di Francesco Verso
Collana Urania, Mondadori, 2009
304 pagine
4,20 Euro
Russia, futuro prossimo. Gli e-Doll sono androidi fisicamente identici agli esseri umani, e vengono usati da quest’ultimi come strumento carnale, per soddisfare ogni desiderio sessuale più recondito e inconfessabile, dalla semplice penetrazione fino a torture estreme e addirittura uccisioni.
Qui, l’agente Gankin è incaricato di risolvere l’enigma circa l’uccisione di un e-Doll, evento davvero singolare e preoccupante. E mentre lui indaga, Angel, tra gli e-Doll più rinomati e richiesti, fa amicizia con la giovane Maya, perversa ninfomane che farebbe di tutto pur di essere ella stessa una macchina del sesso.
Chiacchierato vincitore del Premio Urania 2008, e mira di non poche sfrecciatine web, e-Doll è romanzo rischiosamente ambizioso per il suo macchiarsi le mani di fluidi corporei/sintetici e di indottrinamenti spirituali/filosofici con evidente – anche se non sempre attenta – perizia, ma che non riesce mai a centrare bersagli diversi da eccessiva verbosità, pesante monotonia e macchinosità stilistica.
Se lo spunto iniziale potrebbe attrarre poco o nulla a causa di una carenza di originalità (gli e-Doll che soddisfano le fantasie carnali dell’uomo, la scena iniziale del delitto, l’agente assuefatto dalla droga chiamata sesso…), è bene evidenziare come la crescita dell’intreccio, pur nella sua inesauribile lentezza e banalità, finale orribilmente buonista compreso, sia anche di gradevole impatto, vuoi per i numerosi accenni storici, vuoi per le sterzate filosofiche, vuoi soprattutto per certi vizi erotici esposti con insistente meticolosità.
Ma è nella struttura stessa del romanzo che risiede un’incognita difficilmente tollerabile, un problema che nasce a causa di una costruzione narrativa da una parte affascinante (frasi spesso lunghissime, spezzate da molteplici incisi; uso lessicale insolito e variopinto) e dall’altra esageratamente monolitica, difetto che bastona SEMPRE le più che buone intuizioni linguistiche.
Parlo di uno smisurato infodump, discutibilmente travestito dai pensieri e riflessioni di ogni protagonista, che doveva essere silurato, disintegrato, annichilito in una fase di editing che in realtà è stata eseguita solo in maniera minima, come se e-Doll, mammasantissima, già rasentasse la perfezione. La colossale laboriosità del romanzo di Francesco Verso affiora così in interminabili monologhi interiori in cui le tre principali menti pensanti riflettono nella stessa identica maniera, spezzando di continuo l’azione, a volte anche in maniera piuttosto irritante data la propensione narrativa di ripetere fin troppo certi concetti, come se fosse necessario spiegare, spiegare, spiegare ogni singolo passaggio.
A ciò si deve aggiungere una punteggiatura spaventosamente traballante, una sequenza di virgole disseminate senza troppo rigore logico (addirittura tra soggetto e predicato!) che rendono impossibile una lettura felice e serena.
e-Doll non è propriamente lettura sconsigliata, perché un certo fascino che traspare da questa storia che oscilla con curiosità tra eros e sci-fi è indubbio, ma la contorta e lentissima esposizione, tutt’altro che motivata, è ostacolo spesso insormontabile che, data – si presume – l’importanza del premio vinto, non doveva essere presente. Se avete del coraggio e tanta pazienza conservati da qualche parte, potreste anche farci un pensierino piccolo piccolo, ma il rischio di accantonarlo dopo poche pagine è un'eventualità da prendere in considerazione.
Collana Urania, Mondadori, 2009
304 pagine
4,20 Euro
Russia, futuro prossimo. Gli e-Doll sono androidi fisicamente identici agli esseri umani, e vengono usati da quest’ultimi come strumento carnale, per soddisfare ogni desiderio sessuale più recondito e inconfessabile, dalla semplice penetrazione fino a torture estreme e addirittura uccisioni.
Qui, l’agente Gankin è incaricato di risolvere l’enigma circa l’uccisione di un e-Doll, evento davvero singolare e preoccupante. E mentre lui indaga, Angel, tra gli e-Doll più rinomati e richiesti, fa amicizia con la giovane Maya, perversa ninfomane che farebbe di tutto pur di essere ella stessa una macchina del sesso.
