Exists (2014)

By Simone Corà | martedì 18 novembre 2014 | 00:05

Vedi Bigfoot e poi corri forte o ti sfonda il cranio. SCRACK!                                                                                          

Non so se lo sapete, ma nel 1999 due giovani registi salgono su un mezzo sgangherato eppure inarrestabile e sfondano l’industria cinematografica trascinandosela dietro per un bel pezzo: grandiose meccaniche di marketing virali, una straordinaria capacità nel fare economia, e soprattutto un’esposizione semplice, ma non semplicistica, dell’orrore. Non vado matto per marcare l’ovvio, ma The Blair Witch Project è probabilmente il mio horror fondamentale, il found footage nasce e muore con questo film, indipendentemente dal non essere né il primo esempio di falso documentario né l’ultimo a proporre un ottimo orrore ancestrale ed enigmatico: lo squisito smarrimento nel bosco dei tre reporter, la confusione soprannaturale, il background mitologico e il finale annichilente lo trasformano da subito, prima ancora delle chiacchiere e del passaparola che lo sostengono e lo spingono, in un prototipo cinematografico indispensabile, addirittura miracoloso considerando la probabile serie di coincidenze che, tra inesperienza, fortuna e reali buoni spunti, si sono incrociate. Bene, chiudiamo pure la parentesi scolastica.

Daniel Myrick ed Eduardo Sanchez a questo punto splittano la loro carriera, stretta di mano e centoni in tasca si salutano con grande dignità artistica e credo sia importante sottolineare come i due non abbiano mai tentato il salto finanziario, anche se lo devono aver sniffato parecchio, e abbiano preferito rimanere nel circuito indipendente, creando piccoli prodotti lontanissimi dal calcolo milionario del loro esordio ma quasi sempre curiosi per quanto grezzi e spigolosi.
Il primo, con Solstice e The Objective, sceglie una strada più tradizionalista, sicura e magari un po’ fuori fuoco ma abbastanza sincera e di discreto mestiere, il secondo prosegue invece con una ricerca personale sul found footage: dopo il cattivo e micidiale Altered, con Seventh Moon esplora certo folklore mantenendo la tensione e il mistero di Blair Witch, mentre con Lovely Molly fa un ulteriore progresso, abbandona la giustificazione della camera in mano e delle riprese di fortuna ma ne mantiene lo stile agile e febbrile, ne nasce un horror con porzioni scioccanti e un’infiltrazione di primordiale malvagità da lasciare piuttosto disagiati. Evoluzione che prosegue poi con il corto per V/H/S 2, subentra l’ironia e certo istrionismo, la soggettiva zombi è idea forse poco accattivante sulla carta ma meravigliosamente riuscita sul campo pratico.


Proprio qualche giorno fa ho visto uno dei worst movie ever, The Houses October Built è costruito su tutti i peggiori stereotipi del found footage, vengono accumulati disastrosamente perché tanto bastano quattro chiacchiere sceme e due jump scenes per fare felice il pubblico yankee, e credo sia in assoluto il più triste modello di questo moderno modo di fare cinema del terrore: protagonisti privi di alcun intelletto, scene di raccordo fatte di battute e situazioni ironiche fuori contesto, un orrore del tutto casuale che accade senza motivazioni e adeguate atmosfere.
Dopo l’invasione di Oren Peli il mockumentary è diventato strumento che ormai molti usano ma ben pochi padroneggiano: sembra elementare sommare inquadrature traballanti con orrori indefiniti e sfocati quando in realtà sono necessari profonda professionalità e sguardo maturo per dare concretezza a una simile scelta orrorifica. L’approccio stilistico di Sanchez è invece uno dei pochi a possedere non poca rilevanza, il soprannaturale è sempre tangibile ed è sostenuto e concretizzato da personaggi con appropriate sfumature: è evidente la continua riflessione del regista, il suo lavoro non è un adagiarsi o un accontentarsi, è incessante sperimentazione seppur in un campo molto limitato dove è più semplice criticare che distinguere buoni valori.

Exists doveva rappresentare un nuovo progresso e un’evoluzione di un genere che, se non frantuma il bozzolo e si trasforma presto in qualche nuovo tipo di creatura, è destinato a una morte anonima nell’indifferenza totale.
Qualcuno si ricorda del nu-metal? C’è qualcuno che lo ascolta ancora? Ecco, il discorso è lo stesso.

E non è che il nuovo film di Sanchez sia sprovvisto di ben precise innovazioni, le sue intenzioni sono chiare e parecchio golose, ma purtroppo le lacune sono schiaccianti e pur provandoci non trovo proprio alcun motivo per essere contento di Exists. Ciò non toglie che il rinnovarsi sia comunque valore importante e apprezzabile, ma è un peccato che Sanchez soffra proprio di quel virus narrativo che distrugge qualsiasi mockumentary e non abbia provato a rafforzare la sua creatura ringhiante laddove spuntavano orgogliosamente grossi artigli e muscoli di ferro.


