui non ci si vuole sottoporre piacevolmente per una seconda volta, sfruttando così la longevità tipica di prodotti di mero intrattenimento come 9.
A distanza di qualche giorno dalla visione, il castello di lusso grafico è già crollato, frantumato in macerie che preferisco lasciare dove sono, ormai prossime a essere spazzate via dai netturbini mentali.
Siamo quindi al cospetto di una pellicola che non offre nulla dal punto di vista narrativo (e neanche da quello sonoro, a dirla tutta, cono un freddo, incolore doppiaggio da dimenticare al più presto), che appare già stanca, fiacca, scopiazzata dopo le prime invitanti sequenze, fattori che, malgrado tanta sfarzosità visiva, fanno inevitabilmente affondare la barca.
Semplicemente inutile.
Burton e Bekmambemtov?Accidenti!Il primo è uno dei pochi che è riuscito ha regalare momenti di vera poesia nei suoi film negli ultimi anni,ilsecondo ha fatto miracoli con I guardiani della notte.Sarebbe stato lecito aspettarsi un capolavoro,invece da come ne parli mi sa che hanno vinto ancora una volta i mercanti ed i manager di Hollywood.Peccato.Veramente un peccato.
RispondiEliminaNick
Mi preoccupo: sono TOTALMENTE d'accordo con la rece di Silente...
RispondiElimina...Mi comincio a preoccupare anch'io.Non è che è una cosa contagiosa?
RispondiEliminaNICK
Ma che sceneggiatura ti aspetti da una che si chiama PAMELA PETTLER?!
RispondiElimina@ Nick: bastava proprio poco, a livello di trama, per offrire qualcosa di accattivante, di curioso, uno sforzo minuscolo da poter apprezzare, e invece non c'è davvero nulla che non si sia già visto dappertutto.
RispondiElimina(Però se I guardiani della notte era interessante I guardiani del giorno madonna era inguardabile...)
@ Elvezio: allora corro a cambiare qualcosa.
@ Cyb: in effetti...