Chiacchierato vincitore del Premio Urania 2008, e mira di non poche sfrecciatine web, e-Doll è romanzo rischiosamente ambizioso per il suo macchiarsi le mani di fluidi corporei/sintetici e di indottrinamenti spirituali/filosofici con evidente – anche se non sempre attenta – perizia, ma che non riesce mai a centrare bersagli diversi da eccessiva verbosità, pesante monotonia e macchinosità stilistica.
Se lo spunto iniziale potrebbe attrarre poco o nulla a causa di una carenza di originalità (gli e-Doll che soddisfano le fantasie carnali dell’uomo, la scena iniziale del delitto, l’agente assuefatto dalla droga chiamata sesso…), è bene evidenziare come la crescita dell’intreccio, pur nella sua inesauribile lentezza e banalità, finale orribilmente buonista compreso, sia anche di gradevole impatto, vuoi per i numerosi accenni storici, vuoi per le sterzate filosofiche, vuoi soprattutto per certi vizi erotici esposti con insistente meticolosità.
Ma è nella struttura stessa del romanzo che risiede un’incognita difficilmente tollerabile, un problema che nasce a causa di una costruzione narrativa da una parte affascinante (frasi spesso lunghissime, spezzate da molteplici incisi; uso lessicale insolito e variopinto) e dall’altra esageratamente monolitica, difetto che bastona SEMPRE le più che buone intuizioni linguistiche.
Parlo di uno smisurato infodump, discutibilmente travestito dai pensieri e riflessioni di ogni protagonista, che doveva essere silurato, disintegrato, annichilito in una fase di editing che in realtà è stata eseguita solo in maniera minima, come se e-Doll, mammasantissima, già rasentasse la perfezione. La colossale laboriosità del romanzo di Francesco Verso affiora così in interminabili monologhi interiori in cui le tre principali menti pensanti riflettono nella stessa identica maniera, spezzando di continuo l’azione, a volte anche in maniera piuttosto irritante data la propensione narrativa di ripetere fin troppo certi concetti, come se fosse necessario spiegare, spiegare, spiegare ogni singolo passaggio.
A ciò si deve aggiungere una punteggiatura spaventosamente traballante, una sequenza di virgole disseminate senza troppo rigore logico (addirittura tra soggetto e predicato!) che rendono impossibile una lettura felice e serena.
e-Doll non è propriamente lettura sconsigliata, perché un certo fascino che traspare da questa storia che oscilla con curiosità tra eros e sci-fi è indubbio, ma la contorta e lentissima esposizione, tutt’altro che motivata, è ostacolo spesso insormontabile che, data – si presume – l’importanza del premio vinto, non doveva essere presente. Se avete del coraggio e tanta pazienza conservati da qualche parte, potreste anche farci un pensierino piccolo piccolo, ma il rischio di accantonarlo dopo poche pagine è un'eventualità da prendere in considerazione.
Ma secondo te:
RispondiEliminae' chiaro che in questo romanzo l'autore ha voluto fare qualcosa di piu' che semplice intrattenimento (cosa che invece aveva fatto il vincitore dell'anno passato)
nel fare questo, correva il rischio di scrivere un lavoro didascalico
secondo te, ne valeva la pena (in questo caso, intendo)? o sarebbe stato meglio se (pur con la stessa identica trama) avesse realizzato un romanzo senza troppe riflessioni esplicite?
da quello che hai scritto, la risposta sembrerebbe no
Più che altro non era questo il modo per dare così tante riflessioni/spiegazioni al lettore.
RispondiEliminaPerché i temi trattati, e questo rapporto sesso/filosofia, sono molto affascinanti, ma è impossibile sopravvivere a un infodump spaventoso, che non fa mai avanzare la trama.
e-Doll non doveva per forza essere un lavoro d'intrattenimento, assolutamente, ma un maggior equilibrio tra "azione" e stasi riflessiva gli avrebbe fatto guadagnare molti più punti.
@ Simone Corà
RispondiEliminaPiù che altro, leggendo il tuo commento, mi sembra che il punto debole di questo, come di tanti altri romanzi, sia ormai l'editing che viene sempre più lasciato all'autore, non so se per una forma distorta di rispetto per il lavoro altrui o per semplice noia.
Tu sei riuscito a finirlo?
Ero proprio alla ricerca di qualcosa di recente e scorrevole, non da puro intrattenimento, dopo una serie di letture toste come forma. Leggendo la recensione pare che debba passare oltre...
RispondiEliminaTi dirò, pur se la cosa non mi sento di affrontarla al momento, mi hai messo curiosità; vorrei testare questo modus operandi.
Io l'ho abbandonato più o meno a metà.
