Garzanti, 437 pagine
Grangé sembra voler mantenere un bel
ritmo, un solo anno ci separa dall’ultimo, ottimo Amnesia, e il rischio
è chiaramente quello di una qualità incostante: un autore della sua taglia non
ha bisogno di tale velocità, quantomeno non come il suo editore, eppure mi è
impossibile appoggiare le molte critiche piovute addosso a Il respiro della
cenere, anzi, in molti passaggi il suo ultimo lavoro raggiunge certe vette
spesso toccate in passato pur non brillando nella sua interezza e apparendo
indubbiamente sfuocato.
È sicuramente un Grangé meno in forma,
meno abile nel tenere insieme due storie ben distinte e separate nonostante
l’innesco centrale sia per tanti versi spiazzante e originale nel ribaltare le
situazioni. C’è molto, molto mestiere nell’indagine di Olivier Passan, non sono
certo nuove le bassezze a cui ricorre per inseguire un brutale serial killer
che da mesi terrorizza il paese, né le atmosfere marce o i colori unti dei
bassifondi per contestualizzare una così forte degradazione psicologica – il
caso stesso, a dirla tutta, non ha grandi appigli con cui sconvolgere il
lettore, né ci sono particolari tentazioni soprannaturali, come in passato, con
cui confondere e seminare dubbi, ma c’è una capacità impressionante, dote che
ben pochi scrittori di genere hanno, di dare profondità enorme ai personaggi nei
quali scava senza sacrificare in alcun modo un ritmo narrativo, che, anzi, è
sempre spedito, senza respiro, scandito da uno stile esemplare e meticoloso con
frasi brevi, precise, che rilasciano ogni informazione con una chirurgica
attenzione lessicale.
Grangé crea e mantiene un equilibrio
spaventoso, ed è proprio sotto questo aspetto che si può apprezzare lo sviluppo
de Il respiro della cenere: il matrimonio fallito tra Passan e Naoko e i
misteri che lentamente affiorano dal passato della moglie si intrecciano alla
perfezione con certi indizi disseminati precedentemente e che di colpo assumono
ben altra valenza, c’è quindi un gioco sorprendente tra l’introspezione di un
amore difficile, combattuto e infelice e un’espansione narrativa anche
straniante non tanto per i colpi di scena (invero Grangé ha sempre sofferto nel
voler trovare colpevoli e ricondurre ogni bizzarria a strade più semplici e
consuete) ma perché gestita in maniera eccellente, con un’eleganza, una
maestria e una competenza che quasi fanno il verso all’austerità nipponica che
Passan, amante dell’onore del samurai, insegue cieco fino in Giappone, e che
emergono tumultuose nel lungo combattimento finale dove il romanzo trova
giustissima, epica e a suo modo tragica conclusione.
Eh, devo leggerlo sto grangé...
RispondiEliminaSì, devi, e comincia da Il giuramento o Miserere :)
EliminaHo letto quasi tutto di Grangè (mi mancano Miserere e Il concilio di pietra), Il respiro della cenere mi ha deluso abbastanza, migliore Amnesia secondo me :)
RispondiEliminaSì, è un gradino sotto ai suoi standard, è molto di mestiere e infatti pecca di una trama scontata e con le tipiche caratteristiche di Grangè, ma è comunque un'ottima lettura, scritto bene, ritmo altissimo, personaggi enormi :)
EliminaMiserere per me è uno dei suoi migliori, recuperalo al più presto