USA, 84 minuti
Regia: Mickey Keating
Sceneggiatura: Mickey Keating
Mickey Keating deve aver visto e rivisto
l’opera omnia di Ti West, dello stile lento e atmosferico del papà di The House of the Devil riprende bene o male tutto ma quanto meno con una sorta
di cognizione di causa, il suo non è un copiare a cazzo per valore artistico né
ovviamente per compiacere chissà quale pubblico (che su imdb gli rifila quasi a
mo di schiaffone un 3,7), c’è del lavoro dietro, uno studio interessante e scelte
registiche dai buoni spunti. Certo, pur sempre di esordio si tratta con tipici abissi cosmici che ne conseguono e Ritual,
a partire dal titolo stupidello e poco curioso, mostra tanti difetti che
chiaramente, fuori dal settore indie, avrebbero avuto più facile gestione, ma
si sopporta volentieri ogni cosa di fronte a un lavoro tutto sommato particolare
e di sincero fascino.
Non è la trama a colpire, Keating prende
uno straccio di storia su sette sataniche, sacrifici al capro e un pizzico di
home invasion, la lascia lineare e prevedibile dall’inizio alla fine perché sa
bene che non è la storia a essere fondamentale ma come viene racconta, e
infatti non perde tempo e subito mostra certo stile visivo (i long take durante
i dialoghi, la camera sempre tremolante, la narrazione destrutturata con lunghi
flashback improvvisi, per non parlare dei bellissimi titoli di testa) con cui
accompagnare la crescente disperazione dei due protagonisti. La ricerca di una
lenta agonia mentre la tensione cresce è fattore ben visualizzato attraverso
l’annullamento dell’azione: Tom e Lovely parlano, si affrontano, ricordano, si
interrogano e litigano accrescendo il senso alieno che già si prova per il
cadavere nella stanza del motel e per quello che potrebbe succedere, in fondo
dopo il ritrovamento della VHS viene iniettato un perturbante mica da ridere
che accompagna fino al termine della pellicola. E Keating svolge un lavoro più
che discreto, la sua regia non dona valore aggiunto alla storia, né è bensì parte
integrante e fondamentale per far deflagrare un orrore non eccezionale ma
genuino, e nella seconda metà del film, dopo la comparsa dei villain, tutto
assume un tono tra l’onirico, il fumoso e un certo grottesco di enorme
suggestione: la corsa di Lovely, i corpi che si mischiano alla notte, i lunghi,
dilatati silenzi, l’interminabile dialogo in auto per concludere poi con il
riuscito ammiccamento finale.
Pazienza allora per una manciata di attori
davvero scarsi, senza alcun tono di voce lui e lei boh sa solo piangere, così
come per certe lagnosità/lunghezze che necessitavano ben più di una spuntatina
per una maggior fruibilità (se si può premiare una scena eterna come quella di
Lovely davanti allo specchio, certi scambi di battute nella parte iniziale
continuano a ripetere sempre la stessa cosa), ma il prodotto finale, pur nelle
sue mancanze e in certe sue pochezze (i sacrifici, considerando l’ottimo lavoro
visivo, sono invero abbastanza scarni e bruttini, errore imperdonabile
di una pellicola che punta molto sul piano visivo; un certo tono noir nelle
atmosfere e nella costruzione dei personaggi appare abbastanza fuori posto), è
assemblato con cura e buon carattere: chiaro che si aspetta il prossimo The
Night Stalkers per vedere se Keating abbia realmente qualcosa da dire e non
si tratti soltanto di un regista inesperto che tenta di fare l’Autore.
Interessante il tuo punto di vista. A me non è piaciuto proprio, da nessun vertice di osservazione, ma concordo sul fatto che bisognerà vederlo all'opera nel suo prossimo film, il Keating. Dopodichè, se anche quello sarà sulla linea di questo, lo archivieremo per molti lustri :)
RispondiEliminaE allora ci ritroveremo a dibattere sul suo prossimo film :)
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