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My Father Die (2016)

By Simone Corà | martedì 31 gennaio 2017 | 00:01

Una vendetta a suon di cazzotti, fucilate e piedi disintegrati                                                                                     

Con un po’ di ironia in più e una maggior accento sulle minoranze, My Father Die potrebbe essere una storia scritta dal Lansdale più secco e brutale, quello che tra gli anni Ottanta e Novanta tirava fuori racconti ferocissimi come La notte in cui si persero il film dell’orrore e Incidente su una strada di montagna (e dintorni). Ci sono il profondo sud e la vendetta in condizioni di profondo disagio, ci sono le ignoranze e le pistolettate, i pugni e il sangue che scorre a fiumi.
In realtà l’esordio di Sean Brosnan deve molto più all’immaginario di Nicholas Winding Refn e in particolare a Drive che ai lavori del grande scrittore texano, soprattutto per l’impostazione triste e silenziosa di un eroe buono che nulla ha da perdere e che non teme la morte per proteggere chi ha messo in pericolo.
La storia è quella semplice di una vendetta che risale dal cuore, l’odio verso un padre cattivo che ha ucciso un figlio a pugni e ora esce di prigione con qualche anno di anticipo e fa paura a tutti. Dopo la morte del fratello, Asher è cresciuto senza più parlare e sentire, la sua è una vita misera fatta di pesca con il fucile, alligatori da scuoiare e predicatori da guardare in tv, ma è tutto trasparente, è tutto lontano perché l’unica cosa importante è il bisogno di punire il vecchio per ciò che ha fatto.

My Father Die è un film duro e bestiale, le scene di violenza sono molte e piuttosto sadiche, ma non si superano mai soglie già conosciute, e il sangue digitale di certo non è complice nell’amplificare l’aggressività. Penso che, più che altro, si potrà ricordare un piede esploso da una fucilata ravvicinata, ma per il resto è l’atmosfera sofferente e disperata a influire sui singoli eventi, dilatando dolore e atrocità per mezzo di piccole accortezze che, da sole, fanno la differenza e rendono sostanzioso un film dai mezzi purtroppo assai modesti.
Brosnan si concentra molto sull’aspetto visivo, e lo rende fondamentale attraverso dettagli che lavori di questa taglia di solito non possono permettersi. La combo tra musica e montaggio è quello che più risalta, è un aspetto ultratecnico ed estremamente personale dove rasoiate hardcore e arpeggi postrock costruiscono ritmi stranianti e sincopati e trasformano immagini di estrema violenza in balletti parecchio singolari, dove sono le note a dettare martellate, pugnalate e pugni in faccia senza fine. La bellezza di My Father Die esce proprio in questi momenti, laddove si distacca dalle palesi fonti di ispirazioni e mostra di che pasta è fatto un autore che, tra qualche anno, con i giusti finanziamenti e una troupe di livello, potrebbe fare qualcosa di veramente, veramente grosso.
Per ora infatti i limiti sono evidenti, e il contrasto che nasce tra le pretese autoriali, le ambizioni artistiche e la ristrettezza economia, pur con un cast impegnato e in parte, impediscono al film di raggiungere il pubblico e il palco che potrebbe realmente avere.


C’è forse un’aspirazione eccessiva e francamente schivabile che Brosnan poteva gestire meglio (il bianco e nero dei flashback e il continuo ricorrere al passato; le caratterizzazioni estreme dei personaggi, con una lei inevitabilmente stripper con figlio a carico, un prete maniaco, un poliziotto gay, e via così; certi momenti d’azioni forse sproporzionati rispetto al mood generale), ma quando riesce a trovare la direzione giusta non mancano momenti di grande impatto.
Il mutismo di Asher e il suo esprimersi solo attraverso la voce da bambino, o la resurrezione di Ivan in una forma visiva simile a un mostro immortale, trasmettono un feeling verso protagonista e antagonista che trascendono la natura dell’opera, scaraventandoli in una sorta di duello soprannaturale in un ring fatto di paludi e cieli tetri. 

Insomma, è una discreta sorpresa dal cinema più underground, un qualcosa che rischiava di essere infetto da esagerate ispirazioni artistiche, ma che non se la cava male.  

3 commenti:

  1. E' un piccolo film, ha momenti validi e altri un po' scopiazzati, ma sotto sotto c'è della stoffa. :)

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  2. Grazie Simone, come al solito, per la segnalazione!

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