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CJ7

By Simone Corà | giovedì 5 febbraio 2009 | 13:23

2008, Hong Kong, colore, 86 minuti
Regia: Stephen Chow
Sceneggiatura: Stephen Chow

Il piccolo Dick Chow e suo padre Ti sono molto poveri: vivono in una catapecchia piena di scarafaggi e non hanno soldi per comprarsi da mangiare. Tutto quello che guadagna il signor Chow in lunghe giornate di duro lavoro, infatti, viene speso per pagare la retta scolastica di suo figlio, che frequenta una scuola privata in modo da poter garantirsi un futuro pregiato.
Una notte, Ti, frugando tra la spazzatura, trova un buffo oggetto cilindrico, che si rivelerà essere un simpatico esserino alieno, che custodisce un misterioso potere.

Atmosfere disneyane e moralmente etiche per il nuovo film di Stephen Chow, che ancora una volta mostra il suo smisurato talento creativo al servizio, però, di una storiella smilza e, sulla carta, poco accattivante. Siamo infatti dalle parti di una commediola familiare, che scommette senza troppo rischio in buoni sentimenti, onesti valori e tentazioni lacrimevoli, ma che dosa con intelligenza un frullato del cinema di Chow. E quindi spazio a siparietti comici indovinati, arti marziali esagerate e, soprattutto, grandi invenzioni registiche che, di fatto, irrobustiscono una struttura di per sé esile, rendendola coinvolgente nonostante la patinatura.

CJ7 è pura goduria visiva.
Il genio visionario di Chow è un continuo stimolo immaginativo, dove si intrecciano affascinanti virtuosismi e incantevoli trovate. Momenti di semplice tradizionalismo, come divertenti baraonde, buffi inseguimenti ed esilaranti combattimenti, vengono così rivisitate dalla mano di Chow, che li trasforma in trascinanti piano sequenza, studiatissimi montaggi e kung-fu matrixiano, il tutto sapientemente condito da una dose abbondante ma non eccessiva di effetti speciali e CG.

Che poi CJ7 si riduca a una gracile vicenda di buoni ideali, dove i bulletti diventano buoni e i datori di lavoro spregevoli in realtà hanno un cuore d’oro, implica una dose di pericolo retorico che, per fortuna, viene evitato da un buona sceneggiatura, capace di giocare con i luoghi comuni e renderli comunque gradevoli.
Su tutto si staglia infatti un sapiente humor, semplice ma irresistibile, che permette di giudicare con il giusto occhio critico quello che, a prima vista, sarebbe facile da bollare negativamente.

Invitabile il pizzico di commozione finale e relativo happy ending, ma CJ7 in fondo piace perché, pur sempre nella sua elementarità, è quanto di meglio si possa chiedere a un genere di per sé limitatissimo. Fattore quindi che mostra come Chow possa rendere interessante vagonate di miele e teneri ammiccamenti (impossibile resistere alla voglia di coccole che sprigiona la piccola creatura aliena). E cosa che, per certi versi, fa riflettere su quanto il talento del regista sia sprecato per il target con cui incornicia i suoi film. Chissà cosa potrebbe combinare se lasciasse perdere quel tono da commedia buonista e si addentrasse in territori non necessariamente seri, ma soltanto più maturi e complessi.

Da gustare rigorosamente in originale: il timore di un doppiaggio osceno come quello di Shaolin Soccer è troppo alto per rischiare di vedere il film in italiano.

2 commenti:

  1. Ora ti svelo una cosa che ti lascerà a bocca aperta (a meno che tu non la sappia già)... Il piccolo Dick.. il protagonista... In realtà è una bambina!!!

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  2. Sì, l'ho letto su imdb! Sono rimasto scioccato anch'io!

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