Italia, 2006, colore, 85 minuti
Regia: Gabriele Albanesi
Sceneggiatura: Gabriele Albanesi
Rino e Aurora si sono lasciati da poco, ma lui è disperato e crede ancora di recuperare il loro rapporto. Riesce così a convincere la ragazza ad ascoltarlo almeno un’ultima volta, e, in macchina, appartati in una strada poco frequentata, i due ex-fidanzati finiscono per fare l’amore. Proprio in quel momento, però, sopraggiunge l’auto guidata da tre stupidi delinquenti, tre violenti maniaci che picchiano Rino e cercano di violentare Aurora. Se non fosse per il tempestivo, insperato intervento di un passante, per Aurora si sarebbe messa molto male. Ma quando, a casa del suo salvatore, conosce la strana famiglia che vive in questa villa al limitare del bosco, si rende conto di essere finita in un incubo ben peggiore.
Rendiamo onore a Gabriele Albanesi per tentare la strada dell’horror, nonostante la cultura cinematografica tricolore faccia mediamente di tutto per impedire che il cinema di genere possa anche solo arrancare verso un qualche tipo di futuro. Concediamogli un giusto plauso, meritata stima e benedizioni, perché, in uno scenario così delicato, come quello nostrano, riconoscimenti e incoraggiamenti sono fondamentali.
Bisogna però non cadere in facili tranelli critici, che porterebbero inevitabilmente a parlare bene di un film horror italiano solo per il fatto di essere, appunto, un film horror italiano. E quindi, pur sapendo alla perfezione che, in queste occasioni, nel criticare un simile prodotto è fin troppo facile ricevere repliche del tipo “e allora fallo tu un horror in Italia”, una certa, spigolosa obiettività mi impone di dire che Il bosco fuori è un film incerto, piacevolmente derivativo, sì, ma che avrebbe necessitato di molte, molte attenzioni in più anche solo per raggiungere una rosicata sufficienza.
Siamo dalle parti di un Non aprite quella porta o Le colline hanno gli occhi de noatri, con una famiglia di mostri cannibali che miete vittime su vittime per gustarsi cenette a base di gambe, braccia e carne cruda. Niente di male a riprendere in mano canovacci vecchi di quarant’anni ma che possono sempre offrire varianti interessanti, soprattutto dal punto di vista emoglobinico, ma ne Il bosco fuori ci sono, da un lato, tanti, troppi elementi poco riusciti, e, dall’altro, quelli interessanti vengono trattati in maniera alquanto deludente e vanno a finire per minare l’intera pellicola.
Perché il film di Gabriele Albanesi avrebbe molte cose da dire. A partire dal massacro iniziale in un prologo ferocemente efficace, passando per una riuscitissima struttura narrativa vagamente non lineare e per uno strano, insolito rapporto che lega Rino e Aurora, distanziandoli molto dai classici eroi, e finendo con quello che avrebbe potuto essere il fiore all’occhiello della pellicola, il trio di teppisti stupratori, veri protagonisti de Il bosco fuori.
Si capisce il sottotesto simbolico voluto da Albanesi, dove non c’è mai fine alla cattiveria e forse l’uomo è peggiore del mostro anche se in fondo c’è sempre tempo per redimersi, ma con un terzetto di personaggi così simpatici come Cesare, Ginger e Diego, tra l’altro gli unici ottimamente interpretati, che in più di un’occasione fanno sorridere per complicità caratteriali e siparietti comici, dipingerli come volgari, spietati violentatori appare addirittura insensato. E pertanto ci troviamo con questo trio di personaggi dal potenziale elevatissimo, che avrebbero potuto trascinare il film, e che invece rimangono intrappolati in personalità contraddittorie.
Di certo l’ambiguità è una caratteristica costante de Il bosco fuori, dato che ogni personaggio sembra mostrare interessanti lati oscuri, dal prevedibile segreto sanguinario del padre di famiglia a una più sottile meschinità di Aurora, ma dialoghi mediamente abominevoli, mostruosità deformi a tratti ridicole e interpretazioni al limite del risibile fanno naufragare ciò che di buono offre il film.
Restano quindi moltissime, prolungate, low budget scene splatter, realizzate in maniera altalenante dal guru degli effetti speciali Sergio Stivaletti, gradevoli ma in fondo fine a sé stesse se Il bosco fuori, pur volendo mostrare qualcosa di nuovo, fallisce amaramente e si ritrova alla fine a puntare tutto su sangue e budella.
Un appunto finale per la colonna sonora, che apre il film in maniera disastrosa ma cresce a poco a poco, sfornando addirittura, nella parte conclusiva, un paio di bellissimi, drammatici pezzi a metà tra l’ambient e l’elettronica più spinta.
