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Il Cerchio Muto

By Simone Corà | lunedì 15 giugno 2009 | 11:21

di Gianfranco Nerozzi
593 pagine
Editrice Nord
2009
18,60 €

Clorinda ha diciotto anni e un padre ossessivo, che la imprigiona in casa, impedendole di vivere la sua vita. Ma questa notte, il giorno in cui diventa maggiorenne, vuole scappare, fuggire, e respirare finalmente tutto ciò che ancora le appare alieno, misterioso, affascinante.
Franco invece è un bullo, un pilota esperto, pronto a far rombare la sua auto truccata in una corsa all’ultima frenata, quella che lo dividerà da un burrone, meta ultima se non si fermerà in tempo.
E infine Chiara, vice questore, chiamata a indagare sul fenonemo degli incidenti notturni, delle stragi del sabato sera, che rimarrà invischiata in una vicenda di motori e fantasmi.
Su tutti, aleggia l’inquietante, oscura, enigmatica figura di Saverio Mastri, padre di Clorinda e stimato scultore sciamano.


Si aspettava con una certa curiosità il ritorno di Gianfranco Nerozzi, ora approdato a una casa editrice, la Nord, capace finalmente di dargli il giusto risalto e la legittima pubblicità guadagnatasi in tanti anni di scrittura nera, contorta, virtuosistica e perversa.

E Il Cerchio Muto illumina, sin da subito, le doti narrative dello stregone bolognese. Nerozzi innesta atmosfere apocalittiche in scenari urbani, comuni, deviati ma concreti, e lo fa attraverso una minuziosa ricerca lessicale che, come sempre, genera macabra poesia e musicalità invidiabile. Ogni parola, ogni termine, viene soppesato e bilanciato per trovare posto in frasi brevi, di grande effetto, frasi che, giocando con il suo vasto glossario, strizzano il lettore, lo rincorrono, lo asfissiano. E si crea una struttura angosciante, teatro di un continuo cambio di prospettiva, di tempo verbale, di narratore.

Perché ciò che colpisce, ne Il Cerchio Muto, non è tanto la trama, ma il rigore chirurgico con cui viene esposta. L’impalcatura, contorta e complessa, offre infatti i punti di vista di tutti i personaggi, protagonisti o meno, che scontrano le loro vite in una vicenda lugubre e opprimente. E quindi si potranno analizzare gli eventi clou da tante angolazioni diverse, da differenti modi di concepire il male, da discordanti vie di vivere la furia soprannaturale che permea la storia.
Storia che, però, dopo un’apparente promessa di originalità, di contesti insoliti e di meraviglie ancestrali, si assesta su lidi noir-thrilleggianti con una spruzzata d’horror, senza mai sconfinare oltre certi limiti schematici che, nel complesso, impediscono di ubriacarsi di sorprese man mano che si avanza nella lettura.

Vengono poste molte aspettative nella parte finale del romanzo, per mezzo di tutti quei riferimenti occulti e per il continuo punzecchiamento riguardante la Triplice, la misteriosa organizzazione malavitosa, ma il tutto si riduce a un (esemplare) epilogo classico, dove i vari tasselli disseminati qua e là ricompongono un puzzle che si rivela essere molto più lineare del previsto, ma che svolge l’egregia funzione di raccontare, e raccontare alla grande, una storia, di fatto, molto semplice.

Il punto, più che altro, è che le basi fascinose e le complesse intelaiature psicologiche dei personaggi danno vita a coincidenze narrative sì interessanti e curiose (e ad autocitazioni e rimandi ad alcune opere precedenti del Nero), ma forse falliscono nel tenere alta l’attenzione del lettore, per colpa di quello che appare come il maggior difetto dell’opera: la lunghezza.

Quasi 600 pagine sono in effetti troppe per l’intreccio raccontato, e per quanto questo possa venire sviscerato dai tanti punti di vista, che lo analizzano e lo approfondiscono con estrema precisione e fantasia caratteriale, appare evidente come certe parentesi potessero essere tagliate a favore di un ritmo maggiore e più grintoso, così come il personaggio di padre Cristoforo (non particolarmente necessario) poveva essere sacrificato sull’altare della fluidità.

Ciò non toglie il carisma di uno stile straordinario, eccellente sotto il profilo strutturale, capace di sorprendere, stupire, pagina dopo pagina, per questa trovata lessicale o per quel gioco di parole, che non si mostra mai compiaciuto nemmeno nei momenti più pesanti da digerire, e che, con un 100-150 pagine di meno, avrebbe stampato su carta un’opera davvero ammirevole.

Non il miglior Nerozzi di sempre, ma comunque da provare, e con gusto.

3 commenti:

  1. Bella rece, scritta bene e intelligente. Il Cerchio muto fa parte di una trilogia e sono previsti un prequel e un sequel. Certi personaggi, come padre Cristoforo e i riferimenti alla Triplice, sono agganci narrativi che serviranno per le prossime trame da svolgere. L'happy end del romanzo, poi, è assolutamente una finta. Niente di liberatorio. E anche il crudele Vasco Terrano, che si risveglia dal coma,fa parte di questo gico. Un gioco perverso, come sempre. La fuga dal cerchio non è ancora completata. Forse non finirà mai

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  2. Ciao Gianfranco,
    qui mi cogli impreparato. Ho letto commenti e recensioni qua e là, non troppi per non influenzare il giudizio prima dell'acquisto e dopo la lettura, in modo da scrivere una recensione onesta, ma mi era sfuggito che facesse parte di una trilogia.

    Immagino allora che "i conti" torneranno con gli altri due volumi.

    Spero di leggerli al più presto!

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  3. Lo sto leggendo ora.
    Diverso dagli altri libri di Nerozzi (in un certo senso più forte ancora), mi trova finora spiazzato all'idea di recensirlo.
    Cosa che comunque farò, si capisce.
    Un libro potente, questa è la prima parola che mi viene in mente.

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