Possessioni, rapimenti, home invasion, o forse tutto è molto, molto peggio
Qualche anno fa ho letto The Teratologist, era la prima volta che mi imbattevo nell’horror hardcore e credo sia stata l’esperienza più disagevole e disturbante mai affrontata in letteratura. Edward Lee e Wrath James White non andavano per il sottile raccontando di violenze sessuali e depravate oltre ogni limite, e sebbene abbia incrociato varie altre volte il genere con i fondamentali (i due Header, Bullet through your Face, ma anche l’Apeshit di Carlton Mellick), il termine di paragone per me è sempre stato quel libricino di un centinaio di cartelle dove a trasudare, oltre al sangue e alle immancabili viscere, era più che altro una brutalità psichica nel sommare le peggiori perversioni umane.
Quando conosco un nuovo genere la curiosità
mi lubrifica il cervello e devo avere più materiale possibile come per paura
che, di colpo in bianco, possa trovarmi senza più niente da divorare, quindi
nel mio bel carrello (a quei tempi, prima dell’Amazon italiano, facevo grandi
affari su Play.com e, be’, sullo storico library.nu) era apparso anche un certo
The Resurrectionist (niente link, occhio a leggerne la trama, rischio spoiler), che poi non ho
mai letto e ho lasciato ammuffire in libreria, dimenticandomene del tutto.
Fino a quando non ho visto Come back to me.
L’esordio di Paul Leyden, ispirato proprio
al romanzo più noto di Wrath James White, fa parte di quel gruppetto di film
dal budget microscopico ma dalle buone intenzioni di cui mi piace occuparmi
recentemente, ma questi 90 minuti hanno sicuramente un briciola di personalità
in più rispetto a vari prodotti simili di colleghi alle prime armi. Pochi soldi
e scarsi mezzi obbligano a spremere ciò che si ha a disposizione, e Leyden,
potendo usufruire soltanto su tre attori e, be’, su se stesso, crea un cerchio
demoniaco, seppur ancorato a determinati schematismi del cinema del terrore, molto
affascinante e a tratti parecchio curioso, in grado di confluire in una bella
vicenda tra paranoia e soprannaturale dove le carte sono ben mescolate e sparse
con furbizia.
Intendiamoci, Come back to me usa gli incubi come argomento spesso portante,
sarebbe cosa delicatissima e potenzialmente infruttuosa, e invece Leyden trae
forza proprio dal suo aspetto più critico agendo con una genuinità miracolosa: i
sogni sembrano veri grazie all’energia e alla furia degli eventi raccontati, nessuna
concessione agli stati onirici né scene spezzate sui momenti clou, e la loro
pesantezza è resa tale dai risvegli di Sarah, che pare affiorare e ingozzarsi di
ossigeno dopo una lunga apnea, portandosi dietro una fatica pachidermica.
Ma il film non si riduce a questa serie di
incubi che distruggono la vita della protagonista: come spesso può capitare in
titoli simili, realtà e fantasia si ribaltano e si alternano in una sequenza
dove è impossibile distinguere l’una dall’altra, Leyden invece evita di
ricorrere a questo facile trucchetto rafforzando ogni organo della sua
creatura, in modo tale che i dubbi che si creano non portino confusione, bensì
curiosità verso la soluzione della vicenda, o permettendo che gli interrogativi
soprannaturali siano sempre su quel filo dove razionale e inspiegabile emergono
contemporaneamente.
Non era cosa facile, va detto che il tutto
non è gestito al meglio ma Leyden fa davvero il possibile, e qua e là va anche
oltre, con quello che si ritrova. Questo significa un controllo dialogico molto
preciso, che copre qualche buco o sottigliezza con alcune parentesi
sentimentali piuttosto verosimili, e soprattutto una visione parecchio ispirata
attraverso gustosi piano sequenza semplici ma articolati, molta camera a mano
che fornisce nervosismo a pacchi, pochi stacchi e una propensione a mostrare
piuttosto che raccontare che, nonostante inciampi più di una volta, va di certo
premiata.
Piace infatti la progressione della vita
di Sarah, mostrata attraverso piccoli gesti e semplice quotidianità, è uno di
quei personaggi a cui è facile affezionarsi proprio per la normalità che
esprime faticando nel rapporto con il marito, sospettando del vicino,
confidandosi con l’amica. Si tratta di aspetti che impreziosiscono un
potenziale b-movie che potrebbe perdersi nel cestoni dei direct to video in
poco tempo, le ricadute sono in numero assai minore rispetto ai pregi e certe
ingenuità vengono quindi annullate da improvvisi scoppi gore, riflessioni ponderate sulla routine
giornaliera (litigi, sessualità, lavoro) e un ritmo sempre elevato che non
permette di prendere fiato, peccando forse soltanto di un villain sin troppo
elementare nei suoi disturbi materni e nei suoi modi impacciati di
stalkeraggio.
Piace infine questo approccio più tradizionale ed elegante, l'impatto viscerale tipico del genere letterario è assai limitato in favore di una maggiore compostezza e di un dosaggio ben pensato: non mancano le scene forti (il prologo, la parte conclusiva) ma Leyden non le usa per sorreggere l'intero film né come strumento di marketing per un pubblico più giovane e meno attento
Niente male.
beh credo che questo , se si trova, me lo aggiudico a breve...mi garba moltissimo da quello che ho letto...
RispondiEliminaSi trova, si trova, è lì che aspetta solo di essere visto :)
EliminaMa pensa te, lo vedremo di sicuro :)
RispondiEliminaBene, attendo tua opinione :)
RispondiEliminaBellino davvero. Finalmente una storia portata avanti con criterio.
RispondiEliminaUnica peccuccia, imho, è che è troppo tutto spiattellato fin dall'inizio.
Però, gazzo, avercene!
ps: ma che finale spaccaculi ci hanno messo. Splendido :)
Sì, diciamo che il ragazetto pazzo è costruito e recitato male, è troppo ovvio e uccide la sorpresa, ma le cose meglio sono tutte attorno a lui e, effettivamente, il finale è micidiale :)
EliminaEro un po' indeciso dal trailer ma dopo aver letto questo articolo mi butto. Speriamo in bene per il finale micidiale giacchè son sempre quelli a lasciarmi deluso
RispondiEliminaSenza spoilerare troppo, la cosa veramente micidiale è l'epilogo, perché chiude la vicenda in maniera esemplare, per me il film è comunque bello a prescindere da questo, che è però una bella e intelligente aggiunta :)
EliminaA me è piaciuto molto. Sembra un classico thriller da sabato televisivo e tutto sembra citofonato ma il livello maccosa sale vertiginosamente dopo i primi 40 minuti per decollare nell'ultima mezz'ora in territori mai esplorati. Non m'è piaciuta solo la lenta divagazione esplicativa che viene data a un certo punto e che secondo me era superflua....e poi parliamoci chiaro...il finale non funziona. Anche se di poche settimane-giorni...la creatura avrebbe dovuto "difendere" la madre col suo potere. Ma secondo me il regista ha voluto implicitamente confermare che il figlio in grembo era miracolosamente del tizio che sparava a salve....
RispondiEliminaè passato un po' di tempo e non ricordo più molto bene, di certo è stata una sorpresa proprio per i motivi che dici tu: parte in un modo che non sembra aspirare a grandi cose, e invece... :)
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