Exists è un monster movie, e non c’è momento in cui Sanchez nasconda la vera natura del film: non è ibridazione di generi, è solo una personale rilettura e riproposizione di certe radici horror right-in-your-face. Bigfoot viene scoperto già nei primi minuti, e una volta innescata la rabbia il bestione distrugge e annienta con una furia impietosa: non c’è spazio per nervosismo e inquietudine, l’orrore splende alla luce del sole e divora ogni altro elemento con una mitragliata di mobili sbriciolati, pareti sfondate, auto fracassate, inseguimenti implacabili e sonore mazzate sui denti. Non ci sono nascondigli che tengano, l’unica possibilità è correre, correre come pazzi.
Che una simile furia venga ripresa dai protagonisti stessi con ben poca concessione realistica è ormai tecnica risaputa, ma sarebbe elemento secondario se le motivazioni rispondessero a veri bisogni cinematografici: Jamie Nash, sceneggiatore di fiducia di Sanchez, non trova invece giustificazione migliore di cinque personalità in calore e in cerca di sciocche sensazioni sportive. Filmare acrobazie ed evoluzioni in bici a pochi passi da una cabin in the woods isolata e impolverata è base di partenza molto, molto irritante, perché sono elementi gestiti senza riflesso, sono solo accumuli di briciole, ehm, psicologiche in balia di una combinazione accidentale degli avvenimenti. Il fighetto, il palestrato, il simpaticone e le due groupie di turno sono individualità insufficienti per qualsiasi tipo di storia, e di certo non è funzionale una stupida scusante come l’inevitabile morte, vista da una prospettiva punitiva, come coinvolgimento narrativo e minimo adescamento per arrivare in fondo ai novanta minuti.

In Exists non c’è nessuna reazione credibile, nessuna riflessione sulla base degli accadimenti, nessun riscontro intellettivo per far fronte alla minaccia, ma se l’orrore è in effetti brutale e non lascia molto scampo alle funzioni cerebrali ciò che davvero danneggia è l’assenza di un qualche background, è la mancanza di stimoli, è la costruzione di venticinquenni da parte di quarantenni che sembrano però aver bloccato la propria maturazione a una superficiale e parassitaria tardo adolescenza che non si scrosta in alcun modo.

E questo è il problema principale, prima ancora della poca spontaneità, della banalità, e della stanchezza con cui comunque pare sempre essere proposto un mockumentary, ed è un problema che comporta crateri molto profondi, voragini che non possono essere superate in alcuna maniera, nemmeno con quella buona dose di inventiva e creatività che Eduardo Sanchez ha sempre posseduto. 

10 commenti:

  1. accidenti, ce l'ho lì pronto da vedere e prima Lucia, ieri e poi tu, oggi, ci passate sopra come un rullo compressore, ammosciandomi la voglia di vederlo....

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    1. Eh, capisco, e già è difficile trovarci qualcosa di buono e arrivare in fondo, partire già azzoppati in questa maniera è tremendo, non so neanche se vale la pena...

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  2. Io Sanchez lo amo. Ha fatto delle cose in pochi riuscirebbero manco a sognarsi. Però qui cade molto giù. Credo (leggasi "spero") sia solo un passetto falso nella sua idea potente e personalissima di horror. Ci sono cose buone, ma troppo poco per essere una buona prova.
    Mi chiedo come mai non abbia proseguito sulla linea di Lovely Molly; credo che lì potrebbe dare del suo meglio.

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    1. Già, pensavo fosse un film a cui era stato costretto, magari una produzione un po' più big del solito, e invece i nomi sono sempre i soliti e la sceneggiatura è del suo uomo di fiducia. Boh, inspiegabile.

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    1. Meglio, non è grande perdita, Sanchez ha fatto cose molto, migliori, e in fondo si possono trovare spunti più interessanti pescando un mockumentary a caso :)

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  4. Che delusione pazzesca. Dopo Lovely Molly che lo rivedrei tutti i giorni, questa è stata davvero una mazzata. Ed è inspiegabile. Forse Sanchez voleva fare quasi una parodia dei found footage e di come sono diventati. Ma gli è comunque uscita malissimo.

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    1. Effettivamente a vederla così un po' di conti tornano, ma purtroppo rimane una grossa merda, dove boh ogni cosa è sbagliata. Terribile.

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  5. Ammetto di avere perso di vista sia Sanchez che il collega dai tempi di Blair Witch Project ma più che Exists, di cui state parlando tutti maluccio, adesso mi è venuta voglia di recuperare gli altri film che hai citato...

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    1. E fai bene, le cose di Sanchez sono tutte interessanti e abbastanza personali, a partire da quel Lovely Molly che credo sia visione indispensabile alla pari di un Blair Witch.

      Myrick invece è meno concreto e l'unico suo lavoro che mi sia realmente piaciuto è The Objective, il resto è tutto sulla sufficienza ma sono comunque visioni piacevoli. :)

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