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Time Lapse (2014)

By Simone Corà | mercoledì 18 febbraio 2015 | 00:05

A caccia di errori nelle polaroid che vedono il futuro                                                                              

A volte passo più tempo a chiedermi a cosa serva il buon vecchio Midiano invece di buttare giù qualche pensiero e aumentare un po’ la media dei post settimanali, trovare iniezioni di carburante non è sempre così immediato e, nonostante il morale sia alto e positivo, è probabilmente naturale alternare parentesi più produttive ad altre che scarseggiano di parole, profondità, tempo e, be’, anche interesse.
Il problema, più che altro, è che non riesco a giustificare l’esistenza di questo angolo di web per parlare dell’orrore che, in un modo o nell’altro, trova posto nella blogosfera e nell’internet globale, e questo non perché sia tanto presuntuoso da costringermi a scrivere solo di cose che altrove non si leggono – che poi, ehi, è sempre bello arrivare per primi e coprire film non ancora sezionati, capiamoci, anche questa è benzina –, ma giusto perché in fondo bastano pochi clic e in decine di luoghi ci sono pennivendoli più bravi e informati di me che mi fanno rannicchiare al buio.
Non sarei in grado di dare senso a 4-5 cartelle dedicate a blockbuster o a titoli sviscerati già ovunque, non sarei in grado di spiegare la necessità di altre parole ancora per opere che hanno già molto, molto spazio in rete. Non ho parlato, che so, di Nightcrawler, o di Gone Girl, è più facile che sul Midian appaiano applausi per Brutal Shithead III e simili mondanità gore, e questo perché mi è più congeniale, mi ci sento più comodo, sono perfettamente a mio agio nel consumare cartelle su titoli minori che non porteranno visite o commenti ma che spero invece diano significato a queste pagine virtuali.
Sono gli articoli che leggo più volentieri tanto su Dread Central e Bloody Disgusting quanto sui blog più piccoli, sono quelli che prima di tutti setaccio nella baia dei pirati e per i quali avrò sempre un’affettuosa preferenza nonostante code clamorose in lista d’attesa: ho una fame di opere minori, magari bruttarelle ma sospinte da valide motivazioni che Midian può esistere solo e quasi esclusivamente in funzione di queste.

TimeLapse, così come Outpost37 la settimana scorsa, cade con bella coincidenza, è un film di evidente limitatezza ma gli spunti o, meglio ancora, il piacere con cui questi sono trattati e coccolati fino alla fine, sono ottimo esempio di cosa possa essere il cinema fantascientifico di pur bassa categoria, una zona b dove non per forza si debba convivere con esagerazioni, atteggiamenti sopra le righe e inversione di tecnica e budget per trarne forza e risalto esecutivi. L’esordio di Bradley King è semplicemente un lavoro che, con fondi, attori e un po’ di esperienza in più avrebbe potuto essere ben altro, eppure non posso parlare male o comunque senza il giusto rispetto di questa opera grezza e discontinua, derivativa e incerta, che nonostante tutto possiede discrete qualità che non dovrebbero sfuggire al mirino dei cinececchini.

Discorso a parte ma non troppo diverso meritano i viaggi nel tempo, è materia per la quale ho sempre un debole, il suo è fascino che non manca mai di stendermi anche nei casi più ovvi e meno contorti, e quindi Time Lapse cade bene anche qui, mi offre una serie di paradossi a incastro molto lineari ma dotati di una progressione esponenziale di una certa bravura.
Ci troviamo in una di quelle situazioni minimal, tre attori e un prototipo di macchina del tempo, è quel tipo di fantascienza povera che nasconde però strutture e universi ben definiti, e a pensarci bene molto buon cinema è stato possibile anche grazie a questo (giusto per restare in tema Primer e Los Cronocrimenes, ma anche in tempi più recenti cose come Plus One e Coherence).
Tre ragazzi scoprono, nella casa del vicino morto, una macchina fotografica in grado di scattare foto della loro stanza relative al giorno successivo, fattore che li mette presto in crisi e sul quale si basa la bella meccanica del film: non potendo stabilire come funzioni la regolare scansione temporale, ciò che imprime questa bizzarra Polaroid rimane in un limbo di indefinizione e costringe i nostri tre eroi a ricostruire il loro futuro proprio sulla base di quello che fotografa la macchina.


