2012, USA, 10 puntate,
55 minuti cad
Creata da: David Benioff, D. B. Weiss
Network: HBO
Non ci si poteva aspettare di meno dalla seconda stagione di Game of Thrones, la guerra nei Westeros continua infatti superando in complessità e ambizioni quanto i primi dieci episodi avevano già ottenuto la scorsa primavera. Attesissima come poche, con questa nuova tornata di cavalieri, duelli, battaglie e battute taglienti viene quasi da osservare la matrice televisiva, al di là dell’eterna lotta film vs serie tv, come qualcosa d’altro, un mezzo espressivo che permette una narrazione finora mai tanto particolareggiata, mai tanto intensa nel dare corpo a storie lunghe e sfaccettate come lo è parto narrativo di George R.R. Martin. Perché è proprio lo stratificarsi di trame e sottotrame a dare forza all’universo martiniano, vicende che, pur dovendosi piegare a minutaggi e tempi chiaramente ristretti, stillano eleganza visiva e magniloquenza verbale da un tubo catodico forse mai così intenso.
Ed è qualcosa che va al di là della passione cartacea per i romanzi di Martin, a guardarla da questo si potrebbe borbottare di penuria di sorpresa data la fedeltà e il rispetto dei punti chiave della saga, ci troviamo infatti di fronte a un progetto mastodontico, un monumentale affresco di volti e parole, dove la ricchezza psicologica dei personaggi brilla in ognuno dei 600 minuti di durata complessiva attraverso un’impressionante ricerca del dettaglio dialogico (tra i tanti dialoghi memorabili, impossibile non citare l’arguzia velenosa di Cersei con Sansa, l’incitamento alla battaglia di Tyrion o l’ammirazione di Stannis per Davos), tanto che tutto ciò che pare semplice accessorio diventa paradossalmente di fondamentale importanza per la costruzione della storia.
Gli scenari, gli abiti, le comparse, le citazioni di nomi di personaggi, città ed eventi collocati all’esterno del quadro raffigurato, con la seconda stagione Game of Thrones acquisisce un’imponenza sbalorditiva, chirurgicamente suddivisa in dieci episodi che elettrificano e commuovono perché non sono solo ciò che il fan desiderava, sono attualmente il massimo valore artistico esprimibile attraverso la televisione. Il lavoro di Benioff e Weiss, alle prese con la maggior parte delle sceneggiature, è attento, scrupoloso, millimetrico: via le gratuità erotiche della scorsa stagione, via le lungaggini dialogiche che sviavano dal plot centrale, via ogni tranello per farsi amico lo spettatore, adesso Game of Thrones è più compatto e realistico, più roccioso e spietato, più violento e viscerale (come l’assolo verbale di Theon per incitare i suoi uomini), lo ha capito dapprima la stessa HBO, che ha alzato il budget per disegnare nel migliore dei modi la battaglia di Approdo del Re nel penultimo episodio (non a caso diretto da uno che con le scene d’assedio se la cavava parecchio, Neil Marshall), lunga sequenza che, per effetti speciali e numero di comparse, penso rappresenti l’ennesimo “qualcosa d’altro” nel circuito televisivo.
Recensione di Game of Thrones - stagione uno
Creata da: David Benioff, D. B. Weiss
Network: HBO
Non ci si poteva aspettare di meno dalla seconda stagione di Game of Thrones, la guerra nei Westeros continua infatti superando in complessità e ambizioni quanto i primi dieci episodi avevano già ottenuto la scorsa primavera. Attesissima come poche, con questa nuova tornata di cavalieri, duelli, battaglie e battute taglienti viene quasi da osservare la matrice televisiva, al di là dell’eterna lotta film vs serie tv, come qualcosa d’altro, un mezzo espressivo che permette una narrazione finora mai tanto particolareggiata, mai tanto intensa nel dare corpo a storie lunghe e sfaccettate come lo è parto narrativo di George R.R. Martin. Perché è proprio lo stratificarsi di trame e sottotrame a dare forza all’universo martiniano, vicende che, pur dovendosi piegare a minutaggi e tempi chiaramente ristretti, stillano eleganza visiva e magniloquenza verbale da un tubo catodico forse mai così intenso.
