Due famiglie al lago per una gita di vermi,
cadaveri e fantasmi cattivi
È sempre facile mettere un pugno di persone
qualunque in un luogo isolato e farle impazzire piano piano fino a instaurare
un tutti contro tutti che sputa viscere e colpi bassi. Okay, forse facile non è
la parola più giusta, ma di sicuro è una strada così ben battuta da anni e anni
di cinema del terrore da potersi appoggiare a schemi comportamentali e
strutture narrative già ampiamente collaudate, semplici da seguire, con
cause-effetto che anche gli autori meno esperti possono padroneggiare senza
sfigurare troppo.
Credo invece sia molto più difficile mettere, in
questo luogo isolato dove l’orrore scioglie il cervello a tutti, un pugno di
persone cattive, disoneste, sgradevoli, verso le quali non si possa empatizzare
in alcuna maniera. E in questo caso la difficoltà è duplice. Ce la farà The Pool?
In primis è naturale chiedersi perché imbastire
una storia di bad people, di mariti che non amano le mogli, di mogli che
tradiscono, di figli antipatici che godono nel maltrattare i più giovani, e di
giovani che ringhiano covando odio purissimo, tutti insieme allegramente per
trascorrere qualche giorno al lago sparlando l’uno dell’altro.
Insomma, giusto per fare un quadro generale, abbiamo
un padre con un’amante di trent’anni più giovane che racconta all’amico di
quella volta in cui hanno fatto faville in un bordello, una moglie che si
tromba il suo amico, il quale a sua volte deride il primo del suo matrimonio
disfunzionale… e già questo indica il taglio estremamente negativo e brutale di
un pugno di protagonisti parecchio difficili da amare. Quindi perché cercarsela
su una strada più complessa, faticosa da gestire, negando anche un solo eroe
positivo con cui allearsi per fronteggiare il male e sfangarla da questa
situazione?
Ne consegue la seconda difficoltà, è cioè quella
di una trama necessariamente solida e potente da permettere che queste asprezze
comportamentali passino in secondo piano, dietro la potenza delle vicende
evocati. E se Chris W. Mitchell non va poi in cerca di chissà quali invenzioni
orrorifiche, è parecchio abile nel rendere malignamente confuso, diabolico e
provocatorio questo fantasma che sale dalle acque del lago per rovinare la
vacanze di queste due non-famiglie.
Uno spettro che colpisce duro, infame e
spietato, che agisce slealmente con una perfidia da manuale, inscenando
spettacoli ai quali i nostri poveri cattivi non possono resistere, si lasciano
sedurre e finiscono, quasi fossero vittime inconsapevoli di un killer infallibile,
con le budella al vento. Come vuole certo cinema mitteleuropeo le sequenze
shock non mancano, si punta su primissimi piani di cibo andato a male, insetti
e vermi che pasteggiano sulla carne marcia, ferite che si infettano e morti
trasversali molto dolorose.
È una royal rumble di sgambetti e slealtà
amplificata dalla pioggia di incubi e malesseri che si schianta su tutti quanti,
non ci sono salvezze, le speranze vengono azzerate dopo le prime apparizioni, e
la morte sembra l’unica soluzione rimasta tra nubi surreali, morti che
risorgono e boschi che annullano ogni via di uscita.
È cinema horror semplice, diretto, senza
fronzoli, molto schietto e preciso, fatto bene anche se, chiaramente, privo di
novità o di appigli che si differenzino dalle solite strutture se non per
quella brutalità psicologica con cui vengono modellati i protagonisti.
Film del 2014 che solo ora pare trovare sbocco,
dura poco più di settanta minuti quasi si affacciasse sul mercato con modestia
(Mitchell è tra gli sceneggiatori di un altro piccolo oggetto sconosciuto ma
assai gradevole e rispettoso come Frankestein’s Army), è privo di ambizione ma ci sono una cura e una capacità già
definite. Quindi, perché no?
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