di Neil Gaiman
Oscar Mondadori, 2009 (Prima edizione Mondadori 2007)
222 pagine
9 euro
Credo che, a volte, certi scrittori non diano troppa importanza a quello che scrivono. Vuoi per sfruttare qualche buco, vuoi per cercare un momento di minor tensione e stress mentale, ci sono storie che nascono per non essere lette, perché superficiali, svogliate, semplicemente scritte male, e quegli scrittori possono essere dèi della narrativa, ma c’è poco da fare, perché il succo non cambia.
Credo anche che, e questa volta sempre, i racconti giovanili certi scrittori dovrebbero rinchiuderli nei cassetti, con catene e lucchetti, in modo tale che nessuno, nessuno, possa scoprire che, in fondo, anche loro una volta erano acerbi, amatoriali, esordienti.
Il cimitero senza lapidi e altre storie nere è un’antologia piuttosto moscia, con solo tre pezzi su dieci (più composizione poetica) di lettura soddisfacente. Pochino, davvero, per Neil Gaiman, da sempre abile narratore del fantastico. Un Neil Gaiman che si può riconoscere nel triste e delizioso Il ponte del troll, nel veloce horror Il prezzo e nel fantascientifico Come parlare alle ragazze nelle feste, racconti che, pur appartenendo a generi diversi, mostrano quello stile delicato che sfiora, accarezza il lettore, e inesorabilmene lo strega.
Non che negli altri brani non si noti il suo tocco, perché nei racconti fantasy si rimane sì affascinati dalla grande immaginazione ma, a conti fatti, tramortiti dalla pochezza con cui vengono costruiti, e ne Il cimitero senza lapidi è difficile, contorto, complicato seguire l’evolversi della storia a causa di troppi eventi racchiusi in troppe poche pagine (non è troppo complesso capire quindi quale sia il motivo che ha spinto l’autore inglese a trasformare questo racconto in un romanzo, da poco uscito nelle librerie italiane).
Rimangono poi Cavalleria e Il caso dei ventiquattro merli, un fantastico cortese e tenero e un fantasy-noir, ma soffrono entrambi di mancanza di mordente, di una superficialità e leggerezza che scorrono via senza lasciare alcunché.
Ed è proprio l’assenza di emozioni ciò che rimane una volta terminata la lettura di questa breve e trascurabile antologia. Traspirano invece sensazioni di disinteresse e velocità, faciloneria e genericità, elementi a cui Neil Gaiman non ci ha mai abituato. Il cimitero senza lapidi e altre storie nere è poco più di una raccolta di compitini, tra l’altro neanche tanto belli. Se potete, lasciate perdere.
Home »
Antologie
,
Libri
,
Libri horror
,
Neil Gaiman
,
Recensioni
» Il cimitero senza lapidi e altre storie nere
Cavolo, lapidario (ehehe... che doppio senso!)
RispondiEliminaA me la raccolta era molto piaciuta, sicuramente discontinua (ma quale raccolta non lo è) e apprezzavo quel tocco da racconto ai confini della realtà vecchio stile.
Insomma cioè mi critichi Gaiman, ti tolgo dalla lista degli amici ecco... ti meriti Caravan #4...
Ma infatti, guarda, l'unica volta che ho criticato Gaiman è tao per quel mattone di American Gods.
RispondiEliminaPerò sta raccolta è proprio povera povera, e se non fosse per il bellissimo "Il ponte del troll" e per quello delle fanciulle aliene, non avrebbe davvero niente da offrire.
Però no, Caravan #4 no, non sarei mai capace di leggerlo visto che mi sono perso il #3 e, oh, chissà com'era proseguita la, ehm, storia. XD
In American Gods si parla di Fellatio, quindi non me lo toccare.
RispondiEliminaQuesto non lo comprerò, mi sto già salassando con Sandman.
E mi è bastato Coraline (1000volte meglio il film!)
Maledizione, Sandman... io sono indietro di non so quanti numeri...
RispondiEliminaPer innamorarti di Gaiman bastano comunque Nessun dove e I figli di Anansi. In questi due romanzi è sublime.
Però American Gods, madò, ci ho messo un sacco a finirlo, ché è prolisso da morire...
I figli di Anansi è bellissimo, secondo me.
RispondiEliminami toccherà pure leggere sto cazzo di Gaimano, sennò come faccio a criticizzarti i post futuri che scriverai su di lui!
RispondiEliminaE sarebbe anche ora! :)
RispondiEliminaLibro inutile. Ma davvero inutile.
RispondiEliminaIan
Gusti strani ;)
RispondiEliminaIo ho adorato American Gods e pure il raccontino che gli fa da seguito in Fragile Things.
Invece ho apprezzato di meno I figli di Anansi e Nessun dove, per quanto comunque.
Sandman ho resistito credo una decina di numeri (intesi come numeri della nuova edizione PDA) poi diventava troppo lirico e complicato per un buzzurro come me, e ho smesso.
Devo dire che Sandman anche per me è un pochino ostico, e non riesco a vederci quel popò di apprezzamenti universali che si è guadagnato.
RispondiEliminaPerò io ero arrivato al #9.