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Cemento Armato

By Simone Corà | venerdì 14 novembre 2008 | 16:00

Italia, 2007, colore, 102 minuti
Regia: Marco Martami
Sceneggiatura: Fausto Brizzi, Marco Martani

Diego, teppistello di Roma felicemente fidanzato con Asia, si diverte a rompere gli specchietti retrovisori delle auto ferme in colonna. Ma un giorno rompe quello sbagliato. L’auto appartiene infatti al Primario, spietato boss malavitoso a capo del crimine romano.

Abituati al fatto che un certo cinema italiano di genere, soffocato da una Terza Madre qua e da un Ghost Son là, non consente sogni felici, è facile cadere in errore avvicinandosi a Cemento Armato con una diffidenza bellicosa. Non è materia soprannaturale quella in esame – perché comunque il sottobosco horror è destinato a rimanere tale, confinato entro barriere artistiche imposte da case di produzione ossessionate soltanto dalla fiction – ma un bel revenge-noir che, di questi tempi, è un grandissimo piacere poter assaporare.

Non spaventino i nomi altisonanti del teen-hero Nicola Vaporidis e dello, ehm, scrittore Giorgio Faletti, perché Cemento Armato, nonostante un’idea di fondo elementare, sorprende per la cura riposta nella stesura di uno script di ferro, che tesse una rete di varie microtrame che si incastrano con inattesa accuratezza con quella principale.
Tanti personaggi e tante idee, che portano freschezza e creano un crescendo emo-narrativo grintoso e sentito in una storia che fa arrabbiare e commuovere per la semplice naturalezza con cui prende vita.

Piace infatti Vaporidis nella parte di uno scalcagnato teppistello romano, molto a suo agio nel vestire i penni di uno Scamarcio di turno che si trasforma in un implacabile vendicatore solitario.
Fa rabbrividire, invece, la sua nemesi, il boss malavitoso interpretato da un terrificante Faletti rigido come un blocco di cemento, che porta disgrazie ed emicranie ogni qualvolta apre bocca.
Da citare poi la bellissima Carolina Crescentini, puro piacere visivo.

Martani dirige con piglio sicuro, e si sopportano tranquillamente un paio di scivoloni prettamente spaghetti’s way of cinema: potevano essere evitati, ma in fondo sono tutt’altro che indigesti.

Poco altro da dire per una vera sorpresa cinematografica per la quale, per una volta tanto, dobbiamo essere orogliosi di mostrare un sano patriottismo.

1 commenti:

  1. Sono d'accordo con te, ho recensito anch'io positivamente questo film, che per fortuna si discosta dal solito copione nazionale italiano

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