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Black Christmas

By Simone Corà | martedì 21 ottobre 2008 | 00:59

USA, 2006, colore, 84 minuti
Regia: Glen Morgan
Sceneggiatura: Glen Morgan

Il giorno di Natale, un maniaco omicida scappa dall’ospedale psichiatro dove è detenuto e ritorna nella sua casa d’infanzia, ora trasformata in una casa famiglia. Sarà un massacro.

Stiamo distruggendo la realtà.
Non c’è più niente che, quanto meno in un certo modo di fare cinema, ancori la messinscena a un minimo di concreta credibilità. E se certe licenze registiche possono tranquillamente essere comprese per motivi di sceneggiatura, di istrionismo visionario o anche solo per un po’ di sana voglia di attenzione (stiamo pur sempre parlando di horror, cristo), la semplice lussuria si sta davvero trasformando in un peccato bigotto che rende l’anima impura e il corpo incline alle percosse.

Basta molto poco per arrabbiarsi con il remake del primo slasher che il cinema ricordi.
La casa famiglia ospita SOLO ED ESCLUSIVAMENTE strafighe da paura, dalle tette enormi e dall’encefalogramma piatto. Tutte, dalla prima all’ultima, compresa quella ritardata (ma non che ci sia chissà quale grado intellettivo, qui dentro, eh) che le altre guardano facendo lo boccacce, hanno visi splendidi, curve formose e un eccesso di presenza scenica che già basta per classificare il lavoro di Glenn Morgan come uno dei più grossi cumuli di letame di tutti i tempi.

La pellicola è infestata di personaggi, tanti, tantissimi (oltre alle sette ragazze c’è la loro mentore, una sorella e un fidanzato, senza nulla togliere alle evil faces che portano morte e scompiglio) senza un briciolo di spessore psicologico. Sono solo bocche che urlano e corpi che sanguinano, uno intercambiabile con l’altro vista la confusione di nomi e facce che è ineviabile fare sin dall’inizio.

Il lavoro svolto in fase di sceneggiatura è comunque dignitosamente disprezzabile anche per l’incapacità di gestire i tempi, con personaggi che sbucano fuori all’improvviso senza la benché minima spiegazione, e per la scalate sugli specchi con cui si giustificano certi passaggi (l’ingiudicabile epilogo).

Per fortuna piace il gore, non esplosivo come avrebbe potuto essere, ma tra occhi strappati e interessanti metodi di accecamento, c’è da leccarsi i baffi e i moncherini.

Ci si chiede dove diavolo sia finita la freschezza immaginativa che l’accoppiata Glen Morgan/James Wong aveva fatto brillare con alcuni tra gli one shots più belli di X-Files e di Millennium. Dopo la chiusura delle serie, entrambi sono stati fagocitati dall’abominevole industria cinematografica, e di idee, o quanto meno di un pizzico di dignità, non se n’è più vista traccia.

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