Il paradosso è piacevole, e alla semplicità iniziale (ogni giorno devono fare in modo che la sera la Polaroid temporale fotografi ciò che ha mostrato loro la sera prima) si aggiunge presto un congegno narrativo fatto di istruzioni e suggerimenti che i tre sembrano ricevere dai loro se stessi del futuro. Tutto rimane limpido e rettilineo per molto tempo, e uno dei difetti del film è chiaramente lo stagnante sviluppo, ma quando nell’ultimo segmento la faccenda si complica gli interrogativi temporali acquisiscono un notevole ampliamento di prospettive che regala una conclusione acida, forsennata e parecchio più complessa di quanto si potrebbe ipotizzare.
I problemi risiedono proprio nel chilometraggio, per molto tempo Time Lapse ripete se stesso e le scusanti adottate sono parecchio lontane anche dal mordente più misero richiesto: dei problemi di Jasper con la mala e le scommesse sulle corse è arduo rimanere incuriositi, soprattutto dal momento in cui si affacciano il big boss e il suo sgherro, sequenze in cui il film sfiora e tocca a più riprese il ridicolo involontario, mentre delle problematiche amorose che si vengono a creare tra Callie e Finn si conoscono già ampiamente sviluppi e colpi di scena per un l’errore madornale e inspiegabile di installare sin da subito questo malizioso threesome. Ciò che rimane del blando processo di personalizzazione sono pochi e infelici dettagli trattati superficialmente (la tristezza di Callie, la passione per la pittura di Finn, la gestione dei pochi altri personaggi in gioco come il poliziotto e l’amica del vicino), e pare quindi impossibile se non paradossale che proprio con queste basi, aggravate da recitazioni davvero dimenticabili e da una regia così anonima e televisiva da ricordare proprio certa serialità anni Novanta e dintorni, l’arma migliore King la sfoderi nel tutti contro tutti che nasce da sospetti e paranoie, con una spirale di cattiveria, egoismo e inganno molto profonda. 

A volte, ma forse è meglio dire spesso, l’impatto è qualcosa di molto personale, una sensazione a pelle che può incidere parecchio, e l’impatto di Time Lapse è, boh, forse al di sotto dello zero: in altre occasioni avrei droppato dopo pochi minuti, qui il viaggio nel tempo mi ha fatto desistere ed è stato bene, perché pur nella banale esteriorità c’è molto cura nella costruzione e una graziosa eleganza nella gestione della singolarità, e per quanto ci provi la povertà di mezzi nulla può fare contro questi preziosi elementi.

6 commenti:

  1. appena leggo di paradossi temporali mi ci fiondo! grazie per la segnalazione e mi raccomando trova sempre un po' di tempo per aggiornare il Midiano perché è assolutamente necessario.Per me è così!!!

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    1. Ahahahah, in effetti sembra che mi stia lagnando ma non è così (però grazie, eh!), mi serviva solo un bel cappello introduttivo per spiegare perché alla fine mi ritrovo a parlare sempre di filmetti come questo.

      (In realtà sono solo pigro, eh ;-) )

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  2. Come già detto dal Bradipo anche io sono molto intrigata dai paradossi quindi segno anche questo titolo.
    Mi accodo anche all'accorato appello di non smettere: tu, il Bradipo, Lucia e i 400 calci siete delle bibbie per chi, come me, non ha tempo di stare dietro all'horror ma è sempre in cerca di titoli nuovi ed appetibili :)

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    1. Come sopra (ma thanks! ;) )

      Poi, sì, i paradossi funzionano sempre, penso non sia possibile non adorarli :-)

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  3. Bè, l'idea di base è molto suggestiva. Il solo fatto che un qualcuno ci abbia solo pensato è notevole. Forse la quinta essenza stessa della creatività. Se ho un attimo di tempo lo vedo :)

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    1. Oddio, forse questo è un po' troppo, però sì, è un'idea notevole :-)

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