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Recensione: Lords of Chaos – La storia insanguinata del metal satanico, di Michael Moynian e Didrik Søderland

By Simone Corà | lunedì 21 marzo 2011 | 12:00

Tsunami edizioni, 2010
384 pagine, 22 euro
ISBN 9788896131152

Quanto accadde nella Norvegia dei primi anni ’90 è cosa che, metallari o meno, è sicuramente capitato a tutti di sentire. Nel gelido, funereo clima della nascita della più estrema delle correnti musicali, dell’omicidio di Oysten Aarseth, giovane leader della scena, per mano del folle quanto ambizioso Kristian Vikernes, se n’è infatti parlato in ogni dove e quando – persino Carlo Lucarelli ne ha scritto un breve saggio nel libro La faccia nascosta della luna, e dal volume qui recensito l’immenso Sion Sono ha tratto l’omonimo film, di cui sta ultimando le riprese.

Lords of Chaos, uscito ormai quasi quindici anni fa in America e ripubblicato in versione aggiornata a inizio duemila, arriva in Italia con esagerato ritardo, perdendo quindi il fascino nero e sensazionalistico di allora. Da lungo tempo il black metal è stato sdoganato, diventando genere comune e più aperto alle masse con i vari, chiacchierati Dimmu Borgir, Cradle of Filth e compagnia sinfonica, non esiste quindi più alcun tipo di alone occulto e diabolico, quanto meno inteso come quello sviluppatosi sul finire dello scorso secolo, che lo avvolge. Persino i Darkthrone, tra le band scandalo di quel periodo con il loro norsk arisk black metal, non più ingenui ventenni ma credo maturi quarantenni, ora sorridono nei boschi frantumando l’immagine infantilmente satanica che aveva etichettato il genere. Inevitabile, inoltre, un certo senso di datato, pensando più che altro a quanto ultimamente accaduto nella scena e dintorni (i suicidi di Quorthon e di Jon Nodtveid, la scarcerazione di Vikernes e il suo ritorno in studio, le Bestie di Satana). Il saggio curato da Michael Moynian e Didrik Søderland resta però lettura assai interessante non solo per l’accurata cronistoria dell’emblematico omicidio di Oysten Aarseth, in arte Euronymous, ma soprattutto per l’osservazione, meticolosa e approfondita, della scena politica, religiosa e culturale norvegese, che occupa una buona metà del volume.

La prima parta indaga quindi sul fenomeno black metal, e se dagli albori dell’occultismo musicale anni ’70 al sanguinario manifesto norvegese non si trova in fondo nulla che un appassionato già non conosca a memoria, è talmente dettagliato il resoconto di Moynian e Søderland, ricostruito anche attraverso interviste agli stessi protagonisti e attenti profili psicologici, da non venire mai meno a curiosità e coinvolgimento. Dalle chiese bruciate alla presunta, fragile omosessualità di Aarseth, dalla sulfurea atmosfera che si respirava alle contraddizioni filosofiche che aggrovigliavano comunismo e nazismo, dal bambinesco estremismo alla pura pazzia, i fatti di sangue compiuti dai seguaci dell’Inner Circle, più per esagerazione adolescenziale che per reale interesse demoniaco, vengono illustrati con tatto e intelligenza, senza alcuna facile gonfiatura giornalistica.

Aperta da un’intervista fiume a Vikernes, che tenta di illustrare il suo incoerente pensiero pagano delirando sull’arianesimo nordico e addirittura sugli UFO, la seconda parte del volume, interrogandosi sui motivi che hanno portato alla nascita di tanta, incontenibile rabbia in Norvegia, si addentra nei territori politici e culturali che hanno segnato la nazione dalla seconda guerra mondiale in poi. Tra follie neonaziste e sentite radici pagane, con la maschera del satanismo usata come ripudio al cristianesimo invasore, Moynian e Søderland discutono con psicologi, studiosi e nomi più o meno illustri (tra cui Anton LaVey, il celebre fondatore della Chiesa di Satana), e realizzano un affresco veritiero e credibile sui semi che hanno dato vita a una delle pagine più crudeli e assurde della musica.

Stilisticamente altalenante, sono infatti ben distinguibili i diversi approcci dei due autori, uno più ricco ed elegante, l’altro più schietto e semplicistico, Lords of Chaos, pur presentando qualche evitabile ripetizione concettuale, è ottimamente strutturato, e solo in sporadici momenti tende a dilungarsi eccessivamente rallentando un po’ la lettura. Rimane comunque un’opera di sinistro fascino: un acquisto obbligatorio per gli appassionati di metal e dintorni, ma un notevole, notevole saggio anche per chi cerca della morbosa cronaca nera che non sia per forza legata ai serial killer.

10 commenti:

  1. L'hai visto il dvd Until the light takes us?

    Burzum mi è sempre sembrato tutto tranne che folle, e gli ho sentito dire cose più intelligneti del 90% delle persone che conosco ;-)

    Ian

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  2. No, be', ma tu non hai idea di che panzane dice in questa intervista, ma robe del tipo che la gente con gli occhi marroni non merita di vivere, e allora il giornalista gli fa, ma ehi, magari ci sono delle persone con gli occhi marroni che sono d'accordo con quello che dici, e allora lui, eh sì ehm sai è vero, volevo dire allora che alcuni con gli occhi marroni magari possono andare bene, dai, mi ero dimenticato degli occhi marroni che si accoppiano con gli occhi azzurri...

    Oppure cose ridicole, come la scelta del nome Varg inteso come lupo, quando in realtà ha ben più di un significato che lo riconduce a squilibrato, ladro, pazzo, e nessuno lo usa mai inteso come lupo...

    E ce ne sono parecchie, di ste chicche.

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  3. E no, Until... non l'ho ancora visto, ma rimedierò.

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  4. Ah, be', questa non l'ho letta.
    Mi riferivo ad altre che ho VISTO.

    Delle interviste scritte non fido mai perché raramente riportano quanto detto davvero e sempre stravolgono apposta o inventano, e non si può capire il tono (Burzum è uno che si diverte a prendere per il culo l'intervistatore, da quello che mi dici sembra proprio così. Se poi era serio, be', peggio per lui)

    Ian

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  5. Comunque: Photophobia disco black dell'anno finlandesi, ma con cantante italiano uscito in 500 copie)

    Ian

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  6. Photophobia, okay, segnato. Vediamo di procurarcelo in qualche maniera. :)

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  9. Ho letto i libro...secondo me è una merda!!!e ke palle sembra un saggio di cronaca nera mixato con un trattato di sociologia.Potrebbe essere interessante in quel contesto. Si parla di tutto tranne che della musica.Il primo black metal aveva u nsenso poi l oblio. da persona che dai suoi 40 anni ha vissuto/suonato quel genere e ancora lo fa.. posso sol odire che conferma come sia stato(o black norvegese) l ospartiacque tra un periodo magico e irripetibile dell underground e quella merda che ce' adesso dove tutto è trendy. se volete sapere come era quell epoca lunico libro vero è swedish death metal.. STOP

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    1. Sì, però Lord of Chaos racconta proprio un fatto di cronaca. La musica è marginale, agli autori interessavano motivazioni, intenzioni, filosofie, e mi sembra che sotto questi punti di vista il tutto sia stato affrontato con piglio attento e molto professionale.

      Swedish death metal è di certo tra i prossimi acquisti.

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