Il successo televisivo è spesso per gli attori principali una strana arma a doppio taglio: ingabbiati per anni nelle sembianze di un personaggio che il pubblico modella via via a loro immagine e somiglianza, le porte del cinema, o anche altri spiragli televisivi, rischiano di chiudersi sempre più con il passare del tempo, incollando di fatto un volto a una sola opera, come accade per esempio con il bravo Hugh Laurie in Dr. House. È chiaro e comprensibile, quindi, che dopo qualche anno il desiderio di provare altre strade si faccia sempre più insistente, ma solo in pochissimi casi ha permesso inaspettate, clamorose riuscite (David Duchovny che adesso è Hank Moody in Californication e non più Fox Mulder in X-Files).
Dexter ha da poco inaugurato la sesta stagione, e il network Showtime, che di privarsi della sua gallina dalle uova d’oro non ha ovviamente intenzione, sta tentando disperatamente di strappare un rinnovo a Michael C. Hall, che per restare chiede naturalmente a lot of $$$, per almeno una settima tornata di episodi. Nel panorama televisivo Dexter ha avuto un ruolo di prim’ordine: serie assai originale, basata su un’idea semplice ma estremamente efficace partorita dai romanzi di Jeff Lindsay, parla dell’ematologo Dexter Morgan, un uomo con turbe mentali abilmente nascoste che, spinto da ideali di giustizia, fa piazza pulita di serial killer. Tuttavia, una certa ripetitività e una noiosa ricorrenza schematica ha prodotto un’orribile season five e, forse, prima che il peggio possa dilagare, pare essere giunto il momento di abbassare il sipario.
Quale migliore occasione di un bel ripassone?
Stagione uno (2006)
Il killer dei serial killer Dexter Morgan inizia con il botto con una storia tesa, complessa, ben articolata e con un favoloso twist finale che rivolta con gusto le carte in tavola offrendo uno scenario perfetto nella sua imprevista semplicità. Le indagini sugli omicidi del killer del camion frigo, un maniaco che con i propri omicidi sembra volersi mettere in contatto proprio con Dexter, hanno un forte impatto cinematografico tanto nelle scelte registiche quanto nel crudo uso della violenza, di certo non avare di sangue. La trama si muove bene tra le vicende di Dexter e dei suoi problemi di relazione sociali, e i vari personaggi comprimari protagonisti di trame parallele con identità precise e interessanti. Su tutte, spicca la rabbia mascellare di Doakes, che ha fiutato il doppio ruolo di Dexter ed è deciso a incastrarlo.
Curiosità: soltanto questa stagione, per quanto con molte differenze, è ispirata agli scritti di Jeffrey Lindsay, in particolare La mano sinistra di Dio. Le serie successive prenderanno una piega del tutto personale, frutto delle idee del creatore James Mason jr.
Stagione due (2007)
Gli ottimi spunti della season one preparano una seconda stagione che mostra evoluzioni del tutto inattese – anche se in futuro la terza serie le smorzerà parecchio. La situazione si fa critica, salgono inquietudine e tensione perché Dexter ora è braccato: la scoperta del cimitero sottomarino dove l’ematologo era solito “nascondere” le sue vittime dà il via a un’indagine dal ritmo frenetico e dal respiro corto, nella quale ogni scena sembra essere quella decisiva in cui Dexter verrà incastrato. La serie quindi si reinventa e offre nuove alternative, tanto nell’ossessione di Doakes quanto nella sottotrama dell’agente Lundy, ma dà il suo meglio nell’ambiguità di Lila, che risveglia l’assopito appetito sessuale di Dexter strappandolo dalla sua fidanzata, la fin troppo tontolona Rita. Dexter acquisisce inoltre una maggior complessità nell’intrecciarsi con il proprio passato e quello del padre, momenti di ottima costruzione che garantiscono uno sviluppo costantemente curioso. Chiusura pirotecnica del caso forse un po’ troppo esagerata, ma conclusione al cardiopalma per un season finale da applausi.
