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The Messengers

By Simone Corà | mercoledì 28 maggio 2008 | 20:14

Regia: Danny & Oxide Pang
Sceneggiatura: Mark Wheaton
Cast: Penelope Ann Miller, Graham Bell, Dylan McDermott, Kristen Stewart
Durata: 84’
Produzione: USA
Anno: 2007

Trasferitasi da poco in una fattoria fuori città per coltivare girasoli, la famiglia Solomon entra in contatto con le terribili entità che popolano la casa.

Che i gemelli Pang avessero firmato la loro condanna a morte traversando l’oceano per collaborare con il mefistofelico Sam Raimi, era notizia piuttosto scontata, e che, a dirla tutta, poco sfiorava gli assatanati defenders dell’horror, vista la soprassedibile carriera dei registi orientali. Ciò che invece stupisce è quanto The Messengers sia un ricettacolo dei peggiori luoghi comuni emersi nel cinema di genere degli ultimi anni: avremo infatti a che fare con bambini dai capelli neri, macchie sulle pareti, traumi familiari e altre bassezze psicologiche tristemente consultabili in qualsiasi bignami.

Di conseguenza, è facile immaginare come, sotto la fragile superficialità di uno script esageratamente derivativo, il monello Mark Wheaton abbia arraffato soluzioni narrative nate già vecchie chilometri di pellicola orsono. Di fatto, The Messengers è un travolgente treno merci di noia, sbadigli e palpebre calanti, frammentizzato ogni quindici minuti circa da un odioso, stupido e ingannevole effetto balzo-sulla-poltrona. I protagonisti sono dei semplici nomi, e la loro personalità si perde tra gli sterminati campi di girasoli, lasciando in regalo dolorosi sensi di fastidio e irritazione. Con tutta probabilità, la famiglia Solomon è la più boriosa che sia mai apparsa su schermo, e la coppia McDermott-Ann Miller forma i peggiori genitori che una dark-ribelle-figlia-dei-fiori potesse mai desiderare.

Nonostante il prurito, è comunque doveroso segnalare un piacevole guizzo finale, che si fa apprezzare sebbene bastino più o meno trenta secondi per capire quale sarà l’epilogo della, ehm, storia. Epilogo che viene sapientemente rovinato da uno schifosissimo quadretto finale votato al culto del buonismo e dei buoni sentimenti, falso come il peccato.

Sorvolabile la direzione dei gemellini Pang, che si adagia su soluzioni standardizzate ma che, come se non bastasse la gobba che si porta dietro la pellicola, è aggravata da orribili rallenty e da un montaggio non sempre fluido e pulito.

Colonna sonora non reperibile, così come la recitazione, gli effetti gore e altri minuti da gettare via per parlare di questa roba. E che Dio fulmini Sam Raimi e la sua Ghost House della malora.

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