RispondiEliminaMonolitico è la parola giusta per definirlo.
Non faccio colpe all'autore, che è anche animato da ottime intenzioni e da qualche pregevole spunto.
Purtroppo però questo e-doll sarebbe tollerabile se si trattasse di un e-book (scusa il gioco di parole) di un esordiente.
Ma... Premio Urania?
Boh.
Se forse un correttore avesse svolto un editing deciso il risultato sarebbe ben diverso.
Anche se, mi duole dirlo, l'idea di base è piuttosto abusata.
Magari un domani lo riprenderò in mano. Per ora posso solo dire che mi aspettavo molto di più.
Più che monolitico direi monolithium o nonnolitico...
RispondiElimina@ elgraeco: sì, certo, l'ho finito. Con grande difficoltà, dopo una partenza che tutto sommato mi era molto piaciuta.
RispondiEliminaCmq voi che non l'avete finito mica vi perdete gnente, eh, visto che la conclusione è emoghei da morire, dove tutti si redimono e diventano buoni e oh quante cosacce che abbiamo fatto mai più mai più lo giuro.
Peccato: spunti ce ne sono molti, e lo stile, sotto quella coltre di infodump, è molto affascinante.
Lo finito anche io da pochi giorni e stavo per fare la mia prima recensione... per fortuna mi hai anticipato, buon Silente, che non son buono a far sifatte cose.
RispondiEliminaComunque ti quoto al cento per cento.
Anche a me all'inizio aveva entusiasmato, nonostante un inizio già visto, lo stile era molto originale e prometteva. Purtroppo quando a pag.100 ho visto che la trama non si muoveva di un millimetro e l'autore continuava a masturbarsi con ogni parola che scriveva e con il suo stesso stile ho perso tutto l'entusiasmo e, guardando le pagine che mi mancavano alla fine, ho cominciato a preoccuparmi.
Se dovessi dare un voto, per un tentativo comunque di osare in uno stile e argomento originale (un sesso estremo, condita con insalata filosofica) e un storia però povera e poco stimolante, mi sento di arrivare fino al 5/6.
Io non lo leggerò mai nemmeno se me lo regalate o mi costringete a comprarlo per mille euri
RispondiEliminasoprattutto dopo che ho letto "the model" di Bloch scritto millanta anni fa che di sicuro è più meglio di queste e-doll che fanno i budini magnetici e hanno il tettume 2.0.
:)
@elgraeco:
RispondiEliminaper quello che riguarda la punteggiatura non c'e' dubbio; per quello che riguarda le riflessioni, considerazioni, infodumpazioni, ecc. non vedo come l'editing avrebbe potuto fare qualcosa senza accorciare il romanzo al punto da non rientrare piu' nei parametri di Urania
sul blog dell'iguana l'editor ha detto che c'era anche un problema di tempo, e in effetti se il vincitore viene comunicato a fine luglio e il romanzo esce a novembre, in mezzo non c'e' tanto
E allora via libera alla pubblicazione di prodotti scadenti... "Non c'è tempo" è una scusa che non tiene, non tiene proprio, non esiste, davvero.
RispondiEliminaE comunque, Gelo, te lo presto e anzi te lo leggo tutto a voce alta, vedrai vedrai che piacere... :P
@ sgerwk
RispondiEliminaIo apprezzo le riflessioni e gli stili complessi, al limite anche ostici, ma è questione di gusti, ovviamente.
Il romanzo non l'ho letto, ma ho letto diverse recensioni, tutte più o meno negative.
Mi riferivo al discorso sull'editing in generale e alle osservazioni fatte da Simone nell'articolo.
Non lo so se l'editing avrebbe potuto o dovuto fare qualcosa in questo caso. Anche la fretta è inconcepibile in un lavoro di questo tipo.
Sì, certamente il correttore non può riscrivere il romanzo, ma quando si accorge che ci sono, ad esempio, delle ripetizioni insistenti, che gli costa telefonare e discuterne con l'autore per tentare di limare? E' nell'interesse di tutti che il romanzo abbia il miglior aspetto possibile...
Ma forse il mio concetto di editoria è fin troppo idealista e non corrisponde alla realtà.
@Silente:
RispondiEliminano, certo che non e' una scusa (non intendevo dire questo); e' una spiegazione di come sia potuto succedere
@elgraeco:
mi sono fatto la stessa domanda: pero' sicuramente non era una cosa possibile nei tempi che hanno detto (che poi, appunto, non e' una scusa...)
