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Bloodrayne

By Simone Corà | lunedì 6 ottobre 2008 | 13:17

USA/Germania, 2006, colore, 95 minuti
Regia: Uwe Boll
Sceneggiatura: Guinevre Turner
Cast: Gristanna Locken, Michael Madsen, Michael Parè, Ben Kingsley, Michelle Rodriguez, Billy Zane, Udo Kier

Rayne è una damphyr, una creatura metà vampiro e metà umana, in cerca di vendetta per la morte della madre. Nella sua lotta contro il terribile Kagan, signore dei vampiri, si alleerà con Vladimir, a capo di un gruppo di volenterosi ammazzavampiri intenzionati a distruggere la minaccia succhiasangue.

Uwe Boll è una creatura meravigliosa.
La perseveranza con cui trasforma trame nate in territori videoludici in colate di sterco fumante è rara, se non unica, al giorno d’oggi. L’ingenua incapacità filmica che lo contraddistingue l’ha reso in una manciata di anni uno dei filmaker più odiati della storia del cinema, e la finta presunzione e la tamarra arroganza di cui si fa portavoce non hanno fatto altro che rendere ancora più leggendaria la sua figura.
Tutt’altro che abbattuto dalle sconvolgenti reazioni ottenute con House of the Dead e Alone in the Dark, ha magicamente racimolato nuovi fondi e interessi altrui per modellare i poligoni del videogmae made in Majesco sulle curve di Kristanna Locken, e dar vita al suo terzo, indiscusso capolavoro.

Basta davvero poco per far scattare l’applauso, perché altro non si può fare quando uno dei primissimi scambi di battute vede un oscuro individuo dire all’oste, con estrema tranquillità: «Mi dia un calice di assenzio», in totale spregio alla morte che appare come unica motivazione a questo gesto folle.
E sono molti altri i momenti di pura idiozia narrativa, agevolati da una sceneggiatura debolissima, palesemente devota ad action/horror come Underworld, mai in grado di coniugare i momenti di azione con quelli di, ehm, approfondimento psicologico.
Si può ricordare la citazione di un improbabile paese dei balocchi dove «gli uomini giocano tutto il giorno», oppure le continue contraddizione messe sulla bocca di Rayne, senza contare l’orribile evil Ben Kingsley che siede inspiegabilmente per tutto il film sul trono, impersonificando la noia nella sua essenza più pura.

È chiaro che il film si muove con imbarazzo di scena in scena, diretto da una mano di Boll molto più sicura che in passato, ma pur sempre incerta e poco significativa. Il filmaker tedesco non possiede alcun senso del ritmo, sbaglia tutti i tempi (le interminabili riprese aeree... yawn...) e, senza contare un motaggio privo di controllo, si nota subito come la pellicola manchi di vitalità e di brio.

La storia prosegue per voragini, e vengono date per scontate troppe situazioni che fungono da ponte tra uno scontro e l’altro. Basti pensare alla comparsata di Billy Zane, sulla carta indispensabile per la comprensione della, oh, trama, ma rilegata in tre-minuti-tre che non fanno altro che aumentare il senso di repulsione visivo e l’ammirazione per Boll.

Ammirazione, certo, perché il top attillato in pelle che (s)veste la Locken è quanto di più ridicolo possa esistere nel contesto medioeval-horror in cui è calata la storia.
Perché l’inevitabile scena di nudo cerca il disgusto e la rabbiosa frenesia dell’azione, ma inciampa in un’improbabilissima messa in scena (è umanamente impossibile che Rayne e il collega di Vladimir possano fare sesso in quella posizione), che, tra l’altro, mette in mostra abbondantemente le peculiarità della Locken, ma ne censura in modo incomprensibile il popò con un’inquadratura elementarmente stupida.
Perché anche il cast (stellare, per un film di questo calibro) si ritrovata demotivato e in balia degli eventi. Ben Kingsley offre la sua peggiore interpretazione di sempre, con una statuaria fermezza abbellita da un parrucchino sconvolgemente buffo. Madsen e il suo sguardo fiacco e sofferente potranno funzionare con Tarantino, ma con Boll non accade la stessa magia, soprattutto se impugna la spada per la lama e non si taglia mai. E, poppe a parte, fingiamo che la Locken non esista.
La decenza, quanto meno, permette un minimo di interesse nell’apparizione di un sempre ottimo e carismatico Billy Zane (scommetto i pollici che la divertente parte finale del suo monologo l’ha inventata lui di sana piana per sopperire al terremoto narrativo della sua parte)

Si possono salvare la scelta cromatica, davvero apprezzabile nel suo alternarsi di colori caldi e scuri che ragalano bellissime immagini, e l’alto tasso sanguinario, con molte scene splatter di pura goduria emoglobinica.

Per il resto, l’avvertimento è il solito: se si riesce ad apprezzare un certo, ehm, modo di fare cinema, e anzi, si trae piacere dal vedere quella che, a conti fatti, è pura immondizia filmica, allora Bloodrayne apparirà come una meritevolissima pellicola trash. Altrimenti, be’, altrimenti evitate di incappare nella Boll production anche solo per sbaglio.

4 commenti:

  1. ma perché li guardi! mi chiedo io...
    :)

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  2. Perché sono involontariamente divertenti! :-D
    E in compagnia si ride dal primo all'ultimo minuto XD

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  3. Cristo, già ieri all'università continuavo a pensare a quel film e a soffocare le risate, adesso che leggo pure sta recensione culto mi sa che continuerò a farlo, ROTFL!

    Cmq sto film è un capolavoro, pochi cazzi. Ogni film di Boll può essere noiosissimo e lento, ma ha sempre qualcosa che ti rimane impresso per tutta la vita. E come Sanctimony ha quel "mi sono allenato 15 anni per colpire esattamente in quel punto", questo Bloodrayne ha quel "calice di assenzio", il collodiano "paese dove si gioca sempre" e la faccia annoiata di Bingsley che allieteranno le mie giornate grigie per un bel pezzo, MEGAROTFL!

    Non hai citato poi quel "dobbiamo stare attenti sennò verremo eliminati", la più medievaleggiante frase che io abbia mai sentito in un fantasy cappa e spada! XD

    God87

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  4. E' vero, il linguaggio erudito dei buoni! XD

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