USA, 2005, colore, 104 minuti
Regia: Andrzej Bartkowiak
Sceneggiatura: Dave Callaham, Wesley Strick
L’Arca è un passaggio dimensionale, costruito da entità aliene in un lontano passato, che funge da collegamento tra Terra e Marte. Sul Pianeta Rosso, un equipe di scienziati sta lavorando su un progetto misterioso, legato a quell’antica civiltà scomparsa improvvisamente. Ma qualcosa va storto, e la base scientifica viene attaccata da creature affamate di carne umana.
Viene così allertata un truppa scelta dei marines, comandata da Sarge, che vola subito su Marte per risolvere il problema.
In una dimensione cinematografica in cui registi e sceneggiatori scimmiottano certe solidità narrative di tanti videogiochi creando pastrocchi derivativi e ingenui, e in un’area videloudica dove certi script appaiono sempre più affascinanti e coinvolgenti di quanto invece offre il cinema, fa in qualche modo piacere che una delle migliori trasposizioni cinematografiche di un videogame goda di una trama semplice ma piuttosto efficace, quando il gioco originale la lasciava grossomodo in disparte per puntare tutte le fiches nell’azione selvaggia e irrefrenabile.
Pur con tonnellate di difetti e una resa complessiva bene o male mediocre, Doom appare infatti come una pellicola riuscita, divertente e adrenalinica, che tutto deve agli insegnamenti che James Cameron elargiva più di vent’anni fa con l’immortale Aliens, ma tenuta ben salda dalle redini di un Andrzej Bartkowiak spigliato e in forma.
Siamo quindi alle prese con soldati dalla battuta facile, sparatorie, armi gigantesche e mostri di ogni tipo, e piace l’impostazione generale di un film snello e agevole, costruito (inaspettatamente bene) su un soggetto che ha sì pochi punti cardine, ma che vengono spremuti con cura.
Dave Callaham e Wesley Strick non saranno abili narratori, e lo si può notare sin da subito a causa di una serie di personaggi forzati, caratterizzati in maniera tanto esagerata da non aver mai l’impressione che siano veramente soldati o scienziati (Pinky su tutti), per non parlare di certi dialoghi assurdamente comici, ma riescono comunque a svolgere un lavoro più che decente nel delineare i vari capitoli che strutturano l’intreccio.
Ogni informazione, ogni gesto, ogni aspetto torna infatti nel visionario finale, che Bartkowiak avrebbe potuto sfruttare ricorrendo a una maggiore spettacolarizzazione, ma che piace per la piega insolita che dona al film.
Deludente invece il montaggio, che in più di un’occasione spezza il ritmo e porta troppa confusione a discapito della fluidità. Si respira incertezza, e ciò non è bene per una pellicola rapidissima, che avanza a suon di bordate new e industrial metal.
Aspetto inconsueto e ben accetto è invece il semi-piano sequenza in soggettiva, atto a ricereare l’esperienza videoludica tipica dei first-person-shooter. Per quanto la credibilità precipiti di colpo (mostri e creature varie appaiono in questa sequenza come semplici bersagli di un ipotetico tiro a segno), la sensazione di impugnare il joypad (o meglio, mouse e tastiera, vista la nascita per PC) è vera e plausibile, e in questi dieci minuti scarsi Doom, sotto il mero profilo visivo, si dimostra fantasioso e terribilmente appagante.
Incolore infine la prova di un cast di volti appiccicati a personaggi che non gli spettano, ma piace The Rock per le sue eccessive espressioni facciali e per una certa esuberanza tipica del mondo del wrestling da cui proviene. Poco più che un manichino Karl Urban, dimenticabili tutti gli altri.
Tante lacune e una realizzazione non sempre coerente, ma Doom ha comunque abbastanza verve e fascino ignorante per intrattenere e arpionare lo spettatore. Fossero tutte così, le trasposizioni...
Questo non lo vidi, ma il videogioco lo giocai, ah, se lo giocai!
RispondiEliminaE The Rock, bè che dire. Con quel testone enorme può e deve fare tutto, anche l'Amleto!
Da appassionato di Doom ho visto il film e ho letto diversi romanzi ispirati al videogioco (non solo quello - pessimo - tradotto in italiano).
RispondiEliminaPurtroppo nessuno di questi prodotti, film compreso, riesce a cogliere l'atmosfera fantastica del primissimo gioco della saga. Una delle cose più squisitamente horror mai provate sulla mia pelle...
Io non ho mai giochicchiato al videogame, né a quelli storici né all'ultimo figososissimo terzo episodio.
RispondiEliminaPerò ho letto anch'io la brutta novelization pubblicata negli Urania qualche anno fa.
E insomma, avrei fatto meglio a videogiocare.
Concordo su The Rock. E' un figo, un tamarrone che non si può non amare. :)