Home » » Postal

Postal

By Simone Corà | lunedì 16 marzo 2009 | 13:51

2007, USA/Canada/Germania, colore, 101 minuti
Regia: Uwe Boll
Sceneggiatura: Uwe Boll, Bryan C. Knight

Un ragazzo di belle speranze è disoccupato, vive in una baraccopoli che odia e sua moglie lo tradisce con chiunque capiti nel suo letto. Allo stesso tempo, Zio Dave, un santone fasullo di una setta religiosa, deve fare i conti con il fisco e saldare il debito di oltre un milione di dollari che ha con lo stato. Entrambi disperati, i due stringono un accordo e mettono a punto un piano per risollevarsi: rubare le ultime e richiestissime Bambole Inguinal rimaste – dei bizzarri giocattoli fallici che stanno andando per la maggiore – e rivenderle a prezzi salatissimi.
Ma non sono i soli ad aver avuto questa idea. Anche un gruppo di terroristi islamici, capeggiato addirittura da sua maestà Bin Laden in persona, vuole mettere le mani su quelle bambole.
Senza contare il fatto che l’Apocalisse è imminente.


Avevamo lasciato Uwe Boll alle prese con Seed, primo punto di svolta, ehm, positivo in una carriera all’insegna dell’immondizia cinematografica e dell’involontaria comicità. Una pellicola dben lontana dalla sufficienza, ma si intuivano potenzialità e idee che difficilmente si potevano prevedere dall’autore di House of the Dead, Alone in the Dark e Bloodrayne.

Con Postal, Boll conferma il suo progressivo miglioramento e, quasi a malincuore, diventa doveroso spogliarlo della nomea di peggior regista di tutti i tempi che si era duramente guadagnato.
Niente horror o atmosfere putride, questa volta, ma ci si trova in un contesto di provocatoria demenzialità, ricco di umorismo scorretto e bastardo, come vuole l’omonimo videogioco made in Running With Scissors da cui il film è tratto.

Fin dall’esilarante prologo, infatti, dove due kamikaze islamici, sul punto di abbattere sulle Torri Gemelle l’aereo che stanno pilotando, si mettono a discutere di quante vergini spetti loro in Paradiso, si può cogliere l’ironia amara e di cattivo gusto che permea l’intera pellicola.
Boll (qui anche in veste di sceneggiatore) non risparmia nessuno, e nel suo sconsiderato mirino derisorio trovano posto razzisti, handicappati, bambini, religioni, terroristi, nazisti, nani, omosessuali e, in generale, qualunque cosa sia ritenuta argomento delicato, da toccare con attenzione e solo se muniti di guanti e pinze.

Certo, Boll non sa ancora maneggiare alla perfezione il meccanismo del politicamente scorretto, e lo si può notare in evitabili lungaggini soporifere (i pessimi scambi di battute tra Osama e Bush, scopiazzati tra l’altro da Hot Shots! e da Una Pallottola Spuntata) e in momenti in cui prende il sopravvento una becera volgarità da cinepanettone tanto cara ai Vanzina (l’immancabile evacuazione intestinale, con tanto di rumori esagerati e irreali; scene di nudo inutili e fastidiose).

Ma la cosa che più sorprende è la capacità con cui Boll crea siparietti di una comicità devastante (la presentazione del protagonista; il poliziotto di colore razzista; il colloquio di lavoro), che provocano crampi allo stomaco dal flusso di risate.
Il vertice lo si raggiunge nella sequenza della festa tradizionale tedesca, dove il regista impersona se stesso e spiega, compiaciuto, come ha fatto a finanziare i suoi disastri cinematografici, poi combatte l’infuriato creatore del videogioco, che lo taccia di aver filmato un’ennesima porcata, e infine assiste indifferente allo spassoso massacro di bambini che chiude la festa (scena cult, ragazzi, l’umorismo cattivo passa anche per di qui, c’è poco da fare).

E quindi si riesce a sorvolare su una sceneggiatura scricchiolante ma piacevolmente ambiziosa, visto l’alto numero di sottotrame che si incastrano nella vicenda globale, capace di trasformarsi, nonostante un certo non-sense di fondo, da commediola familiare a Rambo-movie, dove Postal Dude si arma di mitragliatore e scende per le strade ad ammazzare qualsiasi terrorista o esaltato religioso gli attraversi la strada.
Così come si porta pazienza per saltuari muri di battute sterili e grossolane e per dialoghi che a volte girano a vuoto, azzoppando così una pellicola già di per sé poco fluida.

Uwe Boll continua a essere un pessimo regista, e con Postal non ha di certo migliorato la tecnica o il senso del ritmo (che dispiacere pensare a una manciata di situazioni comiche dall’altissimo potenziale, ma sfruttate poco e male), ma ci sono stati progressi innegabili, che, forse, permettono di vedere alla sua carriera futura (ben nove film, in pre e post-produzione, previsti tra il 2009 e il 2010) anche con un pizzico di curiosità.

5 commenti:

  1. Che dire.. sono perfettamente d'accordo...

    RispondiElimina
  2. Sai che Uwe Boll picchia come un Fabbro?

    Sai che è tedesco e tu come ti ho detto mille volte sei Polonia?

    Sai cosa succederà?

    Hai studiato la storia, scusa, la Storia?

    Nel testamento mi lasci tutti i fumetti?

    RispondiElimina
  3. Se cominci ad apprezzare uwe boll è segno che ti sei fottuto il cervello.

    RispondiElimina
  4. Concordo con Elvezio
    Tu sei la Polonia
    Che non è Polonio e non c'entra con sciekspir
    èd è meglio che ti guardi il grande fratello guarda, piuttosto di guardare i film, che ti fanno male e poi vi crescono i capelli, il naso e i peli nelle orecchie
    ecco si
    comunque il post ho letto una riga si e una no
    e lho capito lo stesso
    e per questo ti dico bravo

    RispondiElimina
  5. In Polonia ci sono un sacco di cose fiqe, tipo il death metal, e vedrete come li batto i crucchi a suon di growling.

    @ Valentino: a parte che, in quanto amante del trash, provo un certo affetto per Boll, ma Postal merita davvero una visione. Non è quello che si può definire un bel film, ma ci sono scene di un'ironia così brutale che vanno viste a tutti i costi.

    RispondiElimina