2008, USA/UK, colore, 107 minuti
Regia: Martin McDonagh
Sceneggiatura: Martin McDonagh
Ken e Ray sono due killer professionisti, rifugiatisi a Bruges dopo l’ultimo, sfortunato compito che hano portato a termine. E mentre visitano la città e fanno la conoscenza di splendide donne e personaggi bizzarri, Harry, l’uomo per cui lavorano, li chiama per assegnare loro una nuova missione.
Coniugare le atmosfere tetre del noir con la spigliatezza di un umorismo irriverente e fantasioso è forse imprudenza, materia difficile da trattare, che necessita di notevoli doti narrative e registiche, nonché interpretative, per amalgamare generi tanto diversi e donare un’anima all’opera. Il rischio di ridicolizzare certe arie opprimenti con intervalli ironici, e distruggere l’oscura sottilezza, e infrangere i freddi silenzi, è evidente, palpabile, ma McDonagh, che scrive e dirige In Bruges, trionfa nel bilanciare una pellicola esilarante e cupa allo stesso tempo.
Non è questione di intingere la drammaticità di spruzzate ironiche, né, viceversa, di colorare una commedia con accenni thrilleggianti di omicidi, sparatorie e gocce di sangue. In Bruges è un inaspettato caleidoscopio di risate e freddezza, di gag scompiscianti e pathos atmosferico.
Merito di personaggi splendidamente caratterizzati, che prendono vita e si imprimono nella mente per un semplice risvolto caratteriale o anche solo per uno sguardo, una battuta, senza sacrificare nulla alla complessa intelaiatura psicologica che irrobustisce ognuno di loro.
Dal killer freddo ma gentile, di buon animo, al suo collega pasticcione, vagamente schizofrenico, tenero e distrutto dai rimorsi, passando per il loro boss, un uomo ossessionato dalla condotta rigorosa e leale, un rivenditore d’armi tormentato dalle parole, un nano razzista, uno skin rancoroso e molti altri comprimari, importanti, fondamentali per ill mosaico della sceneggiatura anche se appaiono per pochi istanti (i turisti obesi, il bigliettaio).
Si ride, e di gusto, per lunghi scambi verbali e comportamenti insoliti, bizzarri, sopra le righe, e, sullo sfondo di uno scenario impassibile, imperturbabile, le prove eccellenti di Colin Farrell e soprattutto Ralph Fiennes colorano Bruges di gesti stravaganti, strambi ammiccamenti e spassose coincidenze.
Si esagera, forse, nella velocità d’esecuzione del finale, che esaspera eccessivamente l’eccentricità dei protagonisti pur di far quadrare il cerchio, ma il tono surreale della vicenda è base sicura su cui poggiare i piedi, e, a dirla tutta, piace, e molto, questo osare fino in fondo.
Discreto, noioso in più punti, simpatico nell'ironica idiozia dei personaggi.
RispondiEliminaA me invece il ritmo pacatissimo, quasi immobile nella prima parte, è piaciuto tanto.
RispondiEliminaCrea il contesto e confeziona i personaggi. :)
E' un film che adoro. Sono stata a Bruges un anno fa... Colin non c'era. Ho beccato, più che altro, pioggia. Ma la lentezza di questo film, secondo me, è affascinante! Mi sembra di aver pianto sul finale, ma ho pianto anche con il Signore degli Anelli e 300, quindi non faccio testo.
RispondiEliminaCome dire, io....piango copiosamente.
Maria Silvia
Che non è un male, piangere copiosamente, eh!
RispondiEliminaNon posso che essere d'accordo sulla lentezza, che permette di "entrare" nella città e respirarla.
A parte il fatto che il film secondo me è davvero delizioso, va detto che ha anche il merito di rendere al meglio l'aria che si repsira in una città davvero magica, che mi è entrata letteralmente nel cuore dopo che l'ho visitata. E poi la scena della telefonata di Ralph Fiennes è un pezzo di cinema straordinario (strano che anche il doppiaggio italiano sia abbastanza decente tra l'altro).
RispondiEliminaCiao!
RispondiEliminaPosso solo immaginare quanto bella sia Bruges...
Grazie per il commento! :D