2008, USA, colore, 110 minuti
Regia: Alexandre Aja
Sceneggiatura: Alexandre Aja, Gregory Lavassuer
Sospeso dal corpo di polizia per aver ucciso un uomo, Ben Carson, già turbato da una psiche fragile dovuta al dolore provato, peggiora la propria situazione mentale quando trova lavoro come guardiano notturno di una gigantesca magione, incendiata anni or sono e ormai abbandonata. All’interno della casa, giganteschi specchi sembrano riflettere cose che non stanno succedendo, e presto le persone vicine a Ben iniziano a morire inspiegabilmente. Cosa sta succedendo? Cos’è successo veramente in quella villa?
Messia dell’horror ai tempi dell’innovatore Alta tensione, Alexandre Aja, come molti altri registi europei (chi ha detto Xavier Gens?) o asiatici (Hideo Nakata, Takashi Shimizu), è rimasto intrappolato nella macchina mangiasoldi del cinema a stelle e strisce, spinto a girare remake su remake (il discreto Le colline hanno gli occhi, questo Mirrors made in USA e, ormai prossimo, Piranha 3-D) e bruciando così le speranze di un futuro radioso per il nostro amato genere.
Nonostante tale prigionia abbia limitato le enormi potenzialità, racchiuse in un gioiellino acerbo ma efficace come il già citato Alta Tensione e mai più espresse appieno, è indubbio riscontrare un certo tocco europeo, nella sua regia, purtroppo flebile e sottomesso alle volontà produttrici altrui, che continua a piacere nonostante le deboli basi di partenza.
In Riflessi di paura, infatti, pur dovendo per forza toccare punti in qualche modo necessari nell’horror odierno, come il trauma familiare e la mancanza di stabilità emotiva, un certo amore per lo splatter, comunque a suo modo attenuato dall’eleganza stilistica, è bene in evidenza, e almeno in questo Aja dimostra di non essersi svenduto totalmente (come ha fatto invece Gens, passando dalla violenza esorbitante di Frontière(s) alla pattumiera incolore di Hitman). D’altronde, con Le colline hanno gli occhi aveva raggiunto picchi sanguinari molto abbondanti, rinunciare ora avrebbe manifestato un inspiegabile cambio di direzione.
Gole squarciate, mandibole strappate, corpi che bruciano lentamente da cui si staccano pezzi di carne: il gore è ben visibile e sostenuto, nessun fuori campo, né inquadrature di sfuggita. Aja mostra, fantasiosamente, una violenza sempre molto gustosa e affascinante, e la inserisce in una storia cupa, che dirige con sapiente mestiere, una notevole classe registica ben aiutata dal sempre pregevole lavoro fotografico di Maxime Alexandre.
Riflessi di paura, però, pur mostrando un intreccio curioso, che spinge a seguire la vicenda nonostante la presenza di numerosi cliché, è un thriller soprannaturale scritto con non troppa cura, una mancanza di attenzione e mordente che si riscontra in dialoghi fiacchi e in una facilità esagerata con cui Ben inizia a credere al soprannaturale. Da lì è un gorgo di alti e bassi, con splendide intuizioni visive da una parte (il combattimento finale nei sotterranei) e dubbiosi cali narrativi dall’altra.
Ciò non toglie una sufficienza complessiva bene o male sempre mantenuta, con un Kiefer Sutherland, a parere di chi scrive tra i migliori e fin troppo sottovalutati interpreti di sempre, che in più di un’occasione dona grande, sensibile profondità a un personaggio di per sé alquanto derivativo.
Mezzo passo falso, quindi, ma Riflessi di paura rimane comunque visione gradevole e, in un paio di momenti decisamente riusciti, senz’altro inquietante.
Regia: Alexandre Aja
Sceneggiatura: Alexandre Aja, Gregory Lavassuer
Sospeso dal corpo di polizia per aver ucciso un uomo, Ben Carson, già turbato da una psiche fragile dovuta al dolore provato, peggiora la propria situazione mentale quando trova lavoro come guardiano notturno di una gigantesca magione, incendiata anni or sono e ormai abbandonata. All’interno della casa, giganteschi specchi sembrano riflettere cose che non stanno succedendo, e presto le persone vicine a Ben iniziano a morire inspiegabilmente. Cosa sta succedendo? Cos’è successo veramente in quella villa?
Messia dell’horror ai tempi dell’innovatore Alta tensione, Alexandre Aja, come molti altri registi europei (chi ha detto Xavier Gens?) o asiatici (Hideo Nakata, Takashi Shimizu), è rimasto intrappolato nella macchina mangiasoldi del cinema a stelle e strisce, spinto a girare remake su remake (il discreto Le colline hanno gli occhi, questo Mirrors made in USA e, ormai prossimo, Piranha 3-D) e bruciando così le speranze di un futuro radioso per il nostro amato genere.
Nonostante tale prigionia abbia limitato le enormi potenzialità, racchiuse in un gioiellino acerbo ma efficace come il già citato Alta Tensione e mai più espresse appieno, è indubbio riscontrare un certo tocco europeo, nella sua regia, purtroppo flebile e sottomesso alle volontà produttrici altrui, che continua a piacere nonostante le deboli basi di partenza.
In Riflessi di paura, infatti, pur dovendo per forza toccare punti in qualche modo necessari nell’horror odierno, come il trauma familiare e la mancanza di stabilità emotiva, un certo amore per lo splatter, comunque a suo modo attenuato dall’eleganza stilistica, è bene in evidenza, e almeno in questo Aja dimostra di non essersi svenduto totalmente (come ha fatto invece Gens, passando dalla violenza esorbitante di Frontière(s) alla pattumiera incolore di Hitman). D’altronde, con Le colline hanno gli occhi aveva raggiunto picchi sanguinari molto abbondanti, rinunciare ora avrebbe manifestato un inspiegabile cambio di direzione.
Gole squarciate, mandibole strappate, corpi che bruciano lentamente da cui si staccano pezzi di carne: il gore è ben visibile e sostenuto, nessun fuori campo, né inquadrature di sfuggita. Aja mostra, fantasiosamente, una violenza sempre molto gustosa e affascinante, e la inserisce in una storia cupa, che dirige con sapiente mestiere, una notevole classe registica ben aiutata dal sempre pregevole lavoro fotografico di Maxime Alexandre.
Riflessi di paura, però, pur mostrando un intreccio curioso, che spinge a seguire la vicenda nonostante la presenza di numerosi cliché, è un thriller soprannaturale scritto con non troppa cura, una mancanza di attenzione e mordente che si riscontra in dialoghi fiacchi e in una facilità esagerata con cui Ben inizia a credere al soprannaturale. Da lì è un gorgo di alti e bassi, con splendide intuizioni visive da una parte (il combattimento finale nei sotterranei) e dubbiosi cali narrativi dall’altra.
Ciò non toglie una sufficienza complessiva bene o male sempre mantenuta, con un Kiefer Sutherland, a parere di chi scrive tra i migliori e fin troppo sottovalutati interpreti di sempre, che in più di un’occasione dona grande, sensibile profondità a un personaggio di per sé alquanto derivativo.
Mezzo passo falso, quindi, ma Riflessi di paura rimane comunque visione gradevole e, in un paio di momenti decisamente riusciti, senz’altro inquietante.
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