Stagione tre (2008)
Stagione transitoria per spunti e vicende, si assiste a una sorta di rivisitazione delle prime due serie nonostante una partenza grandiosa, nella quale Dexter uccide per errore un uomo innocente. La trama si scioglie poi un po’ troppo facilmente nel rapporto di complicità tra Dexter e il procuratore distrettuale Miguel Prado, che in segreto cova pulsioni omicide che gli tornerebbero sicuramente utili per spianarsi la strada verso una promettente carriera politica. Le trame parallele offrono come sempre un buon lavoro sugli altri personaggi: in primis Debra, energetica sorella di Dexter che ancora una volta non riesce a trovare l’amore giusto, i simpatici Batista e Masuka e il nuovo arrivato, l’arrogante Quinn che, in un ruolo un po’ superficiale, trova comunque una sua tridimensionalità per l’incapacità di inserirsi nel gruppo di agenti. È tutto sommato una piacevole visione, ma priva della sostanza delle prime due stagioni, orfana di quella forza motrice, di quell’originalità che le ha rese tappe fondamentali della televisione recente.
Stagione quattro (2009)
Inattesa sorpresa, con la quarta stagione Dexter, pur ripetendo in parte la storia della serie precedente, si rinnova grazie a una forza narrativa sorprendente e un fantastico antagonista come la creazione di James Mason jr. non ne aveva mai avuto: Arthur Mitchell, in arte Trinity, interpretato da un meraviglioso John Lithgow (che si guadagna anche un meritato Emmy). Dexter si finge amico di Mitchell e insieme danno vita a un’ambiguità, nel loro stranissimo rapporto, che coinvolge offrendo ottimi momenti di tensione e folle inquietudine. Sullo sfondo, la serie torna a guadagnare una maggior complessità per mezzo delle trame parallele che convergono sulla principale con sorprendente abilità: dal rapporto Batista/LaGuerta e quello Lundy/Debra, passando per la giornalista impicciona che se la fa con Quinn, la season four rimane impressa per freschezza, dinamismo, colpi di scena e in particolare per uno dei cliffhanger più memorabili della storia della tv.
Stagione cinque (2010)
L’idea di una situazione del tutto nuova come spunto iniziale, con un Dexter emotivamente distrutto e con tre figli a carico che non sa di certo come gestire, lascia presagire un necessario rinnovo per quello che è diventato ormai il classico canovaccio della serie, ma il risultato è una stagione catastrofica. Con uno spunto banalissimo Mason Jr. si sbarazza delle problematiche che avrebbero donato una complessità probabilmente ingestibile, e direziona la storia sui suoi consueti binari, solo che stavolta la sceneggiatura scricchiola parecchio. Le riflessioni di Dexter sono meno accurate, le caratterizzazioni e le azioni degli altri personaggi (tutti, da Quinn a LaGuerta, da Debra a Batista, addirittura la baby-sitter, nella sua inutilità, è orrenda) rasentano spesso il ridicolo per scelte narrative assai sbrigative (l’esempio lampante è LaGuerta che capisce al volo che una macchiolina su una scarpa è una goccia di sangue), e in generale tutto appare poco ispirato, svogliato, tremendamente ripetitivo nelle meccaniche (Quinn pesta i piedi a Dexter come faceva esattamente Doakes nelle prime due stagioni). La buona chiusura non è tuttavia abbastanza per riscattare una stagione pessima, che mostra una sconvolgente mancanza d’idee che, si spera, nella season six possa essere sostituita dalla brillantezza delle prime due stagioni.
Dexter ha da poco inaugurato la sesta stagione, e il network Showtime, che di privarsi della sua gallina dalle uova d’oro non ha ovviamente intenzione, sta tentando disperatamente di strappare un rinnovo a Michael C. Hall, che per restare chiede naturalmente a lot of $$$, per almeno una settima tornata di episodi. Nel panorama televisivo Dexter ha avuto un ruolo di prim’ordine: serie assai originale, basata su un’idea semplice ma estremamente efficace partorita dai romanzi di Jeff Lindsay, parla dell’ematologo Dexter Morgan, un uomo con turbe mentali abilmente nascoste che, spinto da ideali di giustizia, fa piazza pulita di serial killer. Tuttavia, una certa ripetitività e una noiosa ricorrenza schematica ha prodotto un’orribile season five e, forse, prima che il peggio possa dilagare, pare essere giunto il momento di abbassare il sipario.
