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Recensione: Il tornado di valle Scuropasso, di Tiziano Sclavi

By Simone Corà | lunedì 28 febbraio 2011 | 13:00

Mondadori Strade Blu, 2006
154 pagine, 14 euro
ISBN 9788804556664

Tormentato da un triste passato, un uomo si rifugia in una casa isolata, ai margini del bosco. Chiuso in se stesso, preda di incubi e strane ossessioni, sottoposto a varie terapie di medicinali, trascorre le sue giornate steso sul divano o a bere nei bar città vicina. Fino a quando non inizia a sentire dei rumori provenire dalla caldaia: sceso nel seminterrato, affogato nel boiler trova il cadavere di un alieno…

Tra autobiografia e finzione orrorifica, Il tornado di valle Scuropasso sigla con inquietante realismo lo stato depressivo in cui era ricaduto Tiziano Sclavi, in quegli anni bui che lo hanno allontanato dal mondo della scrittura. Risulta infatti palese identificare il protagonista anonimo nel papà di Dylan Dog, e senza chiaramente scomodare le follie allucinatorie di cui è preda, sono inequivocabili indizi come i comportamenti alieni e misantropi e soprattutto gli accenni a carriere di scrittore e fumettista ferme da tempo. Pubblicato quasi a sorpresa a otto anni di distanza dal precedente Non è successo niente (altra opera autobiografica sotto forma di romanzo), Il tornado di valle Scuropasso è quindi un trip illusorio dove convivono visitatori da altri pianeti e omicidi inspiegabili, persone che scompaiono e misteriosi oggetti ritrovati sotto terra, elementi senza un vero e proprio filo logico ma capaci di creare un’atmosfera tesa, opprimente, angosciosa.

La scrittura di Sclavi è molto semplice, spesso elementare, ottenuta attraverso frasi brevi, snelle, d’effetto, con alcune punte di sarcasmo. Potrebbe non piacere, uno stile tanto asciutto ed essenziale rischia di danneggiare profondità e longevità, lo trovo comunque perfetto per delineare ombre e incubi con sottilizza ed raffinatezza. Complice la scelta di andare a capo dopo ogni punto, ne nasce una lettura rapidissima e vorace, 150 pagine che si mandano giù in meno di un’oretta. Sia chiaro, non ci vuole molto a capire il meccanismo onirico, e appare chiaro sin da subito quale possa essere il banale epilogo della vicenda, tuttavia Sclavi pennella immagini distorte quanto affascinanti (il comportamento di Nardo), alcune della quali di rara eleganza soprannaturale (gli oggetti sotterrati), e permette di viaggiare piacevolmente in questo delirio fantahorror anche nei momenti meno riusciti (le canzoni, gli estratti dalle sceneggiature dei fumetti, certe ricadute stilistiche fin troppo comode).

Non il miglior Sclavi, che ho apprezzato maggiormente nel minaccioso Apocalisse e nel delizioso Dellamorte Dellamore, gravato da un prezzo assurdo ed esagerato vista la lunghezza esigua del testo, ovviamente impaginato con carattere grande e ricco di spazi tra un breve capitolo e l’altro, ma si trova a 7 euro al Libraccio.

5 commenti:

  1. Ciao,
    ti seguo (e ti ammiro) da un bel pò.
    Non apprezzo Dylan Dog e neanche Sclavi ma quello che è riuscito a fare in questa povera Italia povera di horror è notevolissimo... mi incuriosisce la trama. Ok, ok, in coda ai millemilla "todo".
    Grazie per la recensione.

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  2. Grazie! ^_^

    Anche a me non piace Dylan Dog, ma lo Sclavi scrittore, pur avendone letto poco, mi ha sempre soddisfatto. E' leggero, semplice e coinvolgente. :)

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  3. Grande Simone, ci voleva questo tuffo retro! Dico retro perché la descrizione che fai della semplicità di esposizione di Sclavi mi riporta emotivamente ad un periodo di letture più soft da quel punto di vista, in cui Tiziano e Dylan Dog spadroneggiavano.

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  4. ma guarda
    questo è il tipico libro che mi farei prestare, quasi quasi...
    no cioè
    son pieno
    ma se dici che si legge in un'ora, potresti...

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  5. @ OSE: già, e sembrano passati cent'anni.

    @ Gelo: sì sì, ci metti un attimo a leggero, è veloce veloce. :)

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