Con molti assi nella manica per ritagliarsi un giusto spazio in un certo sottogenere orrorifico, Il bosco fuori è invece pellicola grossolana e limitata. Ci si aggrappa quindi a quegli interessanti spiragli narrativi, sperando che Gabriele Albanesi abbia possibilità e occasioni per sfruttarli nei suoi lavori futuri.
Regia: Gabriele Albanesi
Sceneggiatura: Gabriele Albanesi
Rino e Aurora si sono lasciati da poco, ma lui è disperato e crede ancora di recuperare il loro rapporto. Riesce così a convincere la ragazza ad ascoltarlo almeno un’ultima volta, e, in macchina, appartati in una strada poco frequentata, i due ex-fidanzati finiscono per fare l’amore. Proprio in quel momento, però, sopraggiunge l’auto guidata da tre stupidi delinquenti, tre violenti maniaci che picchiano Rino e cercano di violentare Aurora. Se non fosse per il tempestivo, insperato intervento di un passante, per Aurora si sarebbe messa molto male. Ma quando, a casa del suo salvatore, conosce la strana famiglia che vive in questa villa al limitare del bosco, si rende conto di essere finita in un incubo ben peggiore.
Rendiamo onore a Gabriele Albanesi per tentare la strada dell’horror, nonostante la cultura cinematografica tricolore faccia mediamente di tutto per impedire che il cinema di genere possa anche solo arrancare verso un qualche tipo di futuro. Concediamogli un giusto plauso, meritata stima e benedizioni, perché, in uno scenario così delicato, come quello nostrano, riconoscimenti e incoraggiamenti sono fondamentali.
Bisogna però non cadere in facili tranelli critici, che porterebbero inevitabilmente a parlare bene di un film horror italiano solo per il fatto di essere, appunto, un film horror italiano. E quindi, pur sapendo alla perfezione che, in queste occasioni, nel criticare un simile prodotto è fin troppo facile ricevere repliche del tipo “e allora fallo tu un horror in Italia”, una certa, spigolosa obiettività mi impone di dire che Il bosco fuori è un film incerto, piacevolmente derivativo, sì, ma che avrebbe necessitato di molte, molte attenzioni in più anche solo per raggiungere una rosicata sufficienza.
Siamo dalle parti di un Non aprite quella porta o Le colline hanno gli occhi de noatri, con una famiglia di mostri cannibali che miete vittime su vittime per gustarsi cenette a base di gambe, braccia e carne cruda. Niente di male a riprendere in mano canovacci vecchi di quarant’anni ma che possono sempre offrire varianti interessanti, soprattutto dal punto di vista emoglobinico, ma ne Il bosco fuori ci sono, da un lato, tanti, troppi elementi poco riusciti, e, dall’altro, quelli interessanti vengono trattati in maniera alquanto deludente e vanno a finire per minare l’intera pellicola.
Perché il film di Gabriele Albanesi avrebbe molte cose da dire. A partire dal massacro iniziale in un prologo ferocemente efficace, passando per una riuscitissima struttura narrativa vagamente non lineare e per uno strano, insolito rapporto che lega Rino e Aurora, distanziandoli molto dai classici eroi, e finendo con quello che avrebbe potuto essere il fiore all’occhiello della pellicola, il trio di teppisti stupratori, veri protagonisti de Il bosco fuori.
Si capisce il sottotesto simbolico voluto da Albanesi, dove non c’è mai fine alla cattiveria e forse l’uomo è peggiore del mostro anche se in fondo c’è sempre tempo per redimersi, ma con un terzetto di personaggi così simpatici come Cesare, Ginger e Diego, tra l’altro gli unici ottimamente interpretati, che in più di un’occasione fanno sorridere per complicità caratteriali e siparietti comici, dipingerli come volgari, spietati violentatori appare addirittura insensato. E pertanto ci troviamo con questo trio di personaggi dal potenziale elevatissimo, che avrebbero potuto trascinare il film, e che invece rimangono intrappolati in personalità contraddittorie.
Di certo l’ambiguità è una caratteristica costante de Il bosco fuori, dato che ogni personaggio sembra mostrare interessanti lati oscuri, dal prevedibile segreto sanguinario del padre di famiglia a una più sottile meschinità di Aurora, ma dialoghi mediamente abominevoli, mostruosità deformi a tratti ridicole e interpretazioni al limite del risibile fanno naufragare ciò che di buono offre il film.
Restano quindi moltissime, prolungate, low budget scene splatter, realizzate in maniera altalenante dal guru degli effetti speciali Sergio Stivaletti, gradevoli ma in fondo fine a sé stesse se Il bosco fuori, pur volendo mostrare qualcosa di nuovo, fallisce amaramente e si ritrova alla fine a puntare tutto su sangue e budella.
