Regia: Hernàn Sàez, Pablo Parés
Sceneggiatura: Hernàn Sàez, Pablo Parés
Cast: Berta Muniz, Pablo Perés, Hernàn Sàez
Gli alieni hanno testato un virus in una piccola cittadina, e tutti gli abitanti si sono trasformati in zombi affamati. John, Bill e Max, gli unici tre sopravissuti al massacro, vengono catturati dall'FBI e, in quanto testimoni pericolosi, rispediti nella città contaminata.
Piccolo caso nazionale durante i primi vagiti del 2000, l’argentino Plaga Zombie vomita sangue e budella amatoriali da ogni centimetro di pellicola. Realizzato con pochi spicci, da una troupe di quattro gatti che si travestono ora da regista, ora da attore, ora da produttore, ora da direttore della fotografia a seconda dell’occasione, è, nella sua totale devozione a Bad Taste e Splatters, un inno alla pura carneficina demenziale.
Nessuna plausibilità di trama, eventi o comportamenti: Plaga Zombie è solo un temporale di viscere e gag comiche che spesso e volentieri strappano più di una risata. I tre protagonisti avanzano di casa in casa verso il genocidio finale strappando colonne vertebrali, impalando teste, spezzando gambe, squarciando braccia e quant’altro di disgustosamente sanguinoso l’animo umano possa permettersi.
E se sul reparto gore l’acquolina è garantita da geyser di sangue senza fine, sul versante prettamente demenziale una vena goliardica strabordante permea tutto il film. Gli zombie (resi tali da un trucco volutamente ridicolo, che li spruzza di grumi di pittura che va dal giallo al bianco, passando per tutti i colori che si trovano nel mezzo) corrono, saltano, parlano, ridono, si riuniscono in gilde, si vestono da ninja, raccolgono i rametti che vengono loro lanciati, spuntano all’improvviso senza badare ad alcuna legge fisica e si rendono protagonisti di qualsiasi cosa stupida sia passata per la mente di Sàez e Parés.
Le idee che traghettano Plaga Zombie fuori dall’anonimato sono però molte, vincenti e gustose. Le tecniche per sterminare gli zombi sono tanto strampalate quanto ingegnose, e, calandosi nel contesto, perfettamenti funzionali, se non le uniche intelligenti per poter sopravvivere.
D’altro canto, dopo una prima metà esplosiva e coinvolgente, inizia a respirarsi una certa inesperienza nel gestire i tempi e le assurdità narrative. Il ritmo cala vertiginosamente dall’arrivo del secondo Max, mozzando la vivacità e l’ironia dei primi quaranta minuti. La noia nel seguire una vicenda che diventa ora stentata o addirittura improvvisata fa capolino più volte, per venire per fortuna spezzata dall’inifinito massacro finale, che ridona un’aggressività quasi insperata.
Altri punti dolenti si possono trovare in una regia spesso schizzata e traballante, che atttenta allo stomaco dello spettatore con certi movimenti di camera che richiederebbero un digestivo per essere sopportati appieno. Tuttavia, anche qui le idee non mancano, e in più di un’occasione l’accoppiata di registi/sceneggiatori/attori/produttori stupisce per inventiva e per un’alleanza sublime con il montaggio (la scena del tagliasiepi su tutte, tecnicamente perfetta, oltre che irresistibile).
Anche per quanto riguarda lo script si possono indicare pregi e difetti, riscontrabili in dialoghi e situazioni divertenti da una parte e in lungaggini improbabili e boriose dall’altra.
Anche per quanto riguarda lo script si possono indicare pregi e difetti, riscontrabili in dialoghi e situazioni divertenti da una parte e in lungaggini improbabili e boriose dall’altra.
Stupisce invece la recitazione, che si assesta su livelli decisamente buoni (addirittura ottimi nel caso di Pablo Perés, autore di certe espressioni facciali che rimandano inevitabilmente a Bruce Campbell nella trilogia de La Casa), anche se una certa esagerazione di gesti e movimenti è percepibile qua e là.
Con venti minuti di meno Plaga Zombie avrebbe potuto essere un cult da tramandare ai posteri. Ma in fondo, nonostante i difetti palesati innocentemente, anche così il film di Sàez e Perés fa un’ottima figura, abbellita tra l’altro da un gradevolissimo finale aperto, tanto semplice quanto d’effetto.
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