Da un pezzo di V/H/S, un film molto più
interessante dell’originale
Nel 2012 l’uscita di V/H/S fa gola un po’ a tutti, o quanto meno viene chiacchierata
volentieri. Un’antologia multiautore di mediometraggi come si faceva una volta,
prodotta da Bloody Disgusting nell’ultima tranche di tempo prima che i found
footage crollassero nell’abisso modaiolo, trainata dalla presenza di un Ti West
fresco fresco di una bomba atomica come The Innkeepers, in realtà il prodotto finale era squinternato e infelice, una
cosa povera e malmessa di situazioni scopiazzate altrove e gioventù scema ben
poco interessanti.
È la tipica delusione di quando le attese sono
molto alte, ma forse bastava poco per rendersi conto di una poca
professionalità dettata dalla poca esperienza, e che di fronte a certi esempi
di cinema horror si possa anche passare oltre senza perdere troppo tempo e
curiosità.
La scarsa qualità non impedisce però un rilancio
delle antologie, lo stesso V/H/S viene meglio nel secondo capitolo, ma da allora è un fioccare di collage di autori emergenti e non
coinvolti in opere complessive abbastanza mediocri o discutibili, tra le quali
solo il recente Southbound sembra riuscire
ad aggiustare il tiro verso una direzione sensata da seguire.
Torniamo a noi. Tra le varie schifezze vomitate
dal primo V/H/S, Amateur Night
raccontava di un branco di coglioni che rimorchiano una bella figliola salvo
accorgersi troppo tardi che in realtà si tratta di un demonio cattivvisimo. Una
bella botta visiva nella parte finale non toglieva una noia pesantissima e
irritante che seguiva l’alcolizzazione molesta di questi idioti, ma in fondo non
era neanche il peggiore dei lavori proposti e perlomeno rimaneva impresso nelle
retine quell’indovinato guizzo conclusivo.
A distanza di quattro anni, si decide per una
promozione a film intero ma si cambia squadra: al posto di David Bruckner e
Nicholas Tecosky subentrano Ben Collins e Luke Piotrowski alla sceneggiatura, mentre
la regia passa dallo stesso Bruckner (comunque curiosissimo di vedere il suo Ritual tratto da un romanzo di uno davvero bravo Adam Nevill) a Gregg Bishop, che tutti ricorderanno per
quella carineria di Dance of the Dead
ma che magari dimenticano che se V/H/S Viral è uscito non troppo bene è ben o male colpa sua.
Con un team completamente diverso anche il film muta:
un nuovo titolo, SiREN, una nuova
storia e un nuovo approccio, che si sbarazza del vetusto found footage per un
abbraccio nostalgico a certe spericolatezze ingenue ma calorosissime
dell’horror anni Novanta. Quello che rimane ovviamente è lei, una fanciulla che
è allo stesso tempo creatura gracile e da proteggere e un mostro goloso di
carne e sangue, per fortuna sempre interpretata da Hannah Fierman.
SiREN è in qualche modo un film ambizioso, seppur
cominci da basi non troppo furbe. Insomma, abbiamo un addio al celibato in un
locale di lap dance, un bordello esclusivo e misterioso dove succedono cose che
non ci è dato sapere dietro porte socchiuse, un protagonista che è bravo e
buono e riservato e suo fratello invece che spinge affinché faccia le peggio
porcate: cosa può mai uscire di buono da questo prologo?
E invece il nuovo trio di autori se la gioca
molto bene dipingendo un gruppetto di trentenni sfigati ma non troppo, persone
semplici e normali che vorrebbero essere quindicenni ma che forse non ne hanno
più il coraggio, o la voglia. Non ci sono grosse personalità ma Jonah è Chase Williamson e non si può non volergli subito bene, con quel suo mezzo sorriso
perenne in faccia, gli altri se la cavano benino per un mix di ingenuità e
saggezza alcolica che quantomeno strappa un sorriso.
Dunque, Jonah a un certo punto del girovagare
tra le stanze del bordello, decide di liberare questa ragazza imprigionata e
che gli fa pena, siamo all’incirca al minuto 15 o giù di lì, e per i restanti
65 SiREN è un bel budello di demoni
alati, creature con la coda, strane larve che succhiano ricordi, cacciatori di
demoni, vermi piantati nel cranio, e buchi tatuati sul collo. Tanta roba, non
sempre equilibrata, non sempre spiegata bene, ma affogata in piacevoli
spruzzate di sangue e distruzioni corporali.
