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True Blood - Stagione Uno

By Simone Corà | martedì 18 agosto 2009 | 14:26

Creato da: Alan Ball
Serie: 1 (in continuazione)
Episodi: 12
Durata: 60 minuti cad.
Anno: 2008
Produzione: USA

I vampiri esistono e, da qualche anno, nonostante gli ostacoli e le paure, stanno cercando di inserirsi nella società. Per agevolare la loro situazione, è stato inventato il True Blood, sangue sintetico regolarmente venduto nei negozi e nei bar.
Sookie è una giovane cameriera che possiede il dono di leggere nella mente altrui, capacità che però detesta con tutta se stessa. Quando incontra William, un vampiro della zona che, in passato, quand’era uomo, aveva combattutto nella guerra di secessione, se ne invaghisce, ricambiata.

Ma il loro amore è destinato a essere tormentato, perché strani omicidi iniziano a coinvolgerli...

È facile scoraggiarsi leggendo lo spunto generale da cui prende vita True Blood, serie tv creata da Alan Ball e tratta dai romanzi di Charlaine Harris. Quando le parole ‘vampiro’ e ‘storia d’amore’ convinvono nella stessa frase è impossibile non farsi assalire da incubi meyeriani e sciatte riletture romantiche del mito vampirico tanto di moda, ahimé, in questi ultimi anni.
Ma se questa storia d’amore tra un’umana e un vampiro è sì punto cardine della serie, con tutte le smancerie che possono nascere con un simile argomento, è nell’atmosfera sudista, sporca, bizzarra, che si macchia ora di voodoo ora di sesso spinto e demenziale, che True Blood brilla per innovazione e curiosità.

D’altronde, da una produzione targata HBO (dalla cui rete sono nate serie come OZ, I Soprano, Roma e The Wire) era lecito attendersi gran qualità e cura sopraffina, e sebbene True Blood non riesca a seguire le orme delle serie sopraccitate (evidente sin da subito la mancanza di quella costante qualità dialogica e quella complessità psicologica), e presenti certe lacune e/o episodi di quotidina banalità, possiede comunque molte frecce di indiscutibile valore.

La stravagante realtà in cui è calata la vicenda è infatti quanto di più strambo e irriverente sia stato prodotto negli ultimi tempi. Personaggi caratterizzati in maniere variopinte come Jason – vero trascinatore della serie per la sua facilità nel cacciarsi in guai assurdi e seguire qualunque cosa indichi il suo pene – o la madre di Tara, mostrano una storia generale sfaccettata, ricchissima, che non punta solo sulla love story di Sookie e William, ma lascia spazio, e molto, ai loro amici e nemici, tanto da ritrovarsi, sul finale di stagione, con varie sottotrame addirittura slegate tra di loro, e che non necessitano di un soggetto-genitore per stare in piedi.

E si spazia così dalle gag tragicomiche in cui incappa Jason e la troietta di turno che si porta a letto (omicidi, droghe a basa di sangue vampirico, rapimenti di succhiasangue, trip surreali, movimenti cattolici anti-creature della notte) ai deliri mistico-ritualistici di Tara e sua madre, passando per momenti erotici perversamente scurrili e altri di spiccata drammaticità, e accerchiando il tutto con una spruzzata di thriller sulla base di omicidi inspiegabili quanto sanguinosi.
Abbiamo così a che fare con una coralità di generi e idee che possono ricordare il variegato universo di Buffy, privo però del target semi adolescenziale a cui era indirizzata la creatura di Joss Wheadon nelle prime stagioni, che funziona senza troppi intoppi, ma alla quale manca ancora un certo rodaggio per poter girare con fluidità, senza screzi e borbottii.

Nei 12 episodi, infatti, non sono pochi i momenti vuoti, dove la trama non progredisce ma si blocca su questo o quel particolare di dubbia utilità, o si respirano incertezze narrative che portano a esagerazioni potenzialmente ridicole (Sookie e William si lasciano e si rimettono insieme più o meno in ogni puntata) e a un finale brusco, nel quale la risoluzione del mistero, per quanto impensabile, sembra legarsi a stento con quanto raccontato sino a quel momenti.

Piacevole la scelta di Anna Paquin e del suo viso sgraziato nel ruolo di Sookie: niente dark-lady e sguardi seducenti e glutei in latex, quindi, ma solo un sorriso bruttarello e poco trucco. Meno bene invece Stephen Moyer, nel ruolo di un William eccessivamente statico e imprigionato in cliché vampirici che lasciano il tempo che trova. Ottimo, davvero ottimo, infine, Ryan Kwanter nel ruolo di Jason, figura davvero insolita e imprevedibile.

Gonfiato, sicuramente troppo, dall’hipe vampirico degli ultimi tempi, True Blood è comunque una serie che cresce di puntata in puntata, e, per certi versi, una ventata d’aria fresca in un universo dai canini appuntiti del quale ormai non se ne può più.
Non fondamentale, ma piuttosto piacevole. Senza contare che ha una delle sigle più belle di tutti i tempi.

5 commenti:

  1. sembra interessante e ultimamente ne sento parlare spesso ... da vedere.. :)

    leparoledipinte.blogspot.com

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  2. La sigla (e relativo filmato) è decisamente notevole.

    La serie deve forse sporcarsi un po' di più, incattivirsi un filo, approfondirsi un attimo. Insomma, ha ampi spazi di miglioramento.

    L'assassino della prima serie era comunque prevedibile (a conti fatti potevano essere solo in due i "papabili" sospetti), speriamo che il "mistero cardine" della seconda serie sia gestito meglio.

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  3. Io invece sono rimasto piacevolmente sorpreso dall'identità dell'assassino, visto che pensavo a una classica situazione in cui sarebbe arrivato un super mostro cazzuto che avrebbe in qualche maniera collegato la prima alla seconda serie.

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  4. il super mostro cazzuto c'è nella seconda serie... però fanno anche piangere la Paquin ecco, bastardi...

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  5. Ma il super mostro cazzuto è la Paquin che piange? :-P

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