Einaudi, 2003
500 pagine
13 euro
Giulio Rovedo è il responsabile dell’ufficio legale di una piccola banca che sta per essere assimilata da un colosso finanziario, Bancalleanza. Ma dietro alla fusione c’è molto di più: sembra che qualcuno, in Bancalleanza, sia intenzionato a ritrovare la misteriosa Arca dell’Alleanza e a far rinascere gli dèi dell’Antico Egitto.
Giulio, costretto a risolvere gli attacchi di un hacker, le magagne familiari e la presenza ingombrante del vicino, il viscido Aurelio Fabrici, si ritrova suo malgrado protagonista di questo complotto esoterico, e, aiutato da un gruppo di persone una più strampalata dell’altra, dovrà capire quale sia il mistero che avvolge il condominio del Nobile.
Romanzo di culto nell’universio letterario italiano, sezione fantastico e dintorni, l’esordio di Tullio Avoledo (con Sironi Editore, prima di essere ristampato dal colosso Einaudi) è un concentrato di freschezza narrativa e intelligenza umoristica, coadiuvati da una mano che, nonostante sia alla prima esperienza lunga su carta stampata, mostra una sorprendente capacità di spaziare tra i generi senza mai disorientare o stordire, ma anzi, facendo divertire per mezzo di un sarcasmo al quale è impossibile sottrarsi.
L’ironia, onnipresente, che filtra sia dal caratteraccio di Giulio che dall’indovinata voce narrante, si dimostra elemento cardine, che lega e stempera i numerosi aspetti soprannaturali della storia, permettendo una loro apparizione graduale e possibile, che mai prende il sopravvento sull’aspetto realistico del romanzo.
Dèi egizi, demoni terrificanti, acque miracolose, dimensioni parallele, universi alternativi emergono con naturalezza e invidiabile mestiere, ma sempre e solo come aspetti accessori della sfortuna quotidiana di Giulio, che, per quanto protagonista indiscusso di eventi che vanno al di là della sua più fervida immaginazione, affronta il tutto con piglio solido e credibile e con una lingua tagliente tremendamente irresistibile.
L’aspetto più originale, ma anche più affascinante e di godibile lettura, di queste 500 pagine, è proprio la componente realistica, che, per quanto vada sempre a braccetto con una certa fantasia soprannaturale, si evolve di pagina in pagina per mezzo di continui innesti di nuovi personaggi e nuove situazioni che vanno dal buffo al simpatico.
Attraverso questi interventi (penso alla tragicomica storia dei genitori di Aurelio Fabrici, o alle discussioni pagano-cristiane tra sacerdoti e assessori comunali), Avoledo costruisce una struttura imprevedibile, in continua crescita, che porta, senza sosta o affanno narrativo, nuovi elementi, protagonisti ed eventi a una trama già di per sé estremamente complessa.
E per quanto il bizzarro e la stravaganza dilaghino pagina dopo pagina, la plausibilità dell’intreccio è resa quasi sempre possibile dalla genuinità delle reazioni di Giulio e compari. Si respira giusto qualche azzoppamento quando viene presentata l’organizzazione Covenant, che sembra apparire dal nulla, o in certi momenti eccessivamente teatrali e cinematograficamente d’effetto (la conversazione a casa di Libonati, la risoluzione finale dell’intreccio), che costringeno il lettore a uno sforzo d’immaginazione fin troppo estroso.
Abbiamo comunque a che fare con una pietra miliare di una certa narrativa italiana di genere, e sarebbe un delitto non appropriarsi di questo piccolo capolavoro.
Recensione impeccabile di quello che per me è un cult del fantastico italiano (e non).
RispondiEliminaCome ho già detto altre volte, è bizzarro che Avoledo abbia toccato la perfezione nel suo romanzo d'esordio. Quelli successivi, per quanto godibilissimi, non sono ai livelli eccelsi de "L'elenco telefonico".
Concordo!
RispondiEliminaLo stile di Avoledo mi ha davvero stregato, perché è un vortice di invenzioni e trovate, e c'è sempre quella sottile ironia anche nei momenti più trisit, che in qualche modo stempera la situazione.
RispondiEliminaE poi i personaggi bizzarri, la struttura singolare, con questa trama sempre in crescita, che non sembra aver mai fine...
Ma McNab, gli altri romanzi di Avoledo seguono sempre queste coordinate? Umorismo+fantastico?
Non tutti, ma molti sì.
RispondiEliminaMare di Bering lo fa, ma è molto meno riuscito de L'Elenco. E poi l'elemento fantastico è più che altro ucronico/distopico, e basta.
Lo Stato dell'Unione, che a molti non è piaciuto, lo considero quasi ai livelli de L'Elenco.
Breve storia di lunghi tradimenti è un po' più agrodolce, ma molto bello.
La ragazza di Vajont è molto più cupo. Se in un certo senso è assai poetico, è forse il suo romanzo che mi piace meno.
Dimenticavo L'ultimo giorno felice, romanzo breve carino ma senza l'elemento fantastico che tanto ci piace.
Ecco :-)
Tencs!
RispondiEliminaAllora mi metterò alla ricerca de Lo stato dell'unione, tanto per cominciare. :)
azz, tanti anni fa stavo scrivendo qualcosa del genere ambientato in un condominio un po' particolare...
RispondiEliminaVa be' butterò tutto nel cestino e mi leggerò questo libro.
^_^
Be', dài, basta che non ci infili dentro dèi egizi e universi paralleli... :)
RispondiEliminaconcordo anchio si
RispondiEliminadai
alla fine ho storto il naso solo sulla parte finale, troppo pirotecnica e quasi troppo rapida, per chidere tutte le storie. Mi ha lasciato la sensazione di "non aver capito bene tutto" comunque
tutti primi dueterzi di libro sono davvero una figata
anch'io devo tornare ad avoledo
e credo che andrò a caso, perché uno che scrive così sciolto male che vada non ti interessa il genere però è sempre figo leggerlo.
:)