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Il 36° giusto, di Claudio Vergnani

By Simone Corà | martedì 21 settembre 2010 | 08:00

Collana Nuovi Incubi, Gargoyle Books, 2010
528 pagine, 15,00 euro
ISBN 9788889541487

Il gruppo di ammazza vampiri più scalcagnato d’Italia, dopo aver ucciso il potentissimo Sire Grimjank, ritorna per dare la caccia ai succhiasangue rimasti al termine dell’invasione vampirica di Modena. Claudio, Vergy e Gabriele, al verde, imbottiti di farmaci e alcol, senza alcun futuro, si ritrovano così a lavorare per Paride, stimato killer di creature della notte, affiancati di volta in volta, di missione in missione, da nuovi alleati: un nano di colore che gira armato di granate e fotografa cadaveri, una giovane ninfomane, un parroco guerriero e molti altri…

Con Il 18° vampiro Claudo Vergnani aveva fatto il colpaccio: esordiva per Gargoyle con un romanzo horror fresco e accattivante, parlava di vampiri regredendoli a un primitivo aspetto mostruoso e deforme, mostrava un approccio alla materia sincero e devoto, violentissimo, disgustoso, marcio, sboccato.

Trascorre oltre un anno, l’ottimo ricordo di quel suo primo lavoro non si è affievolito, è più facile ora riconoscerne imperfezioni, lacune e un’eccessiva lunghezza, ma le avventure sanguinarie di Claudio e Vergy sono ancora ben impresse in tutto il loro rivoltante, disperato assalto splatter. L’attesa e la curiosità per questo sequel sono quindi notevoli, c’è voglia di immergersi di nuovo nelle vite lerce di quel gruppo di disadattati, vedere cosa combinano, semplicemente sapere come stanno.

Apparentemente, Il 36° giusto non cambia le carte in tavola, e il primo impatto è di quelli felici, appaganti: la narrazione in prima persona di Vergnani è sempre sinuosa e iperbolica, fatta di lunghissime descrizioni che si soffermano sui particolari più stomachevoli e nauseanti, sovraggettivando spietatamente, caricando ogni scena di primissimi piani su corpi squarciati, ferite slabbrate, infezioni purulente. È una festa splatter che vomita frattaglie in continuazione, non c’è un momento di pausa dal flusso di sangue che inonda le pagine, un torrente di atrocità bestiali che non lasciano alcunché all’immaginazione.

È una scelta vincente, si incastra perfettamente con uno scenario dove i vampiri sono bestie immonde, creature prive di intelletto dominate da istinti primordiali che nemmeno credono di possedere, mostri distrutti dall’incapacità di procacciarsi prede e bere sangue eppure pericolosissimi, putridi derelitti dal corpo ridotto a brandelli, costretti a strapparsi, tagliarsi, mutilarsi e divorare la propria linfa vitale pur di tirare avanti strisciando, sfasciandosi lentamente come un cadavere che diventa polvere sotto terra.

Ci sono scene potentissime, sguardi allucinanti e crudeli su questi mostri disperati che neanche sanno di essere vampiri, istanti terribili come l’incontro tra Claudio e la folle succhiasangue che si riempie la bocca di terra pur di non sentire la pulsione, il desiderio di bere, o la parentesi di glaciale immobilità con i vampiri nudi e devastati nel bosco, che guardano e compatiscono quel gruppo di stupidi umani che non sono poi messi peggio di loro.

E com’era ne Il 18° vampiro, anche in questo sequel è la disperazione ad affiorare come un corpo maciullato in un mare di sangue e frattaglie, la disperazione provata dai protagonisti nel fuggire nel mausoleo di Modena dilaniati dai crampi alla pancia, la disperazione che si avverte mentre scendono nei bui cunicoli dell’edificio abbandonato a Parigi, quella disperazione, vera e palpabile, di annullare la propria vita con tranquillanti e alcol, cercare di dormire il più possibile per non vivere, per non dover fare l’unica cosa che loro malgrado sono in grado di portare a termine.

A mutare è però la struttura, non più una storia unica, ricca di un’atmosfera epica che portava a un gran crescendo finale, ma più storie autoconclusive legate tra loro da sottili elementi (Paride che affida una missione dopo l’altra a Claudio, Vergy & Co; i personaggi femminili di contorno, che incidono sull’umore e sui ricordi pseudomalinconici dei protagonisti), scelta che ricorda una certa meccanica delle serie tv di una volta.