Quale migliore occasione di un bel ripassone?
Stagione uno (2006)
Il killer dei serial killer Dexter Morgan inizia con il botto con una storia tesa, complessa, ben articolata e con un favoloso twist finale che rivolta con gusto le carte in tavola offrendo uno scenario perfetto nella sua imprevista semplicità. Le indagini sugli omicidi del killer del camion frigo, un maniaco che con i propri omicidi sembra volersi mettere in contatto proprio con Dexter, hanno un forte impatto cinematografico tanto nelle scelte registiche quanto nel crudo uso della violenza, di certo non avare di sangue. La trama si muove bene tra le vicende di Dexter e dei suoi problemi di relazione sociali, e i vari personaggi comprimari protagonisti di trame parallele con identità precise e interessanti. Su tutte, spicca la rabbia mascellare di Doakes, che ha fiutato il doppio ruolo di Dexter ed è deciso a incastrarlo.
Curiosità: soltanto questa stagione, per quanto con molte differenze, è ispirata agli scritti di Jeffrey Lindsay, in particolare La mano sinistra di Dio. Le serie successive prenderanno una piega del tutto personale, frutto delle idee del creatore James Mason jr.
Stagione due (2007)
Gli ottimi spunti della season one preparano una seconda stagione che mostra evoluzioni del tutto inattese – anche se in futuro la terza serie le smorzerà parecchio. La situazione si fa critica, salgono inquietudine e tensione perché Dexter ora è braccato: la scoperta del cimitero sottomarino dove l’ematologo era solito “nascondere” le sue vittime dà il via a un’indagine dal ritmo frenetico e dal respiro corto, nella quale ogni scena sembra essere quella decisiva in cui Dexter verrà incastrato. La serie quindi si reinventa e offre nuove alternative, tanto nell’ossessione di Doakes quanto nella sottotrama dell’agente Lundy, ma dà il suo meglio nell’ambiguità di Lila, che risveglia l’assopito appetito sessuale di Dexter strappandolo dalla sua fidanzata, la fin troppo tontolona Rita. Dexter acquisisce inoltre una maggior complessità nell’intrecciarsi con il proprio passato e quello del padre, momenti di ottima costruzione che garantiscono uno sviluppo costantemente curioso. Chiusura pirotecnica del caso forse un po’ troppo esagerata, ma conclusione al cardiopalma per un season finale da applausi.
Stagione tre (2008)
Stagione transitoria per spunti e vicende, si assiste a una sorta di rivisitazione delle prime due serie nonostante una partenza grandiosa, nella quale Dexter uccide per errore un uomo innocente. La trama si scioglie poi un po’ troppo facilmente nel rapporto di complicità tra Dexter e il procuratore distrettuale Miguel Prado, che in segreto cova pulsioni omicide che gli tornerebbero sicuramente utili per spianarsi la strada verso una promettente carriera politica. Le trame parallele offrono come sempre un buon lavoro sugli altri personaggi: in primis Debra, energetica sorella di Dexter che ancora una volta non riesce a trovare l’amore giusto, i simpatici Batista e Masuka e il nuovo arrivato, l’arrogante Quinn che, in un ruolo un po’ superficiale, trova comunque una sua tridimensionalità per l’incapacità di inserirsi nel gruppo di agenti. È tutto sommato una piacevole visione, ma priva della sostanza delle prime due stagioni, orfana di quella forza motrice, di quell’originalità che le ha rese tappe fondamentali della televisione recente.
