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Star Trek

By Simone Corà | domenica 17 maggio 2009 | 13:50

2009, USA, colore, 127 minuti
Regia: J.J. Abrams
Sceneggiatura: Roberto Orci, Robert Kurtzman

Per contrastare una fazione di Romulani ribelli, guidati da Nero, in viaggio nel tempo per vendicarsi della Federazione, Spock li segue per proteggere il suo miglior amico, il capitano Kirk, che è ancora un giovane cadetto di belle speranze, e se stesso, lo Spock del passato.

Con un mediocre Mission Impossible III come prima e finora unica regia cinematografica, il re dell’universo pop e patinato J.J. Abrams aveva bisogno di un titolo forte, vincente e spettacolare per conquistare anche il grande schermo dopo aver prodotto il giocattolo catastrofico Cloverfield e aver monopolizzato i meccanismi televisivi come guru della serie fanta-thriller Alias, papà dell’intreccio fanta-filosofico di Lost e creatore del recente Fringe.

L’azione, esplosiva impronta personale di Abrams (basti pensare ai frenetici episodi di Alias che portano la sua firma in cabina di regia), è un vortice di botti, deflagrazioni, scatti, grida e respiri mozzati, ed è il primo, devastante impatto che si ha con Star Trek, prequel alla prima e leggendaria serie TV targata 1966.
Dieci minuti folgoranti che spazzano via quarant’anni di storia sci-fi a base di tutine aderenti e teletrasporti, dieci minuti che frantumano la fredda e calcolata lentezza del telefilm all’insegna di combattimenti spaziali colorati e roboanti, dieci minuti che sorprendono e annichiliscono e lasciano quasi spaesati, anche e soprattutto per la strizzata d’occhio alla saga rivale di Star Wars.

E non c’è un minuto di respiro in queste due ore di corse perdifiato, viaggi interstellari, paradossi temporali, buchi neri, creature mastodontiche e implosioni planetarie. Si viene travolti da una dottrina totalmente votata a quell’azione caciarona e divertente che non può non suscitare simpatica curiosità verso chiunque, dal trekkiano incallito allo spettatore occasionale della domenica pomeriggio.

Orci e Kurtzman (autori degli episodi più intricati e appassionanti di Alias, ma anche di quella schifezza dello script di Transformers e di quello anonimo di M:I III) giocano con i salti nel tempo, sentimenti repressi e rivalse razziali, umorismo e finta meccanica, e riescono a comprimere molta carne al fuoco in una sceneggiatura dall’appeal lineare, scorrevole, indovinato e smaccatamente accattivante.

Probabilmente si respira un’aria troppo compressa, e la rapidità con cui convivono e si intrecciano dialoghi, montaggio e riprese al fulmicotone a volte è forse eccessiva, lasciando lo spettatore stupito e stordito allo stesso tempo.
Ma la cura con cui Abrams tiene la situazione sotto controllo, gestendo una pellicola dal ritmo infuocato e incontenibile, sbalordisce nelle sequenze più concitate (il già citato prologo, la discesa in paracadute e relativa scazzottata sulla sonda romulana). Niente è lasciato al caso, e pur in una struttura commerciale e sensibile al palato di tutti (non viene versata una sola goccia di sangue in tutto il film), l’attenzione riservata ai particolari mostra un Abrams privo di rivali nell’ormai inevitabile conquista del mondo intero.

Impensabile e prodigiosa la prova di Zachary Quinto nei panni di uno Spock rigido e inflessibile: era cosa difficile immaginare come l’atteggiamento beffardo e spietato del Sylar della serie TV Heroes potesse trasformarsi nella ferrea compostezza vulcaniana, ma Quinto si dimostra attore estremamente flessibile anche se non appare una sola espressione in quel volto dalle sopracciglia diritte e dai capelli a spazzola.
Ottima la prova del resto del cast, a partire dal marginale ma sempre straordinario Simon Pegg, passando per la bella ma severa Zoe Saldana, l’irresistibile Anton Yelchin, Karl Urban, Eric Bana e Chris Pine nei panni di un capitano Kirk che, con una caratterizzazione così ancorata agli stereotipi action (fusto, coraggioso, stronzo e casanova), rappresenta forse l’ombra più scura dell’intera pellicola.
Parti minori ma non meno importanti anche per Winona Ryder e soprattutto per l’unico vero e indimenticabile Spock, Leonard Nemoy.

Immenso il lavoro effettistico, ricco di meraviglie visive sbalorditive (indimenticabili le navi romulane e le sonde sputafuoco); bombastico quanto serve l’accompagnamento sonoro, enfantico e magniloquente nella misura giusta per un film di questa taratura.

Star Trek: da vedere e rivedere, senza mai correre il rischio di stancarsi.

7 commenti:

  1. Bravo fratellino, me contento che tu scrive bene dei bei film. Me se ora riesce mette collegomento.

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  2. no no, un'espressione sul volto di spock/quinto c'è, e quella più impensata. Quando si lascia abbracciare da uhura nel turbo ascensore. bellissimo :)

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  3. E' vero, me avere rimossa. :)

    E poi me felice che Helvetio mette collegomento.

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  4. Certo che questo capitano Kirk ha una fronte veramente "ampia"!
    Però ci sta il personaggio caratterizzato così, in fondo anche il buon vecchio Williamo Shatner era sopra le righe, petto rigonfio stile Baywatch e folleggiava per lo spazio con fanciulle di ogni razza, aliena e non!
    Anche in questo il signor Abrams secondo me ci ha azzeccato!

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  5. Orbene... credo che, dopo cotanta positiva opinione, andrò a vederlo.

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  6. Be’, alla fine, Kirk o non Kirk, io ero gasatissimo per quei mostroni urlanti, fiqissimi quasi quanto le divise femminili della Federazione. :)

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  7. http://occhiliquidi.wordpress.com/18 novembre 2011 alle ore 18:07

    Commercialata infame!!!

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