@Silente:
RispondiEliminain realta', e' stato l'editor a dire questa cosa del mese; dal suo punto di vista, e' una giustificazione ragionevole
non lo sarebbe dal punto di vista della collana o dell'editore
PS.
lunedi' ti scrivo per quella proposta che ti avevo fatto su malpertuis
L'editing avrebbe potuto fare molto, perché avrebbe snellito la mole di informazioni e l'avrebbe magari rigirata, pensata e scritta in maniera più accattivante (leggi: evitare di spiegare ogni singolo dialogo).
RispondiEliminaVolendo, si possono fare mille e più cose, ma se si comincia con l'idea di non avere tempo, allora non si andrà da nessuna parte.
Terrificante, comunque, davvero terrificante.
@ sgerwk: okay!
Mi permetto di inserirmi nella discussione a proposito dell'editing: fino a che punto ha senso un lavoro di pesante correzione? Se il lavoro merita una pesante correzione, che da alcuni è stata palesata addirittura come una cassazione di parti del romanzo, allora, secondo me, vuol dire che il romanzo non è pronto per la pubblicazione e non merita il premio. Non credo che si possa dare un premio - con pubblicazione - "sulla fiducia" che un giorno l'autore imparerà a scrivere meglio. Se il premio è stato dato è perché quello e non uno corretto, era il romanzo che lo ha meritato, indipendentemente da quelli che sono i gusti personali di ognuno. L'editing, semmai, su sintassi e grammatica, questo sì. Ma anche qui, senza stravolgere l'"ordine costituito" dello stile dell'autore, che, altrimenti, si torna a pubblicare qualcosa che l'autore non ha scritto: sì, punteggiatura, no taglio-modifica della frase in sé.
RispondiEliminaAltrimenti facciamo che pubblicare un concorso di "idee e canovacci di fantascienza", che poi ci pensa l'editor...
Andrea
Ciao Andrea e grazie per il commento. :)
RispondiEliminaQuello che dici tu, riguardo alla correzione di sintassi e grammatica, non è però editing, bensì correzione di bozze, ovvero una pulitura finale del testo, per limare le ultimisse imperfezioni, quando il testo è ormai pronto per la pubblicazione.
Con l'editing invece si interviene sul testo vero e proprio, ma attenzione, l'editing non impone, l'editing non stravolge, l'editing suggerisce, sta poi ad autore ed editor, lavorando insieme, trovare la strada migliore.
Chiaro che l'editor non deve modificare lo stile dell'autore, se in questo caso lo stile di Verso è lento, riflessivo, complesso, ben venga, a me piace un certo tipo di macchinosità, ma se è così pensate, o troppo poco fruibile, l'editor propone alleggerimenti, propone vie alternative, simili, non diverse.
Che questo romanzo abbia poi vinto il Premio Urania, è un altro discorso, resta però il fatto che anche un buon testo può essere sistemato, anzi deve sempre esserlo, da un lavoro di editing anche massiccio, proprio per raggiungere una perfezione finale magari soltanto sfiorata dall'autore.
Altrimenti si entra in territori paradossali: se Pippino Panozzino ha idee valide ma stile sgraziato o esposizione incerta e confusionaria, deve sempre rimanere tale perché l'editing non può intervenire sulla struttura di ciò che scrive? Non può migliorare il povero Pippino Panozzino? :)
Grazie Simone,ho capito, almeno credo. In effetti un lavoro di editing come lo hai prospettato tu è sempre necessario, sono d'accordo. Ho provato, a volte, a scrivere qualcosa di più lungo di una pagina e mi sono sempre reso conto che avrei avuto bisogno proprio di un occhio esterno in grado di aiutarmi a migliorare il testo e renderlo più fruibile, meno macchinoso, più scorrevole (mi sa che ho lo stesso problema del premio Urania 2009...:-) ). Rimango dubbioso sul rapporto fra questo passaggio di editing, necessario ed importante, e un premio letterario che, a mio parere, dovrebbe rivolgersi ad "prodotto" ( sì, il termine è orribile, scusate) che è già maturo e merita il premio proprio per questo. Mi rendo anche conto che, però, potrebbe essere anche solo una questione di prospettive e ti ringrazio per avermi aiutato ad iniziare a cambiare la mia.
RispondiEliminaAndrea
De nada. :)
RispondiEliminaQuello che dici poi sui concorsi, sì, è sacrosanto, e c'è poco altro da aggiungere.
Le perfezione è cosa di pochi, certo, ma un romanzo che vince una selezione dev'essere già di suo molto, molto buono.