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Recensione: True Blood - stagione tre

By Simone Corà | giovedì 17 febbraio 2011 | 08:00

2010, USA, 12 episodi, 55 minuti cad

Con la consolidazione grottesca, violenta e maliziosa della seconda stagione di True Blood, Alan Bell sverginava un nuovo modo di concepire la televisione distruggendo del tutto barriere, divieti, ostacoli e moralità varie in favore di una deliziosa esagerazione sessuale e di uno stravagante eccesso sanguinario. Poco importa che ci fossero vampiri per protagonisti (addizionati ora, in questa terza stagione, a un’altra figura recentemente odiosa del fantastico, i lupi mannari), True Blood si era sempre dimostrato ben altra cosa rispetto ai classici deliri di cuore giovanili del filone vampirico. Eppure, i nuovi dodici episodi vengono barbarizzati da una clamorosa mancanza di idee e da una generale, scarsissima attenzione alla trama portante.

Non ho letto, e non ci tengo a farlo, i romanzi di Charlaine Harris, mai quindi potrò pienamente sapere quante differenze esistano tra cellulosa e celluloide, ma ora True Blood si concentra su stanchissime coordinate amorose ben più che in passato, e le tentazioni tra Sookie e il lupo mannaro Alcide, senza dimenticare l’onnipresente duello testicolare tra Bill ed Eric per avere i favori dell’ingenua protagonista, francamente cozzano, per superficialità e leggerezza, nella sempre sulfurea, sudicia atmosfera sudista della serie. L’immotivato sbandamento affettivo di Sookie per Eric, il suo rapporto con Bill che si strappa e si ricuce senza alcuna cura narrativa in ogni episodio e la tremenda, tremenda povertà sentimentale di Alcide non sono più, però, parti in fondo trascurabili della trama complessiva come lo erano le vicende di cuore in passato: se il volgere degli eventi, infatti, faceva convergere le avventure personali di ogni figura verso un unico, o quasi, punto comune, ora True Blood offre un puzzle narrativo talmente vasto e ramificato che le storie degli altri personaggi, naturalmente di gran lunga superiori a quanto vissuto da Sookie e amichetti, addirittura nulla hanno a vedere con tali tiramolla carnali, dando vita a uno strano ibrido privo di direzione.

Sulla carta può apparire come scelta vincente, in realtà si rivela, appunto, mossa assurdamente azzardata e soprattutto mal strutturata: servono ben sei noiosissimi, pachidermici episodi, necessari per imbastire le tonnellate di sottotrame, prima che accada realmente qualcosa, e in questa maniera cala drasticamente ogni tipo di interesse nelle pur simpatiche disavventure di Hoyt, nel folle rapporto Lafayette/Jesus, nella gravidanza di Arlene, nella difficile ricongiunzione familiare di Sam e nelle confermate, irresistibili incongruenze comportamentali del miglior personaggio della serie, Jason. E questo perché bisogna sorbirsi interminabili dialoghi allucinanti (mai come in questa terza stagione è stato così carente il reparto dialogico, in particolar modo nel ridicolo episodio conclusivo), mandar giù le insulse e non sempre giustificate condotte dei vampiri (i doppi o tripli giochi di Bill ed Eric raramente sono motivati da qualcosa di differente dal fottuto-colpo-di-scena-a-tutti-i-costi) e seguire quindi malavoglia una trama “principale” (il bisticcio tra Russell e Bill/Eric/Sookie, che tenta, come sempre, la carta della stravaganza risultando invece lento, farraginoso e incerto oltre il più nero dei pronostici), per poter respirare un po’ con le altre vicende del numeroso cast. Vicende che dispiace vedere sotto tale aspetto, perché sembrano nulla più che rami secchi, curiose ma probabilmente irrecuperabili sottotrame forse soltanto utili a mettere una pausa tra un fastidioso battito di cuore e l’altro.

E a nulla servono allora le consuete esasperazioni sanguinolente, le colonne vertebrali strappate e le teste spappolate, mai come adesso appaiono posticce gonfiature di una vicenda sgangherata e irrisolta, o forse disperati tentativi per scioccare lo spettatore e tenerlo aggrappato al baraccone ora che Alan Bell non sembra avere più nulla da offrirgli.

Recensione di True Blood - stagione uno
Recensione di True Blood - stagione due

2 commenti:

  1. Invece io, che sono un sudista fatto e finito, ho trovato le atmosfere della terza all'altezza piena delle prime due.
    E Russell Edgington è un cattivo con i supercazzi.

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  2. Sulle atmosfere concordo, mi sembra di averlo anche scritto, è proprio nella macchinosità generale, nel come avanza la storia, nella troppa, troppa, troppa dispersione prima di avere qualcosa di concreto che, in fondo, mi sono annoiato parecchio. :)

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