Ed è qualcosa che va al di là della passione cartacea per i romanzi di Martin, a guardarla da questo si potrebbe borbottare di penuria di sorpresa data la fedeltà e il rispetto dei punti chiave della saga, ci troviamo infatti di fronte a un progetto mastodontico, un monumentale affresco di volti e parole, dove la ricchezza psicologica dei personaggi brilla in ognuno dei 600 minuti di durata complessiva attraverso un’impressionante ricerca del dettaglio dialogico (tra i tanti dialoghi memorabili, impossibile non citare l’arguzia velenosa di Cersei con Sansa, l’incitamento alla battaglia di Tyrion o l’ammirazione di Stannis per Davos), tanto che tutto ciò che pare semplice accessorio diventa paradossalmente di fondamentale importanza per la costruzione della storia.
Gli scenari, gli abiti, le comparse, le citazioni di nomi di personaggi, città ed eventi collocati all’esterno del quadro raffigurato, con la seconda stagione Game of Thrones acquisisce un’imponenza sbalorditiva, chirurgicamente suddivisa in dieci episodi che elettrificano e commuovono perché non sono solo ciò che il fan desiderava, sono attualmente il massimo valore artistico esprimibile attraverso la televisione. Il lavoro di Benioff e Weiss, alle prese con la maggior parte delle sceneggiature, è attento, scrupoloso, millimetrico: via le gratuità erotiche della scorsa stagione, via le lungaggini dialogiche che sviavano dal plot centrale, via ogni tranello per farsi amico lo spettatore, adesso Game of Thrones è più compatto e realistico, più roccioso e spietato, più violento e viscerale (come l’assolo verbale di Theon per incitare i suoi uomini), lo ha capito dapprima la stessa HBO, che ha alzato il budget per disegnare nel migliore dei modi la battaglia di Approdo del Re nel penultimo episodio (non a caso diretto da uno che con le scene d’assedio se la cavava parecchio, Neil Marshall), lunga sequenza che, per effetti speciali e numero di comparse, penso rappresenti l’ennesimo “qualcosa d’altro” nel circuito televisivo.
Recensione di Game of Thrones - stagione uno
Premetto: non ho mai letto i mostri di RR e il fantasy mi puzza parecchio.
RispondiEliminaFatta questa premessa devo dire che avevo iniziato la saga televisiva con molti dubbi. I primi 5 episodi e mezzo mi avevano fatto venire il latte alle ginocchia. Ma poi... dopo il sesto episodio della prima serie è diventato una droga.
Sono a circa metà della seconda ma l'affresco è davvero impressionante ed esula da critiche di sorta. E' un capolavoro su tutti i fronti. E se te lo dice un detrattore... ;)
Immagino che l'inizio sia stato un po' frastornante, la prima serie era proprio for fans only e chi non conosceva un po' lo scenario e i personaggi credo si sia perso parecchio tra nomi, soprannomi, diminutivi, personaggi che spuntano e spariscono, e via così... Però la seconda distrugge ogni cosa, e impressionante è l'unico termine con cui descriverla :)
EliminaSai che non mi dispiacerebbe vedere una serie su Hyperion di Simons fatta sullo stesso stampo?
EliminaLa vorrei pure io, avrebbe tempi e personaggi ideali per una serializzazione :)
EliminaAnch'io come Eddy mal sopporto il fantasy però adoro Game of Thrones, qualcosa vorrà pur dire. Insieme alla quinta di Mad Men è stato l'appuntamento fisso che mi ha dato più soddisfazioni questa stagione.
RispondiEliminaNon avevo fatto caso che Neil Marshall avesse diretto la nona puntata. Vista la quantità di scene splatter adesso i conti tornano :) Ma quant'è bravo Peter Dinklage!
E' un mito. Senza di lui la serie perderebbe almeno 50 punti :)
EliminaMad Men devo decidermi a iniziarlo, è osannato ovunque e devo per forza provarlo... :)
EliminaE Peter Dinklage, sì, è davvero un mito, Tyrion è proprio lui, saggio, tagliente, fenomenale :D