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Recensione: Black Death

By Simone Corà | venerdì 1 luglio 2011 | 08:00

2010, UK/Germania, colore, 102 minuti
Regia: Christopher Smith
Sceneggiatura: Dario Poloni

Tra gli alfieri del cinema del terrore inglese, si può dire che finora Christopher Smith, seppur ben lontano dallo sfornare titoli memorabili, non abbia mai sbagliato un colpo: dall’horror puro alla commedia macabra, una certa inquietudine è sempre stata materia prima dei suoi quattro lavori, e con Black Death ci troviamo forse davanti alla sua opera più matura, nella quale Smith sa ben calibrare equilibri atmosferici con saliscendi soprannaturali in uno sporchissimo contesto da brivido. L’ambientazione medievale è quindi, forse, protagonista assoluta della pellicola, resa nella sua atroce cupezza con una regia grezza e frenetica, che permette una sublime quanto marcia condivisione di dolori, fatiche e disagi con i cavalieri capitanati da uno Sean Bean ormai volto perfetto e immancabile per questo ruolo.

Pur partendo da una base ben consolidata quanto soporifera come il dualismo delle fede, Black Death non è l’ennesimo film che corre a gomiti alti denunciando la criminalità cattolica d’altri tempi, né tenta sterili moralismi con interrogativi quali la crudeltà di Dio nonostante l’amore verso l’uomo. Attraverso una solida sceneggiatura, interessata prima di tutto a raccontare una buona storia, Black Death sfrutta infatti l’inquisitorio religioso per insinuare dubbi soprannaturali di rara eleganza, dissemina il duro viaggio del giovane monaco Osmund di certezze continuamente infrante e riesce a creare una sinistra angoscia nel non puntare mai apertamente l’ago della bilancia verso limpido orrore o semplice, malvagia realtà. Dagli ostacoli iniziali come l’attacco nei boschi o la presunta strega in attesa del rogo purificatorio, squarci di violenza utili per assimilare i fetori di superstizioni e paure, all’arrivo alla meta, questo villaggio dove la peste, la morte nera, sembra misteriosamente non mietere vittime per mezzo, forse, di un atto di stregoneria, ci si trova in un costante bilanciamento di umori e reazioni, resi vivi da una più che buona caratterizzazione dei cavalieri, non mere bidimensionalità necessarie a diversificare l’andamento del film, ma figure umane e ben contestualizzate, nelle loro credenze, scelte ed errori.

Forse un unico difetto macchia Black Death, una certa facilità/comodità narrativa per risolvere un altrimenti difficile snodo nel troncone conclusivo, ma ci si presta più che volentieri a simili esigenze filmiche se il risultato finale appare così ricco di fascino occulto.

10 commenti:

  1. Peccato per una seconda parte un pò annacquata ma in generale un buon prodotto.
    Possibile che mettano sempre pisello a fare la stessa parte!?

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  2. Sicuramente molto meglio de "L'ultimo dei Templari"! Preferisco un approccio più serio al tema "peste & streghe", e Smith non mi ha deluso.

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  3. @ Eddy: però è bravo, per me possono metterlo a fare pure il bidello in un teen movie e ruba la scena a tutti.

    @ Mr Giobblin: però nell'Ultimo dei templari c'è Ron Pearlman quindi è un filmone a prescindere. XD

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  4. Sono qui anche per ringraziarti per le dritte su "Perdido Street Station" in italiano, che ho finalmente trovato (per merito tuo) e adesso giace in attesa di lettura sul mio e-book reader dell'iPad. Many, many Thanks!

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  5. @ Psiche: dovere. e buona lettura. :)

    @ Cyb: ma tu come l'hai visto? Cioè, come fai a saperlo?

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  6. Io vedo tutti i piselli del mondo. E' un dono.

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  7. lo guarderò a breve, ma ho appena finito il precedente di Smith, ossia TRIANGLE. Veramente bello! Non puoi non recensirlo in tempi brevi! :)

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    1. Sì, Triangle bellissimo, per me il suo film migliore. L'ho visto a suo tempo e non so perché non l'ho recensito, magari me lo ripasso per scriverne qualche riga :)

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