Stagione quattro (2009)
Inattesa sorpresa, con la quarta stagione Dexter, pur ripetendo in parte la storia della serie precedente, si rinnova grazie a una forza narrativa sorprendente e un fantastico antagonista come la creazione di James Mason jr. non ne aveva mai avuto: Arthur Mitchell, in arte Trinity, interpretato da un meraviglioso John Lithgow (che si guadagna anche un meritato Emmy). Dexter si finge amico di Mitchell e insieme danno vita a un’ambiguità, nel loro stranissimo rapporto, che coinvolge offrendo ottimi momenti di tensione e folle inquietudine. Sullo sfondo, la serie torna a guadagnare una maggior complessità per mezzo delle trame parallele che convergono sulla principale con sorprendente abilità: dal rapporto Batista/LaGuerta e quello Lundy/Debra, passando per la giornalista impicciona che se la fa con Quinn, la season four rimane impressa per freschezza, dinamismo, colpi di scena e in particolare per uno dei cliffhanger più memorabili della storia della tv.
Stagione cinque (2010)
L’idea di una situazione del tutto nuova come spunto iniziale, con un Dexter emotivamente distrutto e con tre figli a carico che non sa di certo come gestire, lascia presagire un necessario rinnovo per quello che è diventato ormai il classico canovaccio della serie, ma il risultato è una stagione catastrofica. Con uno spunto banalissimo Mason Jr. si sbarazza delle problematiche che avrebbero donato una complessità probabilmente ingestibile, e direziona la storia sui suoi consueti binari, solo che stavolta la sceneggiatura scricchiola parecchio. Le riflessioni di Dexter sono meno accurate, le caratterizzazioni e le azioni degli altri personaggi (tutti, da Quinn a LaGuerta, da Debra a Batista, addirittura la baby-sitter, nella sua inutilità, è orrenda) rasentano spesso il ridicolo per scelte narrative assai sbrigative (l’esempio lampante è LaGuerta che capisce al volo che una macchiolina su una scarpa è una goccia di sangue), e in generale tutto appare poco ispirato, svogliato, tremendamente ripetitivo nelle meccaniche (Quinn pesta i piedi a Dexter come faceva esattamente Doakes nelle prime due stagioni). La buona chiusura non è tuttavia abbastanza per riscattare una stagione pessima, che mostra una sconvolgente mancanza d’idee che, si spera, nella season six possa essere sostituita dalla brillantezza delle prime due stagioni.
L'esempio classico di un attore ingabbiato in un ruolo è quello di Henry Winkler come Fonzie in Happy Days, o andando indietro nel tempo, e rimanendo in Italia quello del povero Ubaldo Lai come Tenente Sheridan.
RispondiEliminaTornando a Dexter, mi auguro in un rinnovamento, però i networks Usa, dovrebbero imparare a fermarsi al momento giusto.
Cosa che ahimè non succederà mai, se il prodotto vende...
RispondiEliminaSì la quinta stagione è stata piuttosto insulsa ma ci può stare. Anche Mad Men ebbe una terza stagione orribile per poi riprendersi alla grande. Il personaggio di Dexter è in continua evoluzione e finchè non verrà meno questo aspetto sarà un gradito ritorno, basta non tirare troppo la corda. Dici che siamo già a questo punto?
RispondiEliminaSecondo me sì,proprio perché la quinta stagione non offriva niente di nuovo, tutto già visto, ricopiato e ricalcato sulle precedenti stagioni. E' chiaro che mi spiacerebbe vedere chiudere la serie, perché un personaggio così affascinante e complesso nasce raramente, ma il calo dalla prima stagione è stato bene o male progressivo (okay, la quarta bellissima, ma in fondo la meccanica degli avvenimenti era sempre la stessa).
RispondiEliminaVediamo ora con la sesta, ma non sono molto ottimista... :(
Sto giusto guardando la sesta, ma non è cominciata nel migliore dei modi...ormai lo schema è quello, spero sempre in un miglioramento...ma la vedo difficile...
RispondiEliminaIo aspetto che finisca prima di provarla, e in ogni caso tempo un paio di episodi e al massimo mollo, ché se è pallosa e stupida come la quinta non vale proprio la pena seguirla credendo e sperando che possa migliorare...
RispondiEliminaSto visionando la settima stagione... pessima. Pessima e pessima. PEggio dell'utlima puntata di Lost. E forse peggio di Kiss of the damned.
RispondiEliminaIo mi sono fermato alla terribile quinta, non voglio nemmeno sentir più parlare del killer dei killer
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