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Recensione: Dannazione, di Chuck Palahniuk

By Simone Corà | mercoledì 29 febbraio 2012 | 08:00

Mondadori, 2011
250 pagine, 17,50 euro

È ormai da Rabbia che Palahniuk, schiavizzato dagli editori per sfornare puntualmente un romanzo all’anno, pare non imbroccarne una, perché se stilisticamente rimane unico, inimitabile e a tratti avanti anni luce a qualsiasi altro autore (vedi anche l’esperimento Pigmeno, o i nomi grassettati di Senza veli), è sul piano concettuale che sembra aver perso quella meraviglia, quello stupore, quella capacità di coniugare idee folli e geniali a storie articolate e svelate con grande astuzia.

Purtroppo Dannazione, a tratti un horror puro, rappresenta probabilmente il culmine della sua parabola discendente, perché mai prima d’ora Palahniuk si era mostrato tanto privo d’idee e tanto banale nella costruzione dei suoi mondi. Se, infatti, rimangono e addirittura brillano i suoi ben noti giochi di parole, l’uso spregiudicato della ripetizione per creare una musicalità avanguardistica e le stramberie più malate nelle caratterizzazioni dei personaggi, è proprio nella trama che Dannazione non offre ahimè nulla, mostrandosi vuoto, spento e inconcludente.

Di rappresentazioni dell’Inferno la letteratura ne ha offerte a quintali, era quindi palese aspettarsi da Palahniuk inventiva, pazzia, assurdità nella creazione dell’Abisso biblico, ma tolto un simpatico spunto iniziale, che accostandosi a certa Bizarro Fiction vedrebbe il suolo infernale ricoperto di caramelle, sono rare le occasioni in cui la penna dell’autore sembra anche solo puzzare di zolfo. Molto piatto, rapidamente elencato nella sua manciata di elementi scenografici (un lago di sburra, un deserto di unghie, poco altro) che però mai rappresentano un vero e proprio ostacolo, una sofferenza quotidiana che torturi o anche solo infastidisca i protagonisti. E così come la geografia, anche la fauna demoniaca si uniforma banalmente sulle figure, generalmente inutili, di demoni slavi e babilonici e di antichità varie che fungono peraltro da mero sfondo, lasciati liberi di vagare e assaggiare ogni tanto un po’ di sangue umano.

E se l’estro di Palahniuk si può cogliere qua e là, rimanendo affascinanti da alcune idee semplicemente geniali (il sistema telefonico infernale su tutto) e relative riflessioni che ne conseguono, è la storia a soffrire di una probabile stesura in tutta fretta, una storia che vive dei suoi tipici personaggi eccessivi, perversi e viziati (la giovane suicida, il punk saggio, la perfida e invidiosa vicina di cella), intrappolati però in vicende sconnesse e poco coinvolgenti, prive di quel bel gioco a incastro che spiana solitamente la strada verso imprevedibili evoluzioni conclusive che è da sempre trademark palahniukano. Abbiamo infatti a che fare con un girovagare a caso per le vie degli Inferi con una pseduo-accoppiata Dante/Virgilio che fornisce una stanca telecronaca, particolarmente didascalica ma soporifera quando si tratta di fornire una biografia di certi demoni (appena due-tre, eh, mica cento), che sfocia in un’assurda e inspiegabile lunga parte finale, dove i comportamenti di Madison non hanno alcun senso né giustificazione, la trama sbanda totalmente persa nella peggior penuria d’idee possibili, e si assiste a un vecchio, vecchissimo colpo di scena che porta, ahimè, soltanto sbadigli.

Con Palahniuk, chiaro, c’è sempre posto per la speranza, per un suo ritorno alla grande con un romanzone che possa riassestare le sue attuali quotazioni, ma quel “to be continued” con cui si chiude Dannazione mette i brividi…

8 commenti:

  1. Ma tu pensa... non avevo letto malissimo in giro... però, cacchio, il Pala è sempre il Pala!
    Non vuol dire che se scrive cacca va bene lo stesso e poi fa la fine di King. Ma quà siamo su un altro livello ;)

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  2. Mi dà l'idea che scriverà un buon romanzo ogni due di brutti, se continua a tenere questi ritmi. Purtroppo questo Dannazione ha il problema di essere banale, prima di tutto, e di avere una parte finale impossibile e priva di senso, tutta raccontata senza che venga mostrata una sola vera immagine... :(

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  3. Palahniuk non mi ispira più. Quattro-cinque anni fa ho letto tutto il possibile, poi ho provato a continuare con Gang Bang e Pigmeo... ma niente. Magari un giorno mi tornerà la voglia e mi butterò su Dannazione, chissà! Certo che leggere che è la fine di una parabola discendente non ispira tantissimo, ma ci proverò! :D

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  4. Dannazione Corà! Che tu vada all'inferno!

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  5. @ Mr Giobblin: be', magari aspetta il prossimo. Sperando che non sia già il sequel. :)

    @ Cyb: specchio riflesso!

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  6. Io Dannazione non l'ho ancora letto, ma ho adorato sia Rabbia che Gang Bang (quest'ultimo un po' meno, ma comunque un'ottima lettura)... indi spero che a me garberà, quando lo prenderò in mano.

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  7. Ciao di Palahniuk non mi frega una cippa, ma il blog mi aggrada assai per vari motivi, non ultimo gli arguti insulti che i commentatori rivolgono al recensore! Ad maiora

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  8. @ Leggivendola: anche a me Rabbia è piaciuto moltissimo, e in generale tutto quello che ha scritto prima (e che ho letto). Toh, a parte Cavie, forse, anche se dentro aveva delle perle. :)

    @ Niki: gli insulti sono sempre molto divertenti!

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