2005, Giappone, colore, 122 minuti
Regia: Koji Shiraishi
Sceneggiatura: Koji Shiraishi, Naoyuki Yokota
Kobayashi è un famoso indagatore del soprannaturale, e in tanti anni di carriera ha scritto svariati libri e girato documentari che descrivono e provano l’esistenza di elementi che trascendono la realtà. Scomparso misteriosamente da qualche tempo, ha lasciato come testamento un ultimo video, nel quale analizza l’enigmatica storia di una bambina dotata di straordinari poteri ESP, e del demone Kugutaba, che sembrano in qualche maniera collegati.
Vistoso omaggio al più celebre dei mockumentary, Noroi cita più volte quel The Blair Witch Project che tanta freschezza ha portato nel cinema horror quante sono state le critiche ricevute. Dal ritrovamento iniziale del documentario alla gita traumatica nei boschi, il film di Koji Shiraishi non nasconde la devozione verso il pargoletto di Daniel Myrick ed Eduardo Sanchez, ma gronda comunque di genuini stimoli orrorifici e di continue iniezioni adrenaliniche.
Il finto documentario, che occupa il 98% della pellicola, è composto da incursioni giornalistiche con camera a mano e fiato corto, dove il prode Kobayashi indaga, intervista e raccoglie informazioni sul mistero del demone Kugutaba, e da spezzoni di talk-show, tg e altri programmi che servono come approfondimento all’intreccio.
Le tecniche per creare audience e attrarre il pubblico (zoom, sequenze ripetute, voce del narratore che pone domande curiose) sono abilmente sfruttate e ricalcate, e la sensazione di vedere una testimonianza del reale è sempre viva e credibile.
In questo aiuta anche un’intelligente progressione orrorifica, dosata con destrezza, che esplode all’altezza di una parte finale che sparge sussulti e brividi come solo [REC], in tempi recenti, ha saputo fare.
Il buono script, calibrato con attenzione in modo da seminare indizi nei momenti opportuni, è fondamentale nel costruire l’impalcatura narrativa. Dialoghi veloci, diretti, brevi e immediati, nessun giro di parole o informazioni lasciate tra le righe. Tutto scorre con naturale semplicità e ci si può così lasciar cullare dal costante senso di inquietudine.
La scelta di celare il soprannaturale e farlo vedere soltanto per una brevissima manciata di secondi, poi, è un chiaro esempio di controllo della situazione e di idee chiare e precise. Senza contare che, in questa maniera, l’angoscia è sempre palpabile e l’orrore vero e proprio resta impresso a lungo.
E quindi dispiace che, dopo una millimetrica ricostruzione investigativa, la soluzione dell’enigma venga fornita in una manciata di parole che lascia di stucco per superficialità e apparente svogliatezza. Il minutaggio supera le due ore, e proprio per questo resta incomprensibile una simile scelta.
Delude vagamente anche l’epilogo, dove la credibilità va a farsi benedire a causa dell’uso di una camera a mano inconcepibile e fuori luogo che, strizzando l’occhio al già citato [REC] e a Cloverfield, infrange senza pietà la drammaticità della scena.
Peccato per queste mancanze finali, che frullano il terrore accumulato lungo la pellicola e lo rilasciano sotto forma di frustrazione. Ciò non toglie che l’esperienza Noroi, agevolata tra l’altro da una colonna sonora minimale e per lo più silenziosa, vada provata, per poter affermare quanto la paura trasmessa da questo particolare sottogenere cinematografico sia unica e ineguagliabile.
Oooh! Rivogliamo il Silente incacchiato dei tempi di Watchmen!! Cos'è tutta 'sta buonezza?
RispondiEliminaScherzi a parte, penso di essere l'unica persona sulla terra a non aver ancora visto The Blair Witch Project e, si lo so, mi devo solo vergognare! Perciò non posso esprimere nessun parere/opinione in merito ad entrambi i film...quindi non so che ci sto a fare qui. Beh, allora un saluto. Bella rece!
Niente bontà, dici? Ci lavorerò su. Sarò spregggggevole.
RispondiEliminaE dovrò prestarti il divudì della strega di blair.