Regia: Mick Garris
Sceneggiatura: Stephen King
Desperation è una minuscola cittadina, nota ai più, quanto meno nel secolo scorso, per le grandi miniere su cui sorge. Oggi è soltanto un cumulo di immondizia, dove i cadaveri giacciono ai lati della strada e i pochi ancora in vita sono pazzi sanguinari. Tra tutti, lo sceriffo che, guidato da un ferreo senso di giustizia, fa incontrare le sorti di uno scrittore e del suo aiutante, di un’autostoppista e di altri poveri sfortunati, ignari della demoniaca entità risvegliata in quelle miniere.
Ormai classica usanza televisiva, Mick Garris in cabina di regia e Stephen King chiaramente a scrivere lo script sono coppia affiatata nel ridurre tragicamente i romanzi del Re del brivido e a offrirne una trasposizione spesso incolore e superficiale.
Desperation tenta di andare oltre certi standard televisivi, offrendo alcune buone, inaspettate intuizioni, ma una base di partenza così kinghiana, sommata a una qualità stilistica che Garris non sa in alcun modo ampliare, rendono queste due ore e spicci un film fuori tempo massimo, fortemente attaccato a una resa orrorifica anni Ottanta che male, molto male striscia in questo nuovo millennio.
Desperation è un romanzo del 1996, e per quanto ancorato alle tipiche soluzioni soprannaturali con cui King ha sempre infarcito i suoi scritti, usciva comunque vincente, in quella che sarebbe diventata la fase calante dello scrittore del Maine, per un’interessante contrapposizione filosofico/religiosa a certi estremismi di violenze, fisiche e non.
La pellicola, però, nell’infausta sessione di accorciamento per contenere la straripante narrativa di King in un paio di ore, perde tutto quell’impatto fascinoso di fede e blasfemia, e peggio, diventa insipido ricettacolo di dialoghi tremendi, soprattutto nei momenti più intensi e ragionati, dove certe asserzioni sulla religione fanno impallidire per banalità e faciloneria.
Questi tiepidi guai mistici in cui incappa la pellicola di Garris nella seconda metà indeboliscono eccessivamente un film già di suo aggravato da recitazioni piuttosto scialbe (un’ahimè inguardabile Annabeth Gish e un troppo mite Steven Weber), ed è un peccato perché l’ora iniziale di Desperation ha spunti davvero interessanti, resi tali da un cattivissimo e delirante Ron Perlman, vero protagonista e mattatore del primo tempo, che gigioneggia sadicamente anche per mezzo di alcuni intuizioni registiche e inquadrature insolite che ben dipingono i suoi bizzarri vaneggiamenti .
Film mediamente moscio e poco agguerrito, aveva dalla sua un romanzo più che discreto che sciorinava particolari mitologie infernali e duelli spirituali, aspetti che l’accoppiata Garris/King ha appiattito, livellato in un grigiore costante, rendendo uguale Desperation a mille altri prodotti del terrore. Non inganni il buon ritmo iniziale e un gustoso, viscerale crescendo, Desperation precipita poco dopo in una mediocrità anche fastidiosa considerando le potenzialità.
Per completisti.
Sceneggiatura: Stephen King
Desperation è una minuscola cittadina, nota ai più, quanto meno nel secolo scorso, per le grandi miniere su cui sorge. Oggi è soltanto un cumulo di immondizia, dove i cadaveri giacciono ai lati della strada e i pochi ancora in vita sono pazzi sanguinari. Tra tutti, lo sceriffo che, guidato da un ferreo senso di giustizia, fa incontrare le sorti di uno scrittore e del suo aiutante, di un’autostoppista e di altri poveri sfortunati, ignari della demoniaca entità risvegliata in quelle miniere.
Ormai classica usanza televisiva, Mick Garris in cabina di regia e Stephen King chiaramente a scrivere lo script sono coppia affiatata nel ridurre tragicamente i romanzi del Re del brivido e a offrirne una trasposizione spesso incolore e superficiale.
Desperation tenta di andare oltre certi standard televisivi, offrendo alcune buone, inaspettate intuizioni, ma una base di partenza così kinghiana, sommata a una qualità stilistica che Garris non sa in alcun modo ampliare, rendono queste due ore e spicci un film fuori tempo massimo, fortemente attaccato a una resa orrorifica anni Ottanta che male, molto male striscia in questo nuovo millennio.
Desperation è un romanzo del 1996, e per quanto ancorato alle tipiche soluzioni soprannaturali con cui King ha sempre infarcito i suoi scritti, usciva comunque vincente, in quella che sarebbe diventata la fase calante dello scrittore del Maine, per un’interessante contrapposizione filosofico/religiosa a certi estremismi di violenze, fisiche e non.
La pellicola, però, nell’infausta sessione di accorciamento per contenere la straripante narrativa di King in un paio di ore, perde tutto quell’impatto fascinoso di fede e blasfemia, e peggio, diventa insipido ricettacolo di dialoghi tremendi, soprattutto nei momenti più intensi e ragionati, dove certe asserzioni sulla religione fanno impallidire per banalità e faciloneria.
Questi tiepidi guai mistici in cui incappa la pellicola di Garris nella seconda metà indeboliscono eccessivamente un film già di suo aggravato da recitazioni piuttosto scialbe (un’ahimè inguardabile Annabeth Gish e un troppo mite Steven Weber), ed è un peccato perché l’ora iniziale di Desperation ha spunti davvero interessanti, resi tali da un cattivissimo e delirante Ron Perlman, vero protagonista e mattatore del primo tempo, che gigioneggia sadicamente anche per mezzo di alcuni intuizioni registiche e inquadrature insolite che ben dipingono i suoi bizzarri vaneggiamenti .
Film mediamente moscio e poco agguerrito, aveva dalla sua un romanzo più che discreto che sciorinava particolari mitologie infernali e duelli spirituali, aspetti che l’accoppiata Garris/King ha appiattito, livellato in un grigiore costante, rendendo uguale Desperation a mille altri prodotti del terrore. Non inganni il buon ritmo iniziale e un gustoso, viscerale crescendo, Desperation precipita poco dopo in una mediocrità anche fastidiosa considerando le potenzialità.
Per completisti.
una palla di film
RispondiEliminaBeh,Garris è una garanzia al contrario.Di lui salverei solo un raccontino dell'antologia Splatterpunk e l'intuizione di MASTER OF HORROR.
RispondiEliminaMi dispiace solo vedere coinvolto Perlman in obrobbri come questo.
@ Shaman: hai scritto una recensione molto più bella e appropriata della mia!
RispondiElimina@ Nick: se non fosse che i Masters of Horror, tolta una manciata di episodi nella prima serie, fanno cagare a più non posso... ;-)
Ed infatti io ho parlato dell'intuizione,che potenzialmente era molto buona,come poi sia stata sfruttata è un altro paio di maniche...
RispondiEliminaChe desperation queste trasposizioni filmiche di king da film del sabato pomeriggio in tivì. Ma cos'è che li spinge a farlo? Quale forza oscura, mi chiedo?
RispondiEliminaPiù che altro, quale forza oscura spinge me a guardarli?
RispondiEliminaForse la stessa forza oscura e masochistica che spinge tutti noi a guadarli nella speranza(vanissima)di essere smentiti prima o poi.Forse abbiamo tempo da perdere
RispondiEliminaForse ci piace e basta...
Già, però qui c'era Ron Perlman, dovevo vederlo in ogni caso :)
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