USA, colore, 77 minuti
Regia: Joe Begos
Sceneggiatura: Joe Begos
Tolto qualche raro caso, vedere adesso un
horror degli anni Ottanta mi provoca una strana sensazione, non saprei come
chiamarla se non un qualcosa di nostalgico per un certo modo di fare film che
ovviamente, senza tanto scomodare età, maturazione, intenzioni, motivazioni e
passione, è andato perduto. È un discorso legato soprattutto all’atmosfera
evocata, fatta di tonalità grigie e buie, di fisicità violenta priva di qualsiasi
apporto computerizzato, di artigianalità nell’inscenare il soprannaturale, di
effetti sonori sibilanti e di musiche dominate da synth raggelanti e da quel basso pulsante, che
scandiva secondi tragici e terribili - elementi che schiacciano bottoni dentro
di me che nulla hanno a che vedere con trame e personaggi, inquadrature e
dialoghi, colpiscono ben altri punti. Okay, si va a finire parlando di emotività,
e, per chi è come me cresciuto in quegli anni, con determinate esperienze
impresse nella mente, è facile che ogni tanto torni a frignare al ricordo del
“si stava meglio quando si stava peggio”. Discorso bello lungo, potrei aprilo a
musica e videogiochi e non fermarmi più, ma meglio mettere un punto e non
divagare troppo, restiamo sui binari.
Joe Begos è un bravo nostalgico e tutto,
del suo film d’esordio, odora di anni Ottanta, a partire dall’ambientazione, un
1987 spiattellato allo spettatore che magari, nel corso del film, potesse farsi
qualche domanda. E sono proprio quegli elementi nostalgici di cui sopra che
Begos sfrutta per esprimere tutta la sua ottantianità: una nota di basso che
come una campana tuoneggia a intervalli regolari, una scelta cromatica dal blu
al grigio, scura e retrò, molta artigianalità negli elementi fantastici, e mi
sembra nessun tipo di effetti digitali nello spargere sangue e budella ovunque,
dettaglio, quest’ultimo, che a conti fatti diventa ben presto il motore
principale del film. A Begos, oltre agli anni Ottanta, piace più che altro il
gore, e non perde un secondo per dircelo facendo esplodere teste con pistolettate,
sgozzando con seghe a mano, colpendo crani con grossi massi e altri simpatici
passatempi che lo splatter da sempre insegna. Perché questo, più di ogni altra cosa, è Almost Human, un godibilissimo splatterone artigianale, un b-movie grezzo e sempliciotto, un film con una
violenza esposta e aggressiva, insistita senza alcuna remora, esagerata ma non
per questo priva di quel minimo di credibilità che ne regoli la progressione.
Piano, non serve strapparsi i capelli, Almost
Human è e rimane un’opera di poche pretese, un film piccolo e privo
dell’esperienza necessaria per dare allo show una sua piena rotondità: le prove
degli attori sono abbastanza piatte, e sono in linea con una trama che è quanto
di più elementare possa esserci, un mero pretesto utile a Begos per filmare una
carneficina senza fine. Non che mi dispiaccia, per carità, di questi tempi
digitali il sangue scarseggia quasi costasse un tanto al pixel. Siamo dalle
parti di una sorta di zombie-movie, la struttura base è abbastanza chiara e non
mette dubbi, il tutto però mascherato molto bene da invasione aliena:
abduction, esperimenti, mente fleshata al ritorno sulla Terra, desiderio di
uccidere per spargere il seme alieno usando i cadaveri come contenitori, tubi
che escono dalla bocca per fecondarli, nascono altri almost human con l’hobby
di staccare teste e tutto prosegue come una ruota, non è che ci sia molto
altro. Anzi, tutto rimane palesemente su una linearità prevedibile e senza
alcuna sorpresa, e a poco serve che Begos inserisca qualche dettaglio per
caratterizzare i personaggi e dare loro un taglio meno strumentalizzato per la
progressione della storia, sono specifiche posticce e si sente (il lavoro di
lei, il colloquio con il dottore di lui). Ma non importa, via, niente di tutto
questo conta perché Begos sa adoperare la macchina da presa e sa visualizzare
le scene con una certa bravura, pertanto le lacune di una non-storia come
questa vengono nascoste non solo dalle proverbiali secchiate di viscere, ma
anche da una regia molto dinamica e agile: tra carrellate, soggettive e camera
in spalla la narrazione appare molto più agevole e interessante della media, e gli
omicidi si differenziano con quel gusto equilibrato da non renderli né troppo
esagerati né troppo finti (per dirne una, le teste esplodono solo perché il
fucile spara a mezzo metro di distanza, insomma, immagino funzioni così anche
nella realtà, no?).
Almost
Human non ha altre carte da giocare, sicuramente non gli
interessa farlo e si accontenta di poco, un poco comunque decente e ricco di
spunti visivi e sonori (gli urli degli almost human, per quanto già visti,
rimangono impressionanti), e al resto ci pensa un regista esordiente molto
giovane (imdb non dice la sua età ma dalla foto, in cui dispensa simpatia e dice
già molte cose indossando una t-shirt di Hardware,
non credo superi i trenta, maledetto lui) ma da tener d’occhio, capace di
azzerare i tempi morti (il film non dura neanche 80 minuti, 8 dei quali
soltanto per i credits) e picchiare sin dall’inizio come si dovrebbe fare in un
solido b-movie. Rimane da capire la scelta di un titolo del genere, con una
serie tv omonima fortunatamente lapidata da poco non si saprà mai se Begos
abbia tentato di fiutare qualche traino o se, da bravo ottantiano, l’abbia del
tutto, e giustamente, ignorata.
Segnato.
RispondiEliminaps: ultimamente mi sa che JJ è meglio se mette su un carretto di hot dog... XDXDXD
pps: ha fatto pure il "passone" di mettersi con Cuaròn... Un-believe-able... XDXDXDXDXD
Sì, guarda, per me JJ Abrams è la morte di cinema e televisione, e invece gli fan fare il nuovo Star Wars, gosh...
Eliminaè uscito al cinema? :)
RispondiEliminaNo, e non credo uscirà mai :)
Eliminaecco fatto, aggiudicato per una serata all'insegna del WTF..sangue e popcorn....
RispondiEliminaEsatto, la filosofia è quella :)
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