Sono aumentati inoltre il gore, raggiunge vertici splatter in cui raramente mi sono imbattuto in narrativa, e la componente umoristica più sguaiata e volgare, ma non tutto gira a meraviglia, in questo secondo capitolo, in particolar modo questo ricorso a una volgarità esasperata, davvero, davvero esasperata, talmente forzata in alcuni passaggi da creare un effetto ahimè deleterio all’indiavolato spirito cinico dell’io narratore. Le battute scurrili di Vergy, così come le metafore colorite di Claudio, tendono saltuariamente a ripetersi, e a leggere decine e decine di volte che cosa farebbero al culo di quello e a che tipo di merda corrisponda quell’altro, si storce il naso. La simpatia del gruppetto di protagonisti rimane immutata, intendiamoci, il loro tono sboccato è spesso esilarante nonché l’ideale per sottolineare certi momenti drammatici (la fuga con la cacarella è da antologia), ma a lungo andare si rivela eccessivo, sovrabbondante, un accessorio di cui, qua e là,si poteva fare tranquillamente a meno.

Anche la prosa di Vergnani si incarta di tanto in tanto in alcuni passaggi meccanici, fatti di dialoghi a volte superflui, ridondanti. La sensazione è quella di un romanzo troppo lungo – 528 cartelle secondo l’impaginazione della Gargoyle, che sfrutta un carattere minuscolo, ma almeno, direi, un 700 secondo formati più classici – che necessitava di qualche taglio, di un poco d’ordine (penso ai flashaback sulla fuga dalla mattanza modenese, tra l’altro bellissimi nonostante l’odioso ricorso al corsivo: sembrano inseriti a caso nella prima parte, risultando un po’ fini a se stessi) e di una necessaria correzione di bozze (c’è almeno un refuso in ogni pagina).

Il 36° giusto è un lavoro interessante, la formula di una serie di lunghi racconti travestiti da storia unica mi è piaciuta, collegamenti e rimandi tra l’uno e l’altro sono ben sfruttati, ed è giusto e preciso l’aggancio finale per un terzo capitolo, però manca qualcosa, una maggior coesione, una maggior credibilità umoristica, che forse ne indeboliscono il valore complessivo.

Se vi è piaciuto Il 18° vampiro, Il 36°giusto è in ogni caso acquisto irrinunciabile, abbiamo a che fare con un buon lavoro, soltanto sprovvisto di quel quid che aveva fatto brillare il primo episodio. E se pur un gradino sotto al 18° vampiro (la cui lettura non è indispensabile per comprendere il sequel), poter rileggere delle vicissitudini tragicosessuali di Claudio e delle abrasive prese in giro di Vergy non ha prezzo, così come non ce l’ha la potenza orrorifica/descrittiva di Vergnani.

Ora mi metto in attesa del terzo atto, mi aspetto le scintille più brillanti e le scoregge più puzzolenti!

Leggi la recensione de Il 18° vampiro, di Claudio Vergnani

8 commenti:

  1. Non ho ancora letto nulla di Vergnani, credo che dovrò farlo:-)

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  2. Come hai detto tu, è un acquisto doveroso.Per fortuna la Gargoyle rispetto alle ed.XII è più facilmente rintracciabile in libreria.
    Comunque l'ho ordinato ad un librario di fiducia e speriamo arrivi presto.

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  3. @ Ferru: leggi leggi :)

    @ Nick: bravo. (Comunque anche i libri di Ed. XII puoi tranquillamente ordinarli al tuo libraio di fiducia, ti arrivano in pochi giorni :) )

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  4. I capitoli intermedi sono SEMPRE i più complicati, per lo scrittore e per i lettori.
    Secondo me "Il 36° giusto" regge il botto.
    Se gli devo muovere una critica è l'assenza di un villain forte come Grimjack nel primo capitolo. Qui Claudio Vergy etc sono loro stessi a comportarsi da antagonisti nei confronti della vita e della sanità mentale :-P

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  5. Sì, anche secondo me l'assenza di un bel cattivone si fa sentire, o comunque di un preciso scopo finale (leggasi mega-boss) a cui tendano le varie avventure, però non mi è dispiaciuta affatto questa scelta. :)

    Fosse stato un poco più snello, aola. :)

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  6. @Silente.
    L'ho fatto.
    Mi è stato risposto che ci sarebbero state meno complicazioni se me li ordinavo io direttamente.
    Penso che sotto natale mi farò un regalo dodicino.

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