Un appunto finale per la colonna sonora, che apre il film in maniera disastrosa ma cresce a poco a poco, sfornando addirittura, nella parte conclusiva, un paio di bellissimi, drammatici pezzi a metà tra l’ambient e l’elettronica più spinta.
Con molti assi nella manica per ritagliarsi un giusto spazio in un certo sottogenere orrorifico, Il bosco fuori è invece pellicola grossolana e limitata. Ci si aggrappa quindi a quegli interessanti spiragli narrativi, sperando che Gabriele Albanesi abbia possibilità e occasioni per sfruttarli nei suoi lavori futuri.
Bella recensione, che condivido largamente :)
RispondiEliminaTencs. :)
RispondiEliminaNon sono d'accordo, è un film invece importante per la rinascita dell'horror in Italia, superiore non solo a film dal budget analogo (come "Torturer" di Bava, veramente osceno, o come "La notte del mio primo amore" che sono infatti scomparsi nel dimenticatoio) ma è superiore anche a film 1000 volte più ricchi (come "Imago mortis" o "Smile"). A mio avviso è un ottimo splatter che ha lasciato il segno -- nick
RispondiEliminaVisto mesi fa e dimenticato immediatamente. Non me ne frega niente che sia italiano. Per me si tratta di un prodotto scarsissimo, quasi amatoriale nella realizzazione e inefficace nei contenuti.
RispondiEliminaPoi gusti sono gusti. Andy
@ Nick: non credo si possa ancora parlare di rinascita dell'horror italiano, ci sono troppi pochi film annacquati negli anni e troppa poca qualità. Magari aspettiamo Shadow e vediamo l'accoglienza di critica e pubblico, anche d'oltreoceano. Poi ne riparleremo fra un po'.
RispondiEliminaE Il bosco fuori, sì, è sicuramente migliore degli altri film che citi (Torturer, madonna, è davvero inguardabile), ma pur con i tanti aspetti positivi, non basta per farne un buon film.
E penso che Andy riassuma sinteticamente i molti problemi del film.
Semi-amatoriale? Lo era anche "Bad Taste". Gli attori non sono il massimo? Non lo erano neppure nel primo “La Casa” (e cmq la protagonista Daniela Virgilio poi ha fatto la serie di “Romanzo Criminale”, segno che tanto male non era). Non dimentichiamo che "Il Bosco Fuori" è costato 40.000 euro, era il primo film di un regista 28enne sconosciuto e nonostante tutto ciò ha ottenuto distribuzione in America da un certo Sam Raimi. Insomma io dico: giù il cappello. --nick
RispondiEliminaCapisco cosa vuoi dire, e guarda, vorrei davvero cento, mille film come Il bosco fuori che escono al cinema e ci dicono che la scena horror italiana quanto meno c'è.
RispondiEliminaPerò citare Bad Taste e La casa mi sembra eccessivo, su, voglio dire, quanto ingegno c'era, in quei film, quante potenzialità, quante capacità, quanta originalità... :)
Fermo restando che su film del genere tendiamo (noi "patiti del genere") ad essere poco obiettivi, e partendo dalla constatazione che il budget limitato diventa per molti quasi motivo di culto a prescindere, io credo che "Il bosco fuori" sia un lavoro assolutamente di livello. È importante contestualizzarlo nel modo giusto, pero', più come horror primordiale e grezzo tipo il primo Raimi o Craven - come detto da qualcuno sopra - e non sull'horror più diffuso oggi alla Saw, per capirci. Non esente da difetti, per carità, ma il tutto è giocato su un'efficace variazione sul tema, almeno a mio parere, decisamente godibile.
RispondiEliminaC'è da aggiungere che è diventato talmente insolito vedere horror nel nostro paese oggigiorno che, se ci fate caso, vengono un po' pregiudizialmente stroncati quasi tutti proprio perchè sono italiani (penso a Boni/Ristori, Zampaglione, Zuccon e compagnia che qualcosa di buono hanno fatto...).
Ciao Salvatore, e grazie per il commento. :)
EliminaGuarda, concordo con alcune cose che dici, non credo infatti che Il bosco fuori sia così tremendo, di certo è poco equilibrato, incerto e scritto male, ma ha idee discrete, soprattutto nella seconda parte. Per il resto, è vero, il pregiudizio nei confronti dell'horror italiano c'è, eccome, ma bisognerebbe anche essere sinceri, a volte, e dire che certi prodotti sono veramente di scarsa qualità, vedi Eaterse e Morituris, tanto per dirne due... :)