SiREN è una cosina divertente, un DTV nella sua forma
più pura e golosa, una commedia horror più horror che commedia che più spesso
dovrebbe comparire nei nostri schermi.
Sì, è questo il bello, un po' di sano divertimento mostruoso. Niente di memorabile, ma assai simpatico.
RispondiEliminaConcordo anche io. E' il tipo di mitologia dalla quale mi piacerebbe traessero qualcosa di più serio e ambizioso. Magari prima o poi... Dal punto di vista delle antologie horror recenti, oltre a Southbound, anche Holiday, pur non essendo memorabile, non mi è dispiaciuto. I miei preferiti in assoluto i due Three e Three Extremes. Invece, visto che nella rece li nomini entrambi, pensa che ho preferito il primo VHS (il secondo nettamente migliore. il terzo pessimo.) a Innkeepers, che proprio non mi ha convinto... L
RispondiEliminaSì, cose fatte di piccoli dettagli che acquisiscono senso e valore man mano che cresce il film, dando un'idea di che va ben oltre l'archetipo messo in scena (in questo caso il demone affamato).
EliminaSulle antologie, penso che Southbound sia davvero difficile da battere, è fresco, pieno di idee, davvero un bel vedere. Holiday è già meno curioso, ha vari intoppi e alla fine si salva giusto una manciata di corti. Poi, ti dirò, ho rivisto Three Extremes poco tempo fa, e non mi ha fatto una grande impressione, mi ha lasciato abbastanza freddino. Temo sia invecchiato male. :-(
E non toccarmi Innkeepers, che va dritto nella top 10 dei migliori horror post 2000. :-D
Io ho trovato Southbound e Holiday sullo stesso livello, di entrambi mi sono piaciuti solo alcuni segmenti, ma alla fine hanno spunti carini. Ammetto di aver visto Three extremes (e forse anche three) solo all'epoca, per cui non saprei dirti, ma visto i nomi coinvolti mi sembra strano possano invecchiare male...se mi capita di rivederlo ti dico. ;)
EliminaThe Innkeepers invece è il film di Ti West che mi è piaciuto meno. Ormai le ghost stories per piacermi devono avere qualcosa in più... Superata la solita (piacevole) introduzione alla Ti west in cui non succede nulla, il resto mi aveva completamente deluso...
Three Extremes aveva già di suo un corto un po' debole, quello di Park, che paradossalmente dopo tanti per me è il più affascinante, anche se comunque un po' carente di sceneggiatura. Ho conosciuto e mi sono innamorato di Miike con Box, ma a distanza di tempo pare solo un mero esercizio di stile, abbastanza vuoto. E Dumplings, be', è meraviglioso, certo, ma Fruit Chan ci ha pure fatto un film che è ancora meglio, e tendo a preferire quello. :)
EliminaPer me invece The Innkeepers è stato il suo apice, un equilibrio perfetto di horror e ironia, una ghost story raccontata in maniera un po' diversa, con due personaggi indimenticabili e un finale incastrato alla perfezione. Poi, boh, chissà che gli è successo, The Sacrament è trascurabile (ma un passo falso ci può stare) e In a Valley of Violence è più o meno inguardabile. Spero si ripigli in futuro. :-)
Si nella mia considerazione escludevo In The Valley of..., che non ho visto. Pensa che The Sacrament invece mi è piaciuto. :)
EliminaIn the Valley of Violence evitalo, evitalo del tutto (anche se immagino che adesso così la curiosità aumenta, io mi fionderei subito a vederlo XD). E' un film davvero improponibile, qua e là si respira qualcosa del bel cinema di West ma è imbarazzante :-(
EliminaA me era piaciuto molto il corto di V/H/S. Quindi mi consigli di vederlo questo Siren?
RispondiEliminaConsidera che è molto diverso. Quello in un certo senso era più crudo e cattivo, questo è più cazzone e sciocchino, ma per me è ampiamente superiore al corto, che era gestito davvero male. Quindi per me sì, te lo consiglio parecchio. :)
EliminaNe parlate tutti abbastanza bene, devo proprio recuperarlo :)
RispondiEliminaRecupera, recupera, è un bel passatempo. Ci vorrebbero più film così. :)
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