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Vampiri cinesi: Rigor Mortis (2013)

By Simone Corà | venerdì 7 febbraio 2014 | 10:24


HK, 105 minuti
Regia: Juno Mak
Sceneggiatura: Lai-Yin Leung, Philip Yung

È un omaggio molto interessante quello con cui esordisce alla regia Juno Mak, giovanissimo attore (classe 1984) con giusto quattro film in curriculum: resuscitare simbolicamente la lunga saga di MrVampire, il cui primo capitolo è film culto e fondamentale incrocio di generi, stili e talenti che da solo, o quasi, può rappresentare il cinema di Hong Kong degli anni d’oro, con una pellicola che ne attinge valori, fantasia, atmosfere e addirittura attori pur senza cadere nel tranello dello psuedo-remake e, incredibilmente, senza tentare la strada della comicità, di cui l’originale era intriso, per offrire un film solido, intricato, molto serio ma mai furbo o approfittatore, bensì profondamente attento nel restituire al capolavoro di Ricky Lau, e in generale alla vecchia industria cinematografica dell’ex colonia (vedi i comeback inaspettati di Chin Siu Ho e di Anthony Chan), ogni riverenza possibile.

C’è molta classe e una rara eleganza nello sviluppo di Rigor Mortis, è una pellicola stranamente lenta e, pur nella sua complessità, per nulla convulsa, il dialogato è giusto e non sovrabbonda e particolare attenzione merita il mostrato, nelle lunghe e affascinanti sequenze di magia nera dove niente viene fortunatamente spiegato dei laboriosi riti per conservare i morti, tenerli sotto controllo e/o resuscitarli, lasciando agli ora inquietanti ora splendidi movimenti di macchina di Mak una comprensione sufficiente di quanto succede (bellissimo il momento in cui Mui parla con il marito, spettacolari ma raffinate le ricostruzioni utili a capire certi particolari). E non spaventi il tema vampiresco, i non morti cinesi provengono dalla tradizione e sono totalmente diversi dall’immaginario occidentale, sono veri e propri golem di carne e denti (di grande impatto infatti la trasformazione finale del vampiro, con quelle zanne che sembrano crescere casualmente), manipolati dalle arti di un prete taoista e che si muovono in maniera scattosa e impossibile (i piedi che strisciano per terra, per esempio). Inoltre, l’elemento vampiresco è ben più contorto di quanto si pensi, la procedura per ottenere un succhiasangue è lunga e misteriosa e passa per fantasmi tentacolari (splendide le due gemelle e la miriade di filamenti che le attacca alla realtà), possessioni demoniache, vittime da sacrificare (magnifica la scena del bambino in bagno) e strani procedimenti per combatterli (il meccanismo circolare, i caratteri scritti col sangue), tutti componenti che donano grande atmosfera e un background vastissimo a quella che, a conti fatti, è una trama molto semplice e lineare, sconquassata però da notevoli finezze registiche (i flashback arrivano nei momenti giusti, sono perfetti per spiegare quanto basta aggiungendo o sottraendo informazioni; il ritmo è dilatato e anche nei combattimenti si avverte una sorta di solenne eleganza) e una sceneggiatura magari non esemplare ma comunque funzionale per un Juno Mak che si rivela davvero abile dietro la macchina da presa. 

I personaggi sono disegnati con la giusta sensibilità, onorano Mr Vampire senza mai risultare posticci o ingombranti, anzi, si presentano addirittura con certa commovente epicità che esplode nel bellissimo, misterioso e inatteso controfinale. Rigor Mortis è quindi un film stratificato e non semplice, ci sono arti marziali e grossi demoni da prendere a mazzate ma non è tecnicamente action, è lugubre e per alcuni versi può anche rimandare a certo orrore nipponico (certe inquadrature sui bambini, la strana lentezza – non è un caso che produca Takashi Shimizu), è molto violento e in una manciata di sequenze rivoltante (ossa spezzate che escono dal corpo a go-go) ma sa essere delicato nella modernità con cui rende omaggio